Inside Man di Spike Lee, con Denzel Washington, Clive Owen e Jodie Foster
Con Inside Man Spike Lee ritrova la forma del grande La 25ª ora. Il regista gioca sapientemente con la tradizione del noir; non per vezzo cinefilo, bensì per situare il proprio film a una sorta di crocevia tra le configurazioni che il genere ha assunto attraverso i decenni
Inside Man, un film del 2006 diretto da Spike Lee. Ha incassato negli Stati Uniti oltre 88 milioni di dollari ed è ad oggi il più grande incasso del regista. Il film è stato girato in soli 43 giorni. Il film contiene un omaggio a Quel pomeriggio di un giorno da cani, diretto da Sidney Lumet nel 1975: in entrambi i film c’è un garzone che consegna pizze ad ostaggi e rapinatori interpretato dal medesimo attore. Nel primo dialogo con i rapinatori viene citato il film Serpico, sempre di Sidney Lumet con Al Pacino. Viene infine citata anche la scena del battesimo de Il padrino. In una sequenza viene inquadrato il cartone di una pizza con su scritto Sal’s, evidente riferimento a Fa’ la cosa giusta, diretto da Spike Lee nel 1989. Con Denzel Washington, Clive Owen, Jodie Foster, Doug Aguirre.
Sinossi Quattro uomini e una donna travestiti da imbianchini fanno irruzione nella sede centrale della Manhattan Trust prendendo in ostaggio una cinquantina di persone che vengono obbligate a indossare delle tute e delle maschere. Intanto la polizia circonda la banca mentre il detective Keith Frazier è incaricato di negoziare con il capo dei malviventi che ha studiato il piano nei minimi particolari.
Con Inside ManSpike Lee (futuro regista di BlacKkKlansman) ritrova la forma del grande La 25ª ora dopo la pausa minore di Lei mi odia. In primo luogo, c’è lo stile di regia: il senso dell’inquadratura (ciascuna è una lezione di cinema), l’alternanza del montaggio nervoso e serrato (ha a che vedere, però, con l’estetica da videoclip) con piani più lunghi e distesi; l’uso competente della musica. Poi, Lee gioca sapientemente con la tradizione del noir; non per vezzo cinefilo, bensì per situare il proprio film a una sorta di crocevia tra le configurazioni che il genere ha assunto attraverso i decenni (il dandismo di Denzel Washington somiglia molto a quello di Humphrey Bogart). E fin qui, si parla di padronanza della materia e di eleganza della messa in scena, che sono i fondamenti del cinema. In sovrappiù, il regista riesce a mettere dentro un film di genere fatto secondo le regole i temi d’attualità che – giustamente – lo ossessionano: i timori sulla metamorfosi dell’America seguita all’11 Settembre; le relazioni interrazziali, sempre in primo piano nella sua filmografia; le collusioni tra onesto e disonesto, giusto e ingiusto. Ci aggiunge una dose di humour, tocco finale di un film che unisce piaceri del ‘classicismo’ e osservazione della realtà come, oggi, ben pochi altri sanno fare.