Dal lontano 1868 – anno della prima pubblicazione – ad oggi, sono stati realizzati ben sette adattamenti cinematografici di Piccole donne. L’ultimo, in ordine cronologico, è firmato da uno dei nomi più interessanti e promettenti degli ultimi anni: Greta Gerwig. Formatasi tra le fila di Noah Baumbach, con cui ha collaborato in vari progetti, la cineasta classe 1983 riprende il romanzo della Alcott, modellandolo a sua immagine e somiglianza.
Ecco allora che Jo – interpretata da Saoirse Ronan, già protagonista del suo film d’esordio, Lady Bird – è la perfetta antesignana della donna emancipata ed indipendente.
Alter-ego della scrittrice che le ha dato vita, ma in qualche modo anche della stessa regista e sceneggiatrice, la seconda delle sorelle March è colei che indica la strada e guida lo spettatore all’interno della storia.
È quindi attraverso i suoi occhi che veniamo a contatto con una realtà figlia di una guerra fratricida (ancora in corso all’epoca in cui comincia il film) e di una struttura patriarcale che vuole gli uomini al fronte e le donne in casa, i primi ad occuparsi degli affari pubblici mentre alle seconde spetta il compito di mandare avanti faccende private e familiari.
L’universo delle sorelle March si fa specchio della realtà
In un simile contesto, una giovane con il sogno di diventare scrittrice e guadagnarsi da vivere con il suo lavoro è qualcosa di assolutamente inconcepibile e, proprio per questo, ostracizzato. Ma quanto si vede sullo schermo non è altro se non lo specchio, solo per certi versi alterato, di ciò che circonda e riguarda da sempre il gentil sesso.
Sebbene siano passati secoli, ancora oggi le donne appaiono spesso relegate a ruoli marginali, di puro ornamento, schiacciate e svalutate da un sistema che non prevede cambi al vertice.
Eppure Jo è una che riesce nell’impresa, aggirando gli ostacoli, volgendoli a suo vantaggio, tenendo ben presente quali sono i suoi obiettivi e cosa fare per raggiungerli. Tante e gravose sono le responsabilità che ricadono sulle sue giovani spalle, ma nonostante ciò è pronta a sacrificare tutto per garantire il meglio a cui può aspirare per la sua famiglia.
La famiglia e le donne sono il fulcro della pellicola figlia del #MeToo
Ed è appunto la famiglia un’altra tematica fondante del romanzo e, con esso, della pellicola: la forza delle quattro sorelle proviene dalla loro unione e dalla vicinanza di una figura protettiva e fonte d’ispirazione quale Marmee (Laura Dern).
La certezza di poter contare l’una sull’altra, l’affetto che supera invidie e gelosie, la capacità di godere delle piccole cose e di rendersi conto della fortuna di avere un nucleo così solido intorno, fanno sì che il legame duri e si consolidi in ogni occasione, lontane o vicine che siano.
Se quindi il punto di vista femminile appare ben presentato e variegato, grazie alle diverse figure che lo incarnano, il parterre maschile sembra vivere in funzione delle donne dalle quali dipende: chi per amore, chi per sopperire ad una ferita insanabile, chi semplicemente per una forma di stima in fieri. È anche per un simile discorso, in qualche modo sottolineato dalla narrazione, che questo Piccole donne risulta figlio prediletto del #MeToo.
Non mancano infatti battute, rigorosamente espresse dalla voce di Jo, che indicano la posizione della Gerwig al riguardo, il suo pensiero ed una sorta di critica analitica all’attuale società.
Accanto a tutto ciò, l’elemento che colpisce subito del nuovo atteso lavoro della cineasta statunitense è la patina di bellezza che lo pervade. Indiscutibile il fascino messo in campo dal ricco e più che convincente cast, così come lo è quello della fotografia e delle musiche, entrambe precise nel restituire le suggestioni di un’epoca, arricchendole di una poesia nuova ed emozionante.
Netflix Novembre 2021