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Documentari

Rewind, il documentario sconvolgente sulla pedofilia subita da SASHA JOSEPH NEULINGER

Un documentario che fa male al limite della sopportabilità, tuttavia necessario e ineluttabile

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Perché un alunno modello, con un quoziente d’intelligenza superiore, diventa in breve tempo un bambino violento soprattutto con la sorellina che adora e assume un atteggiamento ribelle, irriverente e a tratti incontenibile?

Sarà semplicemente un momento di transizione e di crescita o c’è qualche motivo difficile da individuare?

Il papà lo segue continuamente con la cinepresa, vuole riprendere tutto di lui, della sorella e di tutta la famiglia, compresi i pranzi con i nonni e gli zii e comprese tutte le feste, vacanze, commemorazioni oltre alla quotidianità. Una ossessione per la documentazione che a tratti infastidisce Sasha che alterna momenti di protezione a momenti di aggressione nei confronti della sorella Bekah.

Tutta la sceneggiatura del documentario è ricostruita con i filmati veri di una famiglia ebraica benestante, mentre i bambini giocano in giardino, mentre sono tutti insieme a tavola e mentre i nonni e gli zii Larry e Howard manifestano una grande coinvolgimento nella vita del fratello sposato.

La prima immagine del film è quella di Sasha che con il suo volto paffuto e inquieto guarda dritto nella telecamera.

Perché il padre ha la mania della cinepresa? Per il bambino e per tutta la famiglia questa ossessione sembra quasi normale ma c’è sicuramente un motivo, inconscio o meno, che spinge il padre a fare queste riprese.

Sasha è fin troppo ribelle, si esprime con un linguaggio aggressivo e la sua gestualità è esagerata…cerca di dire qualcosa ma non sa come dire quel qualcosa che non comprende.

Allora inizia a disegnare e dai disegni tutto si fa più chiaro.

Sasha e Bekah sono vittime di abuso e i pederasti sono gli zii, fratelli del padre; Larry e Howard ai quali i bambini vengono lasciati e con i quali i cognati della madre si intrattengono separatamente nelle loro camerette.

Il dolore fisico lacerante che Sasha, ormai adulto racconterà di aver provato, sembra inspiegabile agli occhi di un bambino e aggiungerà che non avrebbe mai potuto immaginare di poter sopportare di nuovo lo stesso dolore, ma lo zio Howard “affettuosamente” gli sussurrava che se avesse parlato lo avrebbe ucciso.

Il volto paffuto e confuso di Sasha accompagna la sua inconsolabile inquietudine: alcune riprese del padre evidenziano il volto turbato del bambino mentre lo zio gli tocca le spalle, ma questi particolari diventano eloquenti solo alla luce dei disegni che Sasha e Bekah colorano di sangue, fino all’inizio della via crucis delle denunce della famiglia.

Come poteva Sasha parlare se il suoi carnefici erano accolti affettuosamente dai suoi genitori, chi gli avrebbe creduto?

I bambini, che ancora non conoscono la sessualità, spesso confondono i gesti sessuali degli adulti con manifestazioni d’affetto, e gli adulti, che così tradiscono la fiducia dei bambini, giocano su questo equivoco. Se i bambini raccontano quanto avviene, spesso non sono creduti, e allora si chiudono nel loro silenzio che non di rado si trascina per tutta la vita, con sensi di colpa e autoaccuse per non aver avuto la forza di opporsi, e quindi per essere stati in qualche modo complici “

(Umberto Galimberti, Nuovo dizionario di psicologia )

Ma la rivelazione più clamorosa del documentario riguarda la figura del padre dei due bambini abusati, il maniaco della cinepresa.

Il fratello dei pederasti era stato a sua volta abusato da bambino dai due fratelli maggiori, e questo non gli aveva suggerito, se non inconsciamente di evitare la frequentazione dei bambini con gli zii orchi. Inconsciamente perché forse la sua mania per la cinepresa rivolta ai figli era un modo per esorcizzare la sua attrazione per gli stessi o un modo per sottoporre la famiglia ad un sistema di controllo.

Quando in età adulta i ricordi rimossi riemergono, spesso la vittima non riesce ad affrontarli e gli effetti della rimozione sono disturbi fisici, alimentari, psicologici, di cui non si trova la causa, che si attenuano e talvolta scompaiono quando le vittime recuperano la memoria. Questo accade solitamente quando le vittime si sentono abbastanza sicure di poter ricordare o quando si legano sentimentalmente a qualcuno di cui si fidano. Il processo però è molto lento e soprattutto faticoso per la scarsa fiducia che si nutre verso gli altri come conseguenza dell’originaria fiducia tradita”.

(Umberto Galimberti, Nuovo dizionario di psicologia )

Non manca però a questa angosciante storia un altro particolare da non trascurare: lo zio maggiore, che aveva già compromesso l’infanzia del fratello minore Henry Nevison, ed ora quella del nipote Sasha, è Howard Nevison ( cognome che Sasha da adulto decide di cambiare con quello del tanto amato nonno).

Howard Nevison è un famoso baritono che ha avuto un’enorme responsabilità nel mantenimento del patrimonio musicale della sinagoga Emanu-El di New York; molte opere liturgiche furono commissionate e presentate in anteprima durante gli oltre 160 anni di storia della sinagoga e il cantore si impegnò affinché questa tradizione si mantenesse.

Si racconta che rimase colpito dalla bellezza della versione del compositore americano Martin Kalmanoff del Salmo 23 e decise di pagarla aggiungendola al repertorio.

Peccato che non esitava ad intrattenersi morbosamente con i nipoti, figli del fratello, e le immagini raccontano di come Sasha, senza alcun timore durante il processo non avesse esitato a riconosce proprio lo zio Howard come uno dei suoi violentatori.

E il baritono che cercava sempre musica adatta alla sua voce individuale dichiarò: “questa meravigliosa versione del Salmo 23 mi calza come un guanto” e questo tipo di musica sarebbe stata un vero “servizio Sacro”.

Il lavoro di Nevison insieme a quello di Kalmanoff e alla musica di Bloch, fu soprannominata la “Gioia della preghiera”.

Agghiaccianti e disturbanti risultano questi racconti biografici dello zio orco che spesso era stato invitato a cantare anche per il papa. E ancora più inaccettabile sembra il fatto che la star della lirica, dopo anni di processi e testimonianze ne fosse uscito quasi completamente indenne.

In ambito psicoanalitico si fa notare, oltre all’evidente incapacità di reggere un rapporto amoroso adulto, anche una componente narcisistica che si manifesterebbe nella tendenza del pedofilo ad amare, nel bambino, sé stesso nel periodo della propria infanzia, adottando lo stesso trattamento subito o il suo opposto.

(Umberto Galimberti, Nuovo dizionario di psicologia )

Il soggetto pedofilo, in generale non è consapevole che nell’incontro sessuale è occultata una parte della sua infanzia passata, che in quel singolare incontro amoroso sono nascosti brani della propria verità storica.

(Di Gregorio, L., La voglia oscura. Pedofilia e abuso sessuale, Giunti, Firenze-Milano, 2016, p.89)

Laceranti sono le immagini, le domande alla madre, al padre, ai bambini, dagli psicologi, dalla polizia.

Ancora più invadente è rivivere per Sasha ormai adulto, tutti i filmati e ripercorrere lo smarrimento della sua infanzia violata. Ma la regia di questo documentario diventa per lui un percorso psicoanalitico/catartico soprattutto perché l’invadenza delle immagini riprese ossessivamente dal padre sembrano essere state inconsciamente girate per avere un testimone, infallibile, almeno questa volta.

E solo la determinazione di Sasha bambino lo porterà ad indicare in sede processuale i suoi seviziatori e a provocarne, la seppur mai sufficiente condanna.

Riavvolgere il nastro della vita ed elaborarlo per costruirne una battaglia, questa: http://www.voiceforthekids.com/sashas-story

Sasha Joseph Neulinger è un sopravvissuto.

Attraverso questo sconvolgente documento pone lo spettatore di fronte all’oscurità di rapporti deviati alimentati da alcune famiglie e dai lati più cupi dell’animo umano.

E’ tutto vero quello che si vede in queste immagini, e ancora più vero è il trauma, il dolore fisico e psichico che possono aver provato i due innocenti bambini.

Le statistiche fornite dall’American Journal of Preventative Medicine mostrano che 1 donna su 4 e 1 uomo su 6 hanno vissuto un incontro sessuale indesiderato prima dei 18 anni e considerato che non tutti scelgono di condividere la loro esperienza, non si può dire quanti adulti rimangono danneggiati e isolati a seguito di queste esperienze.

Difficile documentare meglio le complessità e l’enormità del problema esplorato qui nella sua natura multi-generazionale nonché attraverso la devastazione che l’abuso provoca ai bambini e alle intere famiglie.

Un documentario che fa male al limite della sopportabilità, tuttavia necessario e ineluttabile come queste incalzanti parole di Sasha:

I got to observe my childhood with a certain level of objectivity. It was the first time that I could cognitively accept that I was beautiful and lovable. In watching myself grow up, I got to re-experience and reclaim some of the most beautiful moments of my life… moments that I had completely forgotten about because they had been overshadowed by the painful ones.”

“I CAN’T CHANGE THE PAST AND I CAN’T CONTROL WHAT HAPPENS AROUND ME, I CAN ONLY CHOOSE HOW I SHOW UP IN THE PRESENT MOMENT OF MY LIFE.”

– SASHA JOSEPH NEULINGER

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