Janis (Janis: Little Girl Blue) è un documentario del 2015 diretto da Amy J. Berg, sulla vita della cantante statunitense Janis Joplin. Il docufilm è stato presentato nella sezione documentari durante la 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e in concorso al Toronto International Film Festival del 2015.
Sinossi
Janis Joplin è stata un’icona rock e una grande interprete, ma dietro le apparenze si celava molto più di ciò. La regista Amy Berg e il produttore Alex Gibney guardano oltre la Janis del rock ‘n roll, svelando dietro la leggenda una donna gentile, sensibile e al contempo potente, che con la sua breve, turbolenta ed epica esistenza ha contribuito all’evoluzione del mondo della musica rock.

A 45 anni dalla scomparsa della grande cantante di Port Arthur, Amy Berg, già autrice dello splendido documentario West Of Memphis, ce la riconsegna in un ritratto appassionato, dolce ed emozionante. La Berg sceglie, giustamente, di lasciare che la musica della Joplin, il suo canto immenso, sia solo l’alveo del racconto della sua vicenda personale, intima, non entra nei particolari tecnici dei dischi, non indaga troppo sulle sue influenze musicali, e ci permette, in maniera splendida e implacabile, di cadere nel vortice di vita e dolore che ha accompagnato la cantante texana nella sua breve esistenza. Sceglie di raccontare la donna Janis, attraverso le sue lettere alla famiglia, agli amanti, recupera una gran quantità di filmati dell’epoca, e lascia che sia la fisicità della Joplin a raccontarne la parabola, i suoi occhi, la sua voce, le sue movenze. Ci lascia, a tutti gli effetti, in sua compagnia, è Janis il motore di quest’opera, in tutto e per tutto, e pur essendoci interviste ai protagonisti di quell’epoca, queste non interrompono il fluire d’ansia vitale che traspare in tutti questi cento minuti. Ci si commuove, ma il documentario non è mai ricattatorio, nulla è messo lì apposta: ci si emoziona perché Janis pare uscire dallo schermo, da tanto appare viva, affamata, sincera. Eppure tutto è perduto da quasi cinquant’anni, quel periodo sembra preistoria, i sogni scomparsi, ma la Berg ricattura quella magia e la nostalgia trabocca, anche per quelli, come me, che all’epoca non erano ancora nati. Un lavoro bellissimo, un vero atto d’amore, caldo, coinvolgente, blues.