Uno stormo di elicotteri da guerra si alza in volo, danzando tra le nuvole sulle imponenti note wagneriane de La cavalcata delle Valchirie. È una danza di morte e distruzione, di fuoco e sangue, di caos e follia.
A rivederlo sul grande schermo, nella splendida cornice del cinema Odeon di Firenze, dopo chissà quante visioni domestiche e dopo quella in sala del 2001 in occasione dell’uscita della versione Redux, lo stupore e lo sbalordimento restano immutati. Nell’arco dei 183 minuti di questa nuova versione, denominata Final Cut dallo stesso Francis Ford Coppola e fatta uscire in occasione del quarantesimo anniversario del film, si ha nuovamente la consapevolezza che di opere cinematografiche così folli e monumentali, così totali, non se ne potranno fare più. Apocalypse Now appartiene a un’altra epoca, a un’idea – romantica e assoluta – di fare cinema, radicalmente e profondamente diversa da quella attuale. Un cinema assoluto, senza compromessi, un cinema bigger than life di cui oggigiorno si sono perse le tracce.
Nonostante l’incanto e la meraviglia, scaturiti dal poter nuovamente ammirare sul grande schermo un’opera così enorme e mastodontica, si ha come l’impressione che questa Final cut aggiunga poco o nulla a quanto già visto nella versione Redux distribuita agli albori del nuovo millennio. Anzi, casomai toglie qualcosa di prezioso e importante che era stato inserito proprio nel montaggio fiume (196 minuti) della versione uscita nel 2001. Non c’è più traccia del secondo incontro, stavolta ravvicinato, in un campo di rifornimento allo sbando battuto dalla pioggia, tra la squadra di Willard e le conigliette di Playboy o della scena, sublime e perturbante, in cui il Colonnello Kurtz, circondato dai bambini dell’accampamento, legge un articolo del Time Magazine a Willard. Coppola ha deciso invece di mantenere nella sua interezza la lunga scena (oltre venti minuti) dei coloni francesi, introdotta nella Redux e già al centro ai tempi di un acceso dibattito in merito alla sua utilità o inutilità. Pur essendo ben girata e ben recitata, pur avendo al suo interno una notevole scena conviviale incentrata su un’accesa e dolorosa discussione sul colonialismo e sul fatto che gli americani in Vietnam stiano ripetendo gli stessi errori commessi dai francesi in Indocina, continua a sembrarmi una parentesi – bella ma piuttosto calligrafica – all’interno del film. Una scena che sembra quasi uscire da un’altra opera, un po’ spiazzante, quasi fuori contesto, che rischia di spezzare il ritmo e fare perdere il filo allo spettatore, al contrario di quelle menzionate in precedenza e purtroppo eliminate dalla Final Cut che nella Redux risultavano perfettamente in sintonia e in armonia col resto del film.
Stando alle dichiarazioni di Coppola questa sarebbe la versione definitiva del suo capolavoro, con un montaggio calibrato e perfetto. Probabilmente, per tempi e per ritmo, la prima versione del 1979 vicina alle due ore e mezza resta quella più essenziale, secca e incisiva. Un po’ come è accaduto, azzardando un confronto, ardito ma pertinente per quanto riguarda il montaggio, con un altro capolavoro di uno dei registi più grandi e geniali di sempre. Ovvero la versione di due ore, distribuita in Italia e in Europa, di Shining di Stanley Kubrick contro quella americana da 143 minuti, che venne tagliata dallo stesso cineasta dopo essersi accorto di qualche scena di troppo che ne spezzava il ritmo e la tensione. Curiosamente, in concomitanza con l’uscita della Final Cut di Apocalypse Now, è stata fatta uscire qui da noi la versione americana di Shining, denominata per convenienza, a mo’ di richiamo per il pubblico, come Extended Edition. Se nel corso degli anni Coppola ha aggiunto scene e minutaggio alla sua creatura filmica, Kubrick ha eseguito l’operazione opposta, sottraendo scene e minuti, asciugando in cerca di un ritmo perfetto che ha prontamente trovato.
In conclusione, a detta di chi scrive, la Final Cut di Apocalypse Now non è la versione migliore del capolavoro di Coppola, perché elimina scene pertinenti e importanti introdotte a suo tempo nella Redux mentre mantiene inalterata la lunga parentesi con protagonisti i coloni francesi di cui il film, volendo, potrebbe fare a meno. Tanto valeva rimanere fermi alla Redux ma l’operazione fatta da Coppola in occasione del quarantesimo anniversario di uno dei suoi film più famosi e importanti ha fornito comunque a tanti giovani spettatori l’occasione, più unica che rara, di ammirare per la prima volta al cinema Apocalypse Now. E scusate se è poco.