Passatempo è l’ultimo lavoro di Gianni Amelio, presentato alla 76a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, all’interno della 34a Settimana Internazionale della Critica, evento speciale e apertura del concorso cortometraggi, che affronta con estrema eleganza e poesia il doppio tema del confronto tra giovani e anziani e quello del confronto culturale.
Un anziano professore (un bravo Renato Carpentieri) si ritrova una mattina in una piazza assolata a prendere un caffè, fino a quando la cameriera gli porta un vassoio dove è posata una pistola celata da un tovagliolo. È l’inizio di un gioco: arriva un ragazzo di colore (Daouda Sissoko, debuttante sul grande schermo), un immigrato dal Mali, e pronuncia delle parole che corrispondono alla compilazione di un cruciverba. Un solo errore porta a estreme conseguenze.
Gianni Amelio è un autore con una sensibilità particolare per i temi sociali e possiede, oltretutto, la capacità di percepire i cambiamenti sociali e culturali in atto. Pensiamo a film come Il ladro di bambini in cui affronta il tema dell’infanzia perduta. Oppure il problema della prima immigrazione dall’Albania in Lamerica o quella interna dal Meridione verso il nord Italia a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta in Così ridevano, mostrando il dramma umano e sociale di intere popolazioni, la loro alienazione e rinnegamento della propria identità. O ne le Chiavi di casa mette in scena disabilità attraverso il rapporto tra un padre e un figlio, con sensibilità e acume di sguardo. O infine il problema della mancanza del lavoro in L’intrepido.
Passatempo, ad esempio, riesce a trasmettere il malessere che pervade una certa parte della società italiana, quella che crede nella solidarietà e nell’accoglienza. Quella che crede che invecchiare vuol dire ancora acquisire esperienza e saggezza e non solo diventare un peso. Ma alla fine, forse, il tema è uno solo: il cortometraggio di Amelio è una piccola storia morale che parla di esclusi – siano essi giovani, anziani, intellettuali, immigrati – da una società diventata spietata e che semplifica tutto a un gioco di parole da mettere in fila a caso il cui fine porta a una morte, sia fisica sia spirituale.
Passatempo ha un livello anche psicanalitico con la storia che viene rappresentata in un doppio sogno (o incubo?) – che richiama i racconti di Arthur Schnitzler – dove nell’epilogo il professore si risveglia in una realtà forse più mediocre, ma lo stesso povera (senza essere poi sicuri che non si tratti di un altro sogno). Amelio gioca con la mise in abyme narrativo che, nonostante la concentrazione temporale, suggerisce un fuori campo della stessa – cioè un prima e un dopo gli eventi proiettati sullo schermo potenzialmente infiniti e invisibili – con una grande capacità di suggestionare la fantasia dello spettatore soprattutto grazie alla millimetrica sceneggiatura e all’interpretazione partecipe dei due protagonisti. Passatempo è il frutto anche del lavoro svolto con gli studenti della scuola di cinema della Fondazione Fare Cinema di Bobbio presieduta da Marco Bellocchio – intervenuti nella produzione del cortometraggio – che danno merito al magistero di un maestro