In un mondo moderno pieno di supereroi positivi, politicamente corretti, che “rubano ai ricchi per dare ai poveri”, paladini della giustizia per la salvaguardia del Pianeta Terra e oltre, ritorna sul grande schermo dopo ben 50 anni (l’ultima volta si era visto nel ‘68 nel film di Mario Bava e nel 1998 simpaticamente omaggiato dalla band statunitense hip hop Beastie boys nel videoclip Body Movin’) il Re Terrore, il Criminale Inafferrabile, l’Ombra Nera dagli Occhi di Ghiaccio che agisce nella notte, la pantera nera: Diabolik!
Già di per sé il nome Diabolik evoca Mistero: chi si cela dietro le sue mille maschere? Da dove viene, come realizza i suoi colpi e organizza le sue fughe rocambolesche? Qual è quel legame profondo che lo lega alla sua fedele compagna, Eva Kant (da pronunciare con la A, come omaggio al filosofo Immanuel Kant, non “Kent”)? Insomma, parafrasando uno degli albi più famosi: Diabolik, chi sei?
A tutte queste domande si può rispondere sicuramente leggendo il fumetto, mese dopo mese, che è ancora attivissimo con 3 uscite mensili (un inedito, una ristampa e una seconda ristampa) e per gli appassionati è un appuntamento fisso con il nostro edicolante di fiducia.
Per chi, invece, ne è sempre stato incuriosito e ne conosce a grandi linee le caratteristiche, in questa uscita-evento del docufilm di Giancarlo Soldi, il regista riesce ad assemblare e ricomporre tutti i pezzi del puzzle e a riaccendere i riflettori e la passione su questo personaggio che è a tutti gli effetti un “marchio” italiano. È un personaggio che ha una storia, una storia tutta italiana. Su ogni prima pagina di ciascun albo, subito sotto il titolo, leggiamo: “di L. e A. Giussani”. Sono loro gli autori storici di Diabolik, anzi, le autrici: Luciana ed Angela Giussani, due donne che nel 1962 danno vita a questo anti-eroe, ladro, genio del delitto, ispirandosi al fascino dell’attore Robert Taylor. Un’epoca in cui realizzare una cosa del genere era un atto assolutamente trasgressivo: addirittura, a quei tempi, fuori dalle chiese era affisso un elenco dei fumetti proibiti, quelli che inneggiavano alla violenza e al crimine, immorali, dai quali si doveva stare lontani per non intaccare la propria integrità religiosa. Inarrestabile, per fortuna e per merito, la sua ascesa che in seguito avrebbe portato ad eleggerlo il primo fumetto noir tascabile italiano, che ancora oggi appassiona migliaia di lettori. Oggi si può dire senz’altro che le sorelle Giussani siano state due donne coraggiose, rivoluzionarie, imprenditrici visionarie.
Nel docufilm troviamo preziose interviste e riprese in Super8 delle sorelle Giussani, che raccontano la loro avventura lavorativa: immagini inedite riemerse dalle Teche Rai alternate ai disegni delle tavole storiche dell’archivio della casa editrice Astorina e ritratti tratteggiati dal vivo direttamente da uno dei disegnatori storici di Diabolik, Giuseppe Palumbo. Molte altre personalità protagoniste di questo viaggio nel mondo del Re del Terrore hanno dato il loro generoso contributo: primo su tutti, l’erede delle sorelle diabolike, Mario Gomboli, direttore e responsabile dei soggetti di tutte le 850 storie realizzate. E ancora: Milo Manara, Gianni Bono (storico e critico della nona arte, creatore del Museo del Fumetto di Lucca), Andrea Carlo Cappi (scrive 4 romanzi con protagonisti Diabolik e Eva Kant), Stefania Casini (che gli “argentiani” ricorderanno in Suspiria), i Manetti bros (che sono stati confermati registi per un prossimo lungometraggio su Diabolik), Alfredo Castelli (storico più accreditato del fumetto europeo e creatore di Martin Mystère), Tito Faraci (ha scritto storie per Topolino, Diabolik, Dylan Dog, Tex e anche per personaggi Marvel come Spider-man e Capitan America) e Carlo Lucarelli che, in questa veste, propone un’interessante e profonda indagine sulla natura di Diabolik.
In effetti Diabolik ha un carattere freddo e spietato, non è “solo” un ladro, ma anche un assassino e non guarda in faccia a nessuno se si tratta di arrivare al suo bottino. L’immancabile suono swiiss del suo coltello, gli aghi avvelenati, il gas mortale, i narcotici, i rapimenti delle persone a cui dovrà sostituirsi indossando le famose maschere o cambiando i connotati del volto con la paraffina per poter mettere a segno il suo colpo. Senza dubbio non è un buono, ma neanche un sadico che uccide per gioco. Diciamo più un ladro spietato, che senza la scarica di adrenalina di riuscire in una sfida criminale non può vivere. È più interessato a ingegnarsi, ad avere tutto sotto controllo per mettere a segno il furto che a goderne del piacere materiale. Possiede inoltre un codice d’onore: sono apparsi personaggi storici come Bettina, Teresa o Jonas che hanno addirittura instaurato un’amicizia con lui ed Eva e sono stati ricompensati per il loro aiuto. Così come nell’albo “Le ombre del passato” si intravede, forse per la prima volta, un momento di estrema sensibilità del personaggio, davvero inaspettata: Diabolik, infatti, rivive il trauma del ricordo di aver ucciso una bambina lanciando un coltello nel vuoto e nel buio durante una rapina in una villa, rendendosi conto troppo tardi di chi avesse davanti. La sua compagna lo aiuterà a superare anche questo. Eva è Diabolik al femminile, la sua complice, amante, amica: senza di lei lui non può vivere e viceversa (in molti albi, quando sembrava che l’ostinato ispettore Ginko li avesse catturati e non ci sarebbe stata speranza di fuggire, i due esprimono più volte il desiderio di morire pur di non stare più l’uno vicino all’altra).
Ma cosa c’entrano due giovani, bravi attori come Luciano Scarpa e Claudia Stecher in un documentario? Cosa porta Giancarlo Soldi a voler inserire un elemento sceneggiato all’interno del suo lavoro? Anche questa risposta è collegata a un mistero! Ebbene sì, il disegnatore del primo numero in assoluto di Diabolik, intitolato, appunto, Il Re del Terrore, pare si chiamasse Angelo Zarcone, il quale letteralmente scomparve nel nulla dopo aver consegnato i suoi disegni. Lo cercarono assumendo persino un investigatore privato ma niente da fare, era sparito. Per sempre. Il regista, così, immagina una figura maschile ai giorni d’oggi che riprende le fattezze di Diabolik, ma anche quelle di Zarcone (si vociferava che Zarcone avesse disegnato Diabolik rispecchiando se stesso, e che poi le sorelle Giussani abbiano rimodellato il suo aspetto rifacendosi, come detto sopra, a Robert Taylor): un uomo che tenta di ritrovare la memoria, alla ricerca disperata di se stesso. Troverà simboli, disegni, luoghi surreali che forse esistono solo nella sua mente (come la famosa Jaguar E-Type e le vie della città di Clerville nella quale si ambienta il fumetto) e anche una ragazza dai lunghi capelli biondi che, forse, in questa vita presente, sarebbe potuta essere la sua Eva.
Diabolik è un mondo, ogni albo una storia diversa, ricca di suspense ed emozioni: troppo brevi 105 minuti per raccontare tutto ciò, ci vorrebbe una serie tv: se ne era parlato anni fa, uscì un trailer, ma anche qui cala un velo di mistero sul perché tutto si interruppe. Un’operazione del genere potrebbe riportare alla luce uno dei fumetti e soggetti italiani più belli e dare lavoro a un cast tecnico e artistico che ci invidierebbero a livello internazionale.
Da menzionare la presenza del compositore Teho Teardo, che vanta collaborazioni con Blixa Bargeld della band tedesca Einstürzende neubauten e vincitore del premio Ennio Morricone come miglior colonna sonora de Il Divo di Paolo Sorrentino, solo per citarne un paio. Per il momento ci godiamo Diabolik sono io in versione celluloide, ma continuiamo a inebriarci dell’odore della carta stampata e della vecchia, cara e sana abitudine di leggere.