Racconto una Macedonia sull’orlo del collasso: intervista a Gjorce Stavreski, regista de L’ingrediente segreto
In sala dal 21 Febbraio, il film vincitore del 36esimo Bergamo Film Meeting, L'ingrediente segreto, è il ritratto di un paese, la Macedonia, sul punto di esplodere sotto i colpi di un sistema inefficiente e corrotto. Partendo da basi di assoluto realismo Gjorce Stavreski ne contamina il dramma con toni da commedia sociale e picaresca, ispirata a quella dei Risi e dei Monicelli. Un'opera di assoluto valore della quale abbiamo parlato con il regista
Ne L’ingrediente segreto mescoli dramma e commedia. Tra le cose più divertenti ci sono le situazioni legate al presunto potere taumaturgico di guaritori più o meno improvvisati e al bisogno delle persone di credere in un miracolo. È vero che la Macedonia ha dato i natali a Madre Teresa, ma stupisce lo stesso che ciò avvenga in un paese di tradizione comunista.
Oh, è molto reale. Abbiamo tutti i tipi di guaritori. Ogni genere immaginabile: astrologi, omeopati, guaritori di energia, operatori di luce, sciamani, etc. E alcuni di loro sono immensamente popolari, come questo ragazzo chiamato Ivan il Guaritore, che ha un video trash su YouTube dove muove una bottiglia solamente con i suoi occhi. È stato veramente una fonte d’ispirazione per la scena di apertura di Iscelitel (che in realtà significa guaritore nella lingua macedone). Divertente come la tua prima associazione sia stata Madre Teresa e la nostra tradizione comunista. Non sono sicuro che abbiano qualcosa a che fare con i nostri guaritori in modo positivo o negativo. Invece, darei la colpa al collasso della nostra società, in generale, e al nostro sistema sanitario, in particolare. 28 anni di costante discesa hanno dissipato ogni speranza sulla possibilità di avere una vita decente. Non c’è da meravigliarsi se le persone vanno dai guaritori quando non possono comprare medicine. Ma c’è un po’ di ironia legata alla nostra tradizione comunista, che era famosa per aver bandito la religione: sono rimasto stupefatto nell’apprendere che siamo ripetutamente ai vertici delle nazioni più religiose del mondo. È stato uno shock per me.
Costruisci il film su una base di assoluto realismo e poi lo contamini con situazioni che ne trasgrediscono le premesse e che servono da una parte a esorcizzare il dramma contingente, attraverso trovate divertenti e personaggi fuori dalle righe, dall’altra a denunciare l’atroce indifferenza del sistema nei confronti dei problemi sociali. Ti chiedo innanzitutto se è cosi, e poi se tra i possibili ispiratori della tua poetica ci siano maestri come Risi e Monicelli ?
Sì, hai fatto centro. Cerco di bilanciare il dramma con un tipo di commedia assurda e nel contempo capace di criticare l’indifferenza e lo sfacelo del nostro sistema. Mi sono premurato di usare più realismo possibile nel mio storytelling per assicurarmi che il pubblico capisse quanto è vicina l’intera storia dell’odierna Macedonia. Per quanto riguarda le mie influenze, beh, ci sei andato molto vicino, mancando per un pelo l’obiettivo. Sì, sono stato enormemente influenzato dal cinema italiano, ho visto le sue commedie più famose e sono un grande fan dei drammi neorealisti di registi iconici come De Sica, Rossellini, Fellini e altri che hanno probabilmente contribuito più di qualsiasi altro movimento cinematografico della storia alla formazione del mio stile. Però, per quanto riguarda la commedia, il mio obiettivo era in realtà l’incredibile umorismo situazionale e assurdo nella New Wave cecoslovacca degli anni sessanta, anch’essa fondata su basi realistiche e apertamente critica verso il sistema.
Il protagonista de L’ingrediente segreto non ha i soldi per curare la malattia del padre e per riuscirci è costretto a trasgredire le regole, rubando una partita di droga. Sono sempre di più i film in cui all’inefficienza dello stato supplisce un’iniziativa dal basso, agita dai singoli cittadini, rispetto alla quale risulta difficile distinguere tra bene e male. Quanto ti appartiene questa visione della società?
Devo dire che i movimenti di base mi attirano. In un certo senso, l’apparato democratico ci ha tradito: stiamo eleggendo politici che non si prendono cura di noi. I partiti favoriscono i ricchi senza migliorare la qualità di vita della maggioranza dei cittadini, mentre la classe media europea, una tempo solida si sta decimando nel disperato tentativo di ottenere risposte dalle componenti più estreme della sinistra e della destra. Quando il tuo paese non funziona e non hai nessun altro con cui parlare, i disillusi mostrano il dito medio verso lo stato e cercano di prendere il destino nelle loro mani. Non sto dicendo che sia necessariamente un bene poiché molti problemi sorgono quando si verificano vuoti di potere. Voglio solo evidenziare tutte le insidie e i vicoli ciechi in cui ci ha condotto l’avidità del nostro sistema. In nome di quale causa una persona dovrebbe rispettare un sistema che non la rispetta? E fino a quando?
La messinscena contribuisce non poco a mantenere l’equilibrio drammaturgico. Anche quando la storia vira verso i toni della commedia a ricordarci la serietà del contesto sono la crudezza degli ambienti, la scelta di una luce autunnale e una fotografia caratterizzata da una prevalenza di colori scuri. Mi dici come hai lavorato su questi aspetti?
Come ho detto prima, non solo il realismo è lo stile che ha plasmato ripetutamente il mio gusto nel corso degli anni, ma anche l’attenzione verso la Storia. La mia più grande preoccupazione era quella di trovare un buon equilibrio tra un umorismo (freddo), tendente ad allontanarsi dal realismo, e il dramma che invece lo favorisce. Di solito quando si guardano le commedie contemporanee sono quasi sempre stilizzate, determinate a cancellare la cupezza della vita, nell’intento di proteggere il pubblico da se stesso. Sì, lo so, i film che mischiano generi diversi tendono a diffondere messaggi più complessi e questo potrebbe allontanare le persone, ma perché non prendersi qualche rischio? Può essere che si stia sottovalutando il gusto del pubblico? Da parte mia non volevo arrendermi a quella linea di pensiero e seguire la strada della minor resistenza. Stavo cercando di trovare da solo la risposta a questa domanda: posso infondere il mio triste dramma socio-familiare con alcuni elementi oscuri e comici senza perdere nulla in termini di critica sociale e guadagnando un po’ di freschezza e arguzia nel processo creativo? Era una mossa rischiosa, ma alla fine ha pagato. Al giorno d’oggi il pubblico è molto più intelligente di quello che alcuni dei critici e molti decision maker dei festival stanno cercando di farci credere. Fortunatamente la maggior parte dei miei attori e i membri della crew erano sulla stessa lunghezza d’onda e mi hanno aiutato a fare questo esperimento.
A cominciare dall’attore che interpreta Vele e proseguendo con gli altri, uno dei punti di forza del film è una naturalezza che appartiene al loro modo di recitare, ma anche all’assoluta ordinarietà dei loro corpi, che li fa davvero assomigliare a persone qualunque. In cheordine queste caratteristiche hanno influenzato la composizione del cast?
Oh, è il più vicino possibile alla realtà. Almeno secondo quello che vedo io. A parte alcuni quartieri benestanti nella capitale, Skopje, il resto del paese sembra vicino a quello che vedi nel film, anche peggio. Di tanto in tanto, ricevo alcuni commenti negativi da persone qui a casa che sostengono che sto scegliendo apposta di mostrare la povertà invece della prosperità nella società macedone, ma di solito rispondo che sono loro quelli che probabilmente stanno vivendo in una bolla, dal momento che le statistiche e le classifiche mondiali parlano diversamente, ponendoci direttamente in fondo all’Europa per quanto riguarda la qualità della vita e in alcuni parametri – come la corruzione e l’inquinamento – nella parte inferiore del mondo. Comunque, a prescindere da ciò che dicono i numeri, come artista non devo a nessuno una migliore rappresentazione della nostra società, al contrario, penso che, ponendo un velo di bellezza per il bene di un falso patriottismo e non commentando il problema apertamente, darei solamente qualche falsa e insensata speranza e in realtà mostrerei un lato migliore del nulla.
Il cinema macedone ha avuto improvvisa notorietà con la vittoria di Prima della pioggia di Milko Manchevskj, poi più nulla. È stata la guerra a interromperne la crescita, e adesso qual è la situazione del vostro cinema? C’è interesse a produrlo e, in generale qual è l’attuale condizione del vostro cinema?
Il film è stato concepito come un ritratto di una famiglia della classe operaia con un passato doloroso e lacerato e volevo avere persone di talento, ma allo stesso tempo ordinarie, che potessero adattarsi ai ruoli principali. Sono stato per lo più fortunato a trovare quello che stavo cercando, ma ho dovuto adattare la mia sceneggiatura per dare spazio a un giovane attore di grande talento che è venuto alle mie sessioni di casting: Blagoj Veselinov. Era spiritoso e talentuoso, ma con la sua energia grezza e il suo carattere ribelle non si adattava al ruolo principale perché nella sceneggiatura avevo bisogno di un tenero studente modello che vive con suo padre, un meccanico delle ferrovie. Nella storia era previsto anche un fratello più ribelle per nulla interessato allo studio, ma al contrario desideroso di seguire il mestiere del padre, insomma un ruolo perfetto per Blagoj. L’unico problema era il fatto che, nella sceneggiatura, quest’ultimo aveva perso la vita in un incidente automobilistico insieme alla madre in un passato collocato prima dell’inizio del film. Dopo un po’ di riflessione, ho detto, al diavolo, uccidiamo il nerd secchione e facciamo in modo che il meccanico dei treni ribelli sia il protagonista. Ho dovuto cambiare la sceneggiatura ma ho ottenuto un attore perfetto per il ruolo, tra l’altro in totale sintonia con colui che doveva interpretarne il padre, per cui non mi sono affatto pentito.
L’ingrediente segreto è un’opera prima. Quanto tempo hai impiegato per realizzarlo e come sei riuscito a fartelo produrre?
Ci sono stati alti e bassi. Sporadicamente, abbiamo goduto di un certo successo, come la recente vittoria del documentario macedone Honeyland al Sundance di quest’anno, o il lungometraggio Punk’s Not Dead che ha vinto un premio a Karlovy Vary. Il problema è che ci manca una visione e una strategia a lungo termine, dovuta all’instabilità e alla corruzione del paese. La situazione sta lentamente cambiando e ci sono state alcune buone iniziative prese dalla nostra agenzia cinematografica, come il supporto per i film d’esordio e l’attenzione ai giovani registi, con idee fresche e contemporanee, ma abbiamo anche subito battute d’arresto, scandali di corruzione e, di recente, il taglio pesante del nostro budget. Ad ogni modo, penso che queste storie di successo si riducano principalmente a persone per nulla disposte a rinunciare senza combattere, indipendenti costretti ad agire da soli per la mancanza di uno sforzo collettivo verso il cinema di qualità. Adesso siamo in una fase di lento cambiamento, in quanto molte più persone sono diventate consapevoli dell’enorme potenziale che il cinema ha nella formazione e nella promozione della nostra cultura all’estero.
Mi ci sono voluti 7 lunghi anni per realizzare questo film: 4 anni di sviluppo e altri 3 in produzione, senza contare i dodici mesi spesi nella promozione del film nei festival e nella sua distribuzione. Ho preso rischi enormi: finanziariamente, professionalmente e privatamente. Il più delle volte è stato intimidatorio, spaventoso e imprevedibile. Il più grande azzardo è stato che io sopravvivessi alla follia e ai molti ruoli in cui ho debuttato: come regista, sceneggiatore, produttore e tecnico del suono. Ho passato un intero anno a fianco del mio talentoso montatore, poi ho curato personalmente il trailer, progettato e realizzato il poster internazionale, mi sono impegnato molto nel marketing, ho adattato il materiale digitale, progettato e fatto i crediti, supervisionato la classificazione e il mixing e Dio sa cos’altro.
Naturalmente, il motivo principale per tutto ciò era non avere abbastanza soldi per pagare chi lo avrebbe fatto al mio posto. Devo dire che ho avuto la fortuna di lavorare con alcuni dei più estrosi e intraprendenti artisti del mio paese e, nonostante abbia rischiato con molti di loro che erano al debutto, alla fine ha pagato. Eccoli qua: il principale attore di grande talento Blagoj Veselinov, Shooting Star alla Berlinale 2019 per il suo ruolo nel film, poi il sottovalutato Anastas Tanovski, interprete del padre, poi il resto dei brillanti attori di supporto: Aksel Mehmet, Simona Dimkovska,Miroslav Petkovic e Aleksandar Mikic; poi il mio direttore della fotografia, Dejan Dimeski, il montatore, Martin Ivanov, la makeup artist, Mojca Gorogranc, il costumista, Rade Vasilev, l’art director, Simo Branov, il mio primo assistant director, Jane Spasic e molti altri. Mi sono trovato a lavorare in un periodo di enormi scandali politici, con l’esponente di punta del centrodestra coinvolto in un processo e disposto a spingere il paese sull’orlo di una guerra civile. Certamente, ci sono stati dei momenti belli lungo la strada, creativi e profondi, e l’unico ingrediente speciale che mi ha aiutato a fare questo film è stata la promessa che ho fatto a me stesso: che avrei dato il meglio. Questo è quello che ho fatto.
Per la traduzione dall’inglese si ringrazia Benedetta Squarcia
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