Domenica 11 novembre, per la neonata sezione “Rather Be Horizontal”, il MedFilm Festival 2018 ha proposto un duplice appuntamento già in grado di calamitare l’attenzione dello spettatore, portato a empatizzare coi personaggi di racconti cinematografici in cui l’elemento femminile viene ricondotto a contesti sociali problematici, dove la difficoltà ad instaurare rapporti umani sani e soddisfacenti risulta lampante.
Un viaggio nella straordinaria, indecifrabile, mutante dimensione dell’adolescenza è quanto si può estrapolare da entrambi i titoli proposti per l’occasione, il lungometraggio israeliano Red Cow e il corto della regista croata Barbara Vekaric, Mouth Of Truth (Nitko nije savršen, 2018).
Il trait d’union tra i due lavori è stato messo a fuoco con evidente coinvolgimento dalla giornalista, Tiziana Lo Porto, cui Veronica Flora del MedFilm ha chiesto di introdurre la serata.
Proprio il cortometraggio della cineasta croata ci ha sorpreso per la freschezza con cui vengono delineati, sia a livello di riprese che di impostazione narrativa, quelle dinamiche di gruppo che tendono a non includere, a creare situazioni di disagio per chiunque non corrisponda al canone prestabilito. In Mouth Of Truth il timore di restare esclusi e di subire le prese in giro degli altri serpeggia ovunque, definendo in tal modo i rapporti all’interno di un gruppetto di adolescenti particolarmente immaturo, superficiale. E a subire di più tali condizionamenti pare essere la giovane protagonista, desiderosa di essere accettata sempre e comunque, ma a volte riservatissima per via di quella prerogativa assai singolare del proprio fisico che non vuole diventi di dominio pubblico, al punto di scaricare poi tutta la propria frustrazione su una coetanea in sovrappeso.
“Mors tua, vita mea”, verrebbe da dire contemplando gli esiti più squallidi della claudicante, poco sincera concatenazione di rapporti umani che viene a crearsi. Ed apparentemente quello croato potrebbe essere accostato a tanti altri lavori cinematografici, di discreta fattura, visti recentemente sul tema del bullismo. Eppure lo sguardo di Barbara Vekaric sembra calarsi più in profondità. Il discorso di fondo sui corpi, sulla loro più o meno inconsapevole fragilità, emerge sin dal modo in cui la macchina da presa si sposta da un personaggio all’altro, con uno stile arioso che fa però emergere anche il senso di insicurezza di ognuno. E con analoga complessità Mouth Of Truth pone altresì l’accento sulle problematicità caratteriali, indagate qui con una acutezza e con quell’approccio sensoriale, quasi primitivo, la cui cosciente reiterazione non concede mai nulla a una lettura didascalica delle psicologie e delle reazioni dei personaggi.