Nell’antichità l’etere era una sostanza purificatrice che potevano respirare soltanto gli dei: così in tale proprietà divinatoria crede ciecamente un medico sadico in Ether (Etere) che, per perseguire il proprio credo nei confronti della scienza e la volontà di esercitare il proprio desiderio di controllo sul corpo umano, somministra barbaramente l’etere alle cavie per i suoi esperimenti.
Krzysztof Zanussi scinde il racconto in due parti, la storia nota e quella segreta. Quella nota è già svelata sin dall’inizio dalla macchina da presa che indugia su una tela fiamminga, mettendo in scena l’orrore e anticipando il tragico epilogo. Il medico, avido e scaltro, arriva a vendere la sua anima pur di proseguire le proprie ricerche scientifiche e non ha nessuno scrupolo a sfruttare per i suoi scopi la sete di conoscenza del giovane allievo Taras che, affascinato, si lascerà coinvolgere fino a seguire le sue orme. La parte non svelata è condotta da un’angelica figura femminile che tenta di mettere in guardia l’uomo – faustiano – sui limiti della natura umana.
Conferendo una dimensione sacra al racconto per affermare la tesi che la scienza non conosce limiti fino a ergersi a unico credo, la narrazione, seppur messa in scena come un bellissimo affresco in cui dimorano la sapienza e la raffinatezza visiva del cinema del ‘900, si perde nello stesso escamotage usato, che risulta poco efficace: se la prima parte del film delinea bene il percorso che conduce il medico verso l’oscurità, la seconda non viene sviluppata in maniera altrettanto limpida, risultando poco chiara e nebulosa. Nonostante tutto è innegabile il fascino visivo di Ether che, nella sua rigorosa messa in scena, rimane un piacere per gli occhi.
Silvia Scarpini