Torna in sala Profondo Rosso, film del 1975 diretto da Dario Argento. L’opera segna, all’interno del percorso artistico del regista, il passaggio fondamentale tra la fase thriller, alla quale appartengono L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio (il film doveva infatti intitolarsi La tigre dai denti a sciabola per continuare la saga zoonomica), e quella horror cominciata con Suspiria.
La pellicola è riproposta nuovamente nelle sale italiane dal 20 Agosto.
È Luce Cinecittà a proporre, grazie all’iniziativa Cinema Revolution promossa dal Ministero della Cultura, alcuni tra i titoli più importanti e di culto della filmografia del maestro italiano e internazionale del brivido.
Il martedì è horror al cinema con i classici di Dario Argento
Fin dalla sua uscita nelle sale, avvenuta il 7 marzo 1975, la pellicola ebbe un ottimo successo di pubblico: si segnalano i terrificanti effetti speciali, cui mise mano anche Carlo Rambaldi, e la musica del gruppo rock progressive dei Goblin. Alcune composizioni sono firmate anche dal pianista jazz Giorgio Gaslini.
Profondo rosso la trama
Marc Daly, un giovane pianista, è testimone dell’omicidio di una parapsicologa, ma non sa individuare l’assassino. Si mette a indagare per conto proprio, aiutato dall’amica Gianna, ma ben presto la situazione si fa intricatissima: tutte le persone che potrebbero aiutarlo nella soluzione del mistero rimangono vittime dell’efferato killer.
La recensione
Il film più celebre di Dario Argento, che lo consacrò e che portò il suo nome accanto a quelli dei più grandi maestri del brivido. Un coltello sporco di sangue e i piedi di un bambino riempiono la prima, terrificante inquadratura, rafforzata da un’inquietante nenia infantile; subito dopo le immagini si dissolvono, lo schermo si oscura e la nenia lascia il posto al celebre tema composto dai Goblin. Così parte Profondo Rosso. Le scenografie e la fotografia sono di primo piano e riescono a costruire una Torino neo-gotica e notturna, a tratti surreale (una cosa che ho notato è stata l’immobilità delle comparse, le quali sembrano tanti manichini inanimati che aggiungono una nota onirica all’ambientazione, non so fino a che punto voluta ma insolitamente efficace e accattivante), con arredi e abiti curati e un uso espressionista dei colori, quasi a rimarcare la sottile linea di demarcazione fra realtà e sogno, sogno capace di tramutarsi in un battito di ciglia in un vero incubo, merito della fantastica colonna sonora dei Goblin e della regia avanguardistica che sembra essa stessa spiare il protagonista, pronta a colpirlo alle spalle da un momento all’altro. Le scene splatter sono centrali per importanza nel cinema di Argento e qui il suo tocco macabro e grandguignolesco è efficacissimo e di forte impatto sullo spettatore, merito anche degli effetti speciali di Germano Natali e di Carlo Rambaldi e di una violenza per fortuna non ancora fine a se stessa. Profondo Rosso, oltre ad essere un esempio di alta fattura nella costruzione della trama e nell’intreccio, è un film sulla psicosi e sulla malattia mentale nate nell’infanzia ed esplose nell’età adulta, caratteristica che rende il tutto più inquietante, grazie anche ai dettagli morbosi che pervadono la pellicola. Regia tesa e ansiogena che costruisce scene tiratissime come nel caso della famosa sequenza del tentato omicidio di Marc Daly, nella quale le note del pianoforte rispecchiano perfettamente il suo stato d’animo: tutti elementi che fanno di questo film un’opera dall’atmosfera unica e sanguinolenta, un manifesto programmatico del giallo all’italiana.