Nel suo nuovo film, Mona Fastvold racconta la storia di Ann Lee, fondatrice della setta degli Shakers, trasformandola in una potente allegoria sulla creazione artistica. Con una messa in scena sontuosa e un impianto musicale ispirato agli inni originali del movimento religioso, The Testament of Ann Lee si presenta come un’opera audace e contemporanea.
The Testament of Ann Lee: il ritorno di Mona Fastvold alla regia
Dopo aver scritto insieme a Brady Corbet il celebrato The Brutalist, Fastvold torna dietro la macchina da presa per dirigere un altro racconto di rottura e visione. The Testament of Ann Lee segue le orme di una figura storica poco conosciuta ma straordinaria: Ann Lee, interpretata da Amanda Seyfried, mistica inglese del XVIII secolo che emigrò in America per fondare una comunità religiosa radicale. Convinta di essere l’incarnazione femminile di Cristo, Lee predicava il celibato, l’uguaglianza di genere e una vita comunitaria ispirata alla purezza spirituale.
The Testament of Ann Lee – Un musical spirituale
Il film si distingue per la sua struttura musicale: Fastvold e il suo team reinterpretano oltre una dozzina di inni shakers originali trasformandoli in momenti coreografici carichi di espressività emotiva. La coreografia è firmata da Celia Rowlson-Hall, già collaboratrice di Fastvold e Corbet in Vox Lux. La musica diventa così veicolo di una narrazione che oscilla tra l’estasi mistica e il dolore della creazione, in un parallelismo evidente con le sfide del fare cinema oggi.
L’estetica pittorica di The Testament of Ann Lee
Girato in pellicola 35mm con l’intento di realizzare copie in 70mm per la distribuzione in sala, il film si distingue per una fotografia che richiama i chiaroscuri di Caravaggio e l’atmosfera di opere come Barry Lyndon di Kubrick e I duellanti di Ridley Scott. Il direttore della fotografia William Rexer e lo scenografo Samuel Bader hanno saputo trasformare un budget contenuto (circa 10 milioni di dollari) in un’opera di grande impatto visivo e storico.
Un’allegoria sul cinema e sulla fede
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, il film è stato definito dal critico David Ehrlich come un biopic speculativo che nella sua seconda parte si trasforma in una riflessione sulle condizioni necessarie per realizzare un’opera come questa. Proprio come Ann Lee offriva una visione alternativa alla sofferenza cristiana, Fastvold e Corbet propongono un modello produttivo che sfida il pessimismo dominante nell’industria cinematografica contemporanea.