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‘La bottega della sceneggiatura’ intervista a Annamaria Granatello

La direttrice del Premio Solinas racconta le origini, gli obiettivi e il valore formativo dell’iniziativa realizzata in collaborazione con Netflix.

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Il Premio Solinas è ormai da molti anni il premio più importante per la scrittura cinematografica italiana.  
Nato nel 1985, il premio si è imposto come un vero e proprio laboratorio creativo, capace di scoprire e promuovere nuovi talenti della sceneggiatura, molti dei quali sono oggi firme affermate nel panorama audiovisivo nazionale e internazionale.
Da quattro anni il Premio Solinas ha deciso di aprire un nuovo capitolo della sua storia con un’iniziativa dedicata alla serialità televisiva, in collaborazione con Netflix.  
Nasce così La Bottega della Sceneggiatura, un’iniziativa rivolta a giovani autori e autrici desiderosi di entrare nel mondo dell’audiovisivo e contribuire allo sviluppo di nuove storie pensate per le serie TV.

Abbiamo intervistato Annamaria Granatello, presidente e direttrice artistica del Premio Solinas, che ci ha raccontato di più su questa importante e stimolante iniziativa.

Come nasce ‘La bottega della sceneggiatura’

Com’è nata l’idea de ‘La Bottega della Sceneggiatura’? Quale urgenza creativa o culturale vi ha spinto a dare vita a questo percorso rivolto ai giovani autori?

L’idea è nata dall’esigenza concreta di creare un ponte tra formazione e accesso al lavoro per i giovani autori e autrici under 30 che vogliono scrivere per la serialità televisiva. Sentivamo l’urgenza di offrire uno spazio in cui nuove voci potessero raccontare l’Italia da prospettive inedite, autentiche, radicate nella realtà. Insieme a Netflix, abbiamo immaginato un percorso che non fosse solo formativo, ma anche professionalizzante. Dopo quasi sei mesi di lavoro sul bando, abbiamo dato vita a una vera e propria scuola intensiva, che accompagna i partecipanti dallo sviluppo delle proprie idee fino all’ingresso in una writers’ room professionale.
Netflix si riserva la possibilità di offrire un contratto ai migliori talenti, permettendo loro di lavorare come assistenti sceneggiatori accanto a professionisti del settore. È un’occasione concreta per imparare come si costruisce una serie, dall’interno di un team creativo strutturato. Spesso ci arrivano storie acerbe, ma dietro quelle pagine intravediamo un grande talento e se lavoriamo insieme, quel talento può sbocciare. Questa è la nostra vera sfida.

Come nasce il nome dell’iniziativa e come è strutturata?

Il nome richiama volutamente l’idea delle botteghe italiane degli anni ’60 e ’70, quando gli aspiranti sceneggiatori imparavano il mestiere fianco a fianco con grandi autori e registi, osservando, ascoltando e scrivendo insieme a loro. Abbiamo voluto portare quello stesso approccio nel presente, unendolo al modello della writers’ room contemporanea.
In questo contesto si lavora concretamente sul progetto di ogni giovane autore: lo si aiuta a strutturare meglio la storia, a dare profondità e complessità ai personaggi, a capire come rendere ogni elemento narrativo significativo.  
Durante il percorso vengono affrontati tutti gli aspetti fondamentali della scrittura seriale. Gli autori partecipano anche a masterclass con sceneggiatori affermati, mentre continuano a lavorare alla propria storia. In queste occasioni hanno anche l’opportunità di incontrare e confrontarsi con i giurati per creare un dialogo autentico e scambiare opinioni.
Il percorso dura quattro mesi e porta alla realizzazione di un soggetto di serie, la scaletta di puntata e le schede dei personaggi.  
La selezione finale è sempre un momento complesso perché alla fine del percorso il livello è molto alto, i ragazzi hanno appreso molte competenze. Prima della premiazione ufficiale gli autori presentano i propri progetti a produttori e professionisti del settore in una sessione di pitch e questo consente loro di entrare subito in contatto con l’industria. Tutto ciò infatti ha già dimostrato il suo valore: il primo vincitore ha raccontato che il percorso gli ha cambiato la vita. Inoltre la cosa più interessante è che nel corso del laboratorio nascono anche legami e amicizie durature tra i partecipanti, che si supportano a vicenda durante e dopo l’esperienza.

La responsabilità culturale nel racconto della realtà contemporanea

Quale responsabilità culturale ritiene abbia un progetto come La Bottega della Sceneggiatura in un momento storico in cui è fondamentale raccontare la realtà in tutte le sue molteplici sfaccettature?

Siamo convinti che i giovani abbiano un forte desiderio di raccontare le proprie storie, molte delle quali ancora poco conosciute o inesplorate. La nostra sfida è accogliere queste voci offrendo loro gli strumenti per imparare a raccontarle con consapevolezza e originalità. Il percorso è pensato per essere il più inclusivo possibile, rivolgendosi in particolare a chi non ha avuto accesso a una formazione accademica specifica. In Italia, infatti, chi aspira a scrivere per la serialità ha spesso già frequentato scuole specializzate, mentre noi non richiediamo un curriculum, selezioniamo le storie in base al loro potenziale narrativo e alla capacità di raccontare qualcosa di interessante.
Siamo inoltre particolarmente attenti a intercettare persone appartenenti a gruppi sottorappresentati, con l’obiettivo di arricchire il panorama della serialità italiana attraverso nuove idee e originalità.

Il valore del lavoro collettivo

Nel percorso formativo viene data molta importanza alla pratica e alla scrittura in team. Quanto è importante oggi saper lavorare in una ‘writers’ room’, e come viene affrontata questa dinamica durante i laboratori?

Saper lavorare in una writers’ room è oggi una competenza fondamentale per chi vuole scrivere per la serialità. Significa entrare in un processo creativo collettivo, dove le idee non nascono mai in solitudine ma si costruiscono e si potenziano attraverso il confronto. Fin dai primi giorni i giovani autori imparano a sviluppare il proprio progetto affiancati da tre tutor, che li seguono in modo costante, fornendo strumenti, stimoli e una guida concreta alla scrittura.
Il modello a cui ci ispiriamo combina la tradizione della “bottega” italiana con il metodo della writers’ room americana, utilizzato anche da Netflix. Non basta avere un’idea originale, bisogna saper contribuire al lavoro di squadra, anche quando si lavora su un progetto ideato da altri. È per questo che, in alcune occasioni, i partecipanti più promettenti vengono inseriti in writers’ room professionali come assistenti, dove possono osservare da vicino come funziona davvero un team creativo, mentre invece molti altri vengono inseriti in contesti lavorativi dagli stessi giurati che nel corso della formazione hanno intuito il potenziale dei giovani autori.

C’è stato un progetto, una storia o anche solo un pitch arrivato durante le selezioni che l’ha colpita in modo particolare per originalità o coraggio narrativo?

A dire il vero ogni progetto che arriva ha qualcosa che ci colpisce. Durante il laboratorio di alta formazione, selezioniamo i materiali che ci trasmettono qualcosa, che sentiamo veri e necessari. Non abbiamo mai scelto progetti simili tra loro, né storie che sembrassero già sentite. Quello che sorprende davvero è il lavoro che avviene durante il laboratorio: vedere come un’idea iniziale, magari ancora fragile, si trasformi in qualcosa di potente grazie al processo di scrittura, riscrittura e confronto.
Non esiste una storia già forte in partenza, una storia diventa solida nel tempo, grazie alla collaborazione tra l’autore e i tutor, ma anche grazie ai diversi punti di vista che ruotano attorno al progetto. È proprio questo ascolto reciproco che permette alla visione dell’autore di rimanere centrale, ma anche di evolversi e consolidarsi. Quello che spesso mi sorprende di più non è il pitch iniziale, ma i passaggi successivi, le trasformazioni che avvengono lungo il percorso.
Anche con il Premio Franco Solinas ci è capitato di vedere questo processo con grande chiarezza: la prima giuria assegna il premio al miglior soggetto senza sapere chi sia l’autore, poi gli autori ricevono feedback, tornano a casa, riscrivono la sceneggiatura, e questa viene valutata da una seconda giuria. In diversi casi il premio finale è andato a un autore diverso da quello selezionato nella prima fase e  questo dimostra quanto il confronto, il lavoro, l’ascolto e la riscrittura possano far crescere una storia in modo sorprendente.

Un messaggio chiaro e diretto per i giovani talenti 

Se potesse lasciare un messaggio ai ragazzi e alle ragazze che stanno per inviare la loro candidatura, cosa direbbe loro oggi, prima ancora che inizi il percorso?

Direi di affrontare questo percorso con leggerezza, entusiasmo e curiosità. Di divertirsi davvero, di giocare con se stessi e con la scrittura, seguendo la linea del piacere creativo. È importante vivere questa occasione come una vera opportunità, sapendo che dall’altra parte ci sono persone curiose, attente e desiderose di scoprire voci nuove. La giuria cerca principalmente verità, libertà e visioni personali. Per questo invito chi si candida a non mettere freni alla propria fantasia, alla propria verità, a ciò che sente bello e necessario raccontare. Scrivere è anche un atto di libertà, prendetelo come tale — e divertitevi nel farlo.

Annamaria Granatello

Annamaria Granatello