Il documentario Sacro Moderno si è fatto notare ed apprezzare nel mese di ottobre alla rassegna sul cinema giovani di Alice nella città.
Si tratta dell’interessante opera prima di Lorenzo Pallotta, presentata proprio i giorni scorsi in concorso a Mente Locale – Visioni sul territorio (15-20 novembre 2022), il primo festival italiano dedicato a promuovere e valorizzare il racconto del territorio attraverso la narrazione audiovisiva.
La scomparsa dei piccoli borghi e delle tradizioni
Il conflitto e l’antitesi che da sempre, sin dai tempi del dopoguerra, ha caratterizzato e reso sempre più netto il divario tra città e borghi di campagna o montagna, si identifica alla perfezione in quella sorta di perenne presepe vivente che Pallotta ha scelto come scenario e palcoscenico naturale per raccontarci la triste sorte che contraddistingue molte borgate della campagna italiana.
In questo contesto, apparentemente quasi avveniristico o fuori dal mondo, vivono solo due ragazzi: uno, Simone, quasi diciottenne, appassionato di motori, e l’altro, ancora adolescente, che non può far altro che legarsi al suo unico compagno, scegliendo la via dell’emulazione.
Costoro rimangono l’ultima speranza agli occhi, inevitabilmente rassegnati, di uno sparuto gruppo di anziani che ancora popolano il piccolo paese di case in pietra, ormai alle soglie del completo abbandono.

Gente divisa tra speranza e rassegnazione all’idea di rappresentare l’ultima generazione con la quale, probabilmente, si concluderà l’avventura umana di quel borgo sperduto.
Ma in quel paese, legato in modo saldo alle antiche tradizioni religiose, e anche un po’ pagane, che ancora i superstiti non rinunciano a tenere vive, si è stabilito un ex cittadino di nome Filippo, che conduce una vita da eremita, alla strenua ricerca del senso perduto che la sua esistenza ha assunto fino a poco prima.
Sacro Moderno – l’antico borgo come antitesi tra luogo senza futuro e paradiso per ritrovarsi
La tradizione dell’antica liturgia religiosa, che ritrova ogni anno il tempo e il modo per essere riportata in vita attraverso processione e riti folkloristici, si scontra con le passioni che animano i sogni e gli interessi degli unici due giovani del borgo.
Ma Simone, che ama le sgommate sul fango, ben comprende di essere rimasto l’unica possibilità, insieme al solo altro giovane nel paese, per mantenere in vita un borgo destinato a scomparire.

La città da sempre fagocita anime, promettendo lavori e stipendi fissi, e il paese si spopola sino a trasformarsi in un unico rudere di pietra ed erba incolta.
L’esordio in regia di Lorenzo Pallotta preferisce raccontare le sfumature di stati d’animo appena accennati, ma sufficienti a rendere palese il disagio e l’antitesi dell’inesorabile fenomeno di spopolamento in coloro che non riescono a restare indifferenti.
Sacro Moderno: rombo di motori e sgommate tra i silenzi solenni del bosco che avanza
Sacro Moderno racconta, più per immagini che attraverso dialoghi o azione, tramite inquadrature fisse assai studiate, potenti e coerenti col titolo del film, il fenomeno triste e inesorabile dello spopolamento e del degrado, fisico e culturale, che ne deriva.
Un percorso a senso unico che conosce anche sporadici viaggi in senso opposto, come quello dell’enigmatico eremita in cerca di nuovi stimoli.
Ne scaturisce un documentario suggestivo, misterioso ed emozionante, che traduce in sensazioni palpabili i legami intimi dei pochi che decidono coerentemente di rimanere e di votarsi all’isolamento.
Un comportamento di sfida e in controtendenza che permette, a chi resta, di riallacciare una forte intesa col territorio, dove regnano sovrani il silenzio e il contatto simbiotico con una natura ben disposta a riprendersi gli spazi un tempo sottratti alla propria somma maestà.