La vita di Adele è un film del 2013 diretto da Abdellatif Kechiche tratto dal romanzo a fumetti Il blu è un colore caldo di Julie Maroh. Il film si è aggiudicato la Palma d’oro al Festival di Cannes 2013 e ha ricevuto numerose critiche positive da parte della stampa internazionale. Nonostante questo è stato anche criticato per la presenza di scene di sesso ritenute da alcuni esplicite e gratuite, quasi al limite della pornografia. La stessa autrice del fumetto le avrebbe trovate lontane dallo spirito della propria opera, bollandole come “forzate”, nonché “frutto di un’interpretazione di voyeurismo maschile” e criticando anche la scelta degli attori.
Adele ed Emma
La vita di Adele traccia visivamente e narrativamente una figura femminile. Essa simboleggia fortissimamente e vibratamente l’essenza della scoperta e dell’appagamento del proprio desiderio.
Adèle (Adèle Exarchopoulos) è un’adolescente inconsapevolmente ‘famelica’ che nutre se stessa in maniera diversa e più alta della normalità di chi la circonda. La bocca, carnosa e piena, mai completamente serrata, ossessivamente scrutata dalla macchina da presa di giorno e nel sonno, è il simbolo di un riempimento, fisico ed emotivo, a cui la giovane donna ambisce. ‘Ingurgita’ il cibo con identica tensione e seduzione e sperimenta con la stessa attitudine la ricerca dell’amore e del piacere. Un giovane studente pare incarnare questo desiderio e sentimento: primi sguardi reciproci di attrazione, prime frequentazioni. Mentre sta per raggiungerlo ad un appuntamento, per strada, Adèle incrocia una visione che la lascia stordita: è una donna Emma (Léa Seydoux), che ne abbraccia un’altra. Lo sguardo di Adèle e del corto taglio blu di Emma si posano reciprocamente addosso. Quella sensazione resta dentro Adèle, scaricandosi inconsciamente in un’eccitazione che esplode di notte, in una masturbazione carica di desiderio.
Amore e desiderio
Fa l’amore con lo studente, e si accorge che non è eccitata e appagata come pensava accadesse. Adèle tronca l’avvio del rapporto, capisce subito che là non troverà ciò che cerca. Viene attraversata da tentazioni lesbiche, che afferra, ma di cui non è per nulla certa, fin quando, in un bar per sole donne dove si è ficcata per curiosità e istinto, ritrova il colore blu ed Emma.
È un magnetismo immediato tra loro, che esploderà dopo poco in un’attrazione e una complicità assoluta. Amore e desiderio, rivelati da Kechiche in un erotismo diretto e coinvolgente. Le scene di sesso a cui assistiamo senza alcuna mediazione sono l’impareggiabile e dirompente rappresentazione di un’unione di corpi e sentimenti. Ciascuna entra dentro l’altra, violentemente ardenti, tenere, e le invidiamo con meravigliosa immedesimazione. Kechiche ci imbarazza pure, in un voyeurismo prolungato e ci ‘ferisce’, riportandoci alla nostra realtà dove si è ‘rassegnati’ a vivere eros e sentimenti fiaccamente e superficialmente.
La regia di Kechiche
Adèle attraverserà la normale fisiologia d’amore con Emma, anche i momenti di vuoto e solitudine, dove il desiderio vaga per vie oblique di appagamento, disorientato necessariamente, per comprendere che ciò che si sta vivendo e perdendo è una rarissima esperienza di amore. Kechiche, innato sensuale e denso da sempre nel suo cinema, segue la giovane Adèle dentro un movimento di macchina nei cui primi piani affonda come dentro un’anima. La sorprendente Adèle Exarchopoulos, in una maturità attoriale precocissima, si affida totalmente al suo regista, lasciandosi guardare (e la splendida Léa con lei) dentro un’intimità totale.
Il resto della storia è l’ordinarietà dell’esistenza a cui anche Adèle dovrà soccombere nella impossibilità di trattenere per sempre quella rivelazione di appagamento e riempimento assoluti. La camera la lascia e ci lascia mentre abbandona il vernissage della sua amata che ha perduto, spenta nella fine di un ‘eterno fluire’, quell’estasi di corpo ed anima che sola può placare la fame di reale pienezza.