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‘Il condominio dei cuori infranti’: film da rivedere. Recensione

Un film stralunato che ritrae con umorismo e compassione personaggi distanti, ma ugualmente fragili, in un'armosfera riuscitissima di magia del reale

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Film stralunato, Il condominio dei cuori infranti, ma non strampalato, nonostante alcuni momenti fuori dal comune, come quello dell’astronauta americano che precipita sul terrazzo del condominio e, giustamente spaesato, si trova a socializzare con l’anziana maghrebina, che se ne prende cura.

Il condominio dei cuori infranti:  ambientazione

Non è l’unica a tendere una mano al prossimo, in questo palazzo che fin dalla prima inquadratura si presenta carico di ombre, grigio e fatiscente, con crepe profonde che preoccuperebbero chiunque. Ma con parecchie antenne paraboliche a indicare altrettante presenze straniere, o di condomini più attenti ai programmi televisivi che alle modifiche strutturali del posto in cui vivono. Tutto incolore: gli interni, gli esterni, la strada. Il cielo non è dei migliori e a volte non si capisce se è giorno, sera o notte.

Da questo sfondo emergono in figura sei personaggi, che si trovano a formare coppie alquanto improbabili, ma forse per questo più capaci di regalarsi, al loro interno, affetto, attenzione, comprensione, compassione.

Una scena surreale da “Il condominio dei cuori infranti”

Il condominio dei cuori infranti: I personaggi

L’americano e la donna araba si capiscono al di là delle lingua, perché lei sa che il suo cuscus azzererà tutte le differenze; l’attrice in disarmo (Isabelle Huppert) si confida con l’adolescente solo, ma lei lo è di più; e poi ci sono le solitudini più cupe, quelle dell’infermiera di notte (Valeria Bruni Tedeschi) e dell’uomo in carrozzina (Gustave Kervern), che inventa un’identità fasulla per potersi presentare, ma scopre autenticità specchiandosi nei modi impacciati di lei.

Che importa se la psicologia ci ha insegnato che non esistono azioni completamente gratuite! La benevolenza, in queste storie, non vale di meno.

Riflettersi nell’altro da sé per riconoscere la nostra Ombra

I grandi Maestri ci hanno spiegato che l’attrazione per l’altro, e la repulsione, rappresentano il fascino o la paura dell’ Ombra che silenziosamente ci abita. Jung per primo, e poi Hillman, e il fondatore della Gestalt, Fritz Perls, che sulle parti scisse e alienate dalla nostra psiche ha costruito il suo impianto teorico. Ci hanno insegnato che riflettersi nell’ altro da sé vuol dire intravedere quell’Ombra a cui non vogliamo dar voce, o non sappiamo, quella parte di noi che non merita cittadinanza, ma che la reclama.

E non cambia nulla sapere che si va spesso verso l’altro per colmare vuoti, per compensarli, per rispondere ai bisogni, più che ai desideri. E così la donna anziana accoglie l’americano come il figlio che le è inaccessibile; l’attrice ospita a casa il dirimpettaio adolescente (il figlio che non ha avuto?), in un efficacissimo ribaltamento dei ruoli; l’uomo in carrozzina ha bisogno della fragilità espressa dall’infermiera per una compagnia femminile che lo prenda sul serio.

Per ovviare a una mancanza, per nutrire l’Ombra, o per sfuggirle, cosa cambia!

Valeria Bruni Tedeschi e Gustave Kervern: “Il condominio dei cuori infranti”

Il condominio dei cuori infranti e la magia del reale che richiama Kaurismäki

Queste storie, che più minimaliste non si potrebbe, sono intrise di commovente umanità, nella rappresentazione di piccoli miracoli del reale. Viene in mente Kaurismäki, pur senza il suo contrasto di luci, i colori accesi, il rallentamento delle scene a rendere onirici i luoghi più poveri. Non c’è realismo magico nel Condominio dei cuori infranti. Lo diceva Angela Carter a proposto dei suoi romanzi, e vale anche per il cinema, che “non possiamo parlare di realismo magico ogni volta che succede qualcosa di strano”. Magia del reale, quindi, più che realismo magico qui, dove non si vede nessuno volare sulle scope (Miracolo a Milano), né l’albero che fiorisce all’improvviso (Miracolo a Le Havre); al massimo un astronauta atterrare sul terrazzo!

Viene in mente Kaurismäki perché il regista Samuel Benchetrit ha costruito anche lui una commedia surreale, insolita in un contesto desolato (questa imprecisata banlieue), da cui ci si aspetterebbe solo sconforto.

E viene in mente Kaurismäki per delicatezza e gentilezza, per la speranza che ci sia “amore un po’ per tutti” e che “Tutti quanti abbiano un amore”, anche se non si tratta di sentimenti convenzionali; anzi proprio per questo.

Non ci sono padri in questa narrazione, ma una sorta di maternage che consola, nella tristezza del palazzo e delle vite che contiene. Di questi cuori che possono guarire, se solo ci si accorge di quanto siano infranti. Finalmente un titolo tradotto molto liberamente che funziona (Asphalte è l’originale, dai racconti autobiografici dello stesso Benchetrit, Chroniques de l’ asphalte).

Isabelle Huppert e Jules Benchetrit ne “Il condominio dei cuori infranti”

“Le dice niente la solidarietà”?

Un film terapeutico, pacificatorio, nutriente, con qualche spunto divertito e qualche sorpresa, a dimostrarci che la poesia può esistere ovunque, che il gelo dell’anima può sciogliersi. Bellissima l’intesa tra i personaggi che si fanno persone, così dissimili tra loro; che bella lezione nella nostra società in cui a stento ci si riconosce tra simili!

“Le dice niente la solidarietà?” è una domanda posta nell’ esordio del racconto. La risposta arriva, lieve, e ci fa uscire dal cinema più leggeri, più felici di quando siamo entrati, come si augura avvenga, interrogandosi sul senso del cinema, il grande Kaurismaki.

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Il condominio dei cuori infranti

  • Anno: 2015
  • Durata: 100 minuti
  • Distribuzione: Cinema
  • Genere: Commedia drammatica
  • Nazionalita: Francia Gran Bretagna
  • Regia: Samuel Benchetrit.
  • Data di uscita: 24-March-2016