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Edward Hopper. Un americano a Roma | Un’ occasione per conoscere un luminoso e solitario mondo poetico

Una nuova grande mostra dedicata al grande artista americano si è aperta a Roma al Vittoriano. Edward Hopper fu in qualche maniera un pittore controcorrente perché scelse la strada del realismo al posto delle avanguardie astratte che si stavano imponendo nell’arte americana del suo tempo. La mostra, da non perdere, è organizzata da Arthemisia e curata da Barbara Haskell e Luca Beatrice. Corredata di un ricco bookshop, è visitabile fino al 12 febbraio 2017

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Una nuova grande mostra dedicata al grande artista americano si è aperta a Roma al Vittoriano. L’artista, nato nel 1882 nello stato di New York e mancato nel 1967,  dimostrò sin da bambino un’incredibile vena creativa tanto che i genitori lo indirizzarono subito agli studi artistici, che egli stesso completò con viaggi e soggiorni a Parigi e in tutto il mondo.

Edward Hopper fu in qualche maniera un pittore controcorrente perché scelse la strada del realismo al posto delle avanguardie astratte che si stavano imponendo nell’arte americana del suo tempo.

I quadri esposti in questa esposizione sono quelli contenuti nella collezione del Whitney Museum di New York e si snodano in un percorso misterioso e surreale che lega paesaggi e architetture a iconiche figure, soprattutto femminili, che contemplano realtà altre che a volte sembrano estranee a un preciso momento cronologico per collocarsi in un tempo per certi versi altamente metafisico. Personaggi configurati tenendo conto della loro più intima personalità ma apparentemente senza emozioni, come immersi in meditazione, al punto da chiederci che cosa penseranno davvero.

Hopper va oltre alla sua considerazione personale e ricerca nel quadro dimensioni diverse che legano le persone alla campagna, alla terra, alle case, ai cieli. Pochi altri, inoltre, sono stati in grado di narrare la vicenda delle architetture come questo grande artista/poeta che ha cercato le anime profonde non solo delle figure ma anche delle case e i paesaggi che rappresenta. Egli è soprattutto, dal punto di vista tecnico, il pittore della luce: le sue ombre azzurre e verdi diventano simbolo della solitudine esistenziale e universale che permea uomini e cose.

Edward Hopper

Tra le immagini più mirabili, Interno a New York raffigura una cucitrice che, vestita come una ballerina di Degas, alza il braccio, colta nel gesto immortale, semplice ed eterno di quando si tira l’ago. L’immagine della donna vista di schiena, a cui fa seguito un’altra opera dedicata a donne che cuciono, è una traccia della capacità del maestro di creare una grande e delicata poesia del campo del quotidiano. Hopper però non amava raffigurare immagini in movimento come molti suoi colleghi americani del tempo e quindi non si dedicò mai alle illustrazioni, alla grafica o al fumetto.

Nella grande epopea di Edward Hopper i momenti più felici per l’artista, che traspaiono nelle sue tele, sono quelli raccontati nei paesaggi pieni di colore creati durante la sua residenza presso Truro nella penisola di Cape Cod, dove l’artista si stabilisce nel 1934. L’artista del suo lavoro diceva : “io non dipingo quello che vedo ma quello che sento“.  Nel suo stile si evidenzia dunque la volontà di creare immagini ferme, immobili come fotogrammi derivati da un tempo immoto ed eterno. Proprio questa immobilità da fermo immagine,  l’iconicità delle figure e la sua predilezione per le architetture contemporanee e anche industriali americane ne hanno fatto uno dei principali ispiratori delle immagini e delle location cinematografiche per i registi del passato e del presente; tra tutte quella de La finestra sul cortile, del film di Alfred Hitchcock.

La costruzione di grandi opere come l’elaborata scena notturna della Sera azzurra del 1914, ispirata, secondo il suo creatore, dalla poesia Sensation di Arthur Rimbaud, è legata alla vita vagabonda e al suo soggiorno reiterato a Parigi. Sono chiare nello stile iniziale le ascendenze francesi e soprattutto dello studio degli impressionisti. L’opera, che, pur nel suo silenzio sembra essere corredata da un sottofondo di musica blues, è una fantastica mise en scene di personaggi disincantati e autonomi nella loro intima e privata solitudine individuale.

La mostra, da non perdere, è organizzata da Arthemisia e curata da Barbara Haskell e Luca Beatrice. Corredata di un ricco bookshop, è visitabile fino al 12 febbraio 2017.

Alessandra Cesselon

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