‘Goodbye June’, il family drama secondo Kate Winslet

Già produttrice di successo (Omicidio a Easttown), Kate Winslet esordisce dietro la macchina da presa adattando una sceneggiatura del figlio ventiduenne Joe Anders. Quello che ne esce è Goodbye June, disponibile su Netflix dal 24 dicembre. Un family drama natalizio che si appoggia interamente al suo cast all star (oltre alla stessa Winslet, Helen Mirren, Toni Collette, Andrea Riseborough e Timothy Spall) ma che fatica a elevarsi al di sopra dei prodotti più convenzionali del filone.

‘Goodbye June’: la trama

A poche settimane dal Natale June (Helen Mirren) viene ricoverata in ospedale per un aggravarsi della sua malattia. Al suo capezzale si alternano il marito Bernie (Timothy Spall) e i figli Connor (Johnny Flynn), Molly (Andrea Riseborough), Julia (Kate Winslet) ed Helen (Toni Collette). In un drammatico conto alla rovescia la famiglia dovrà cercare di mettere da parte dissidi e incomprensioni reciproche per regalare a June il miglior Natale possibile.

Un tragico calendario dell’avvento

Legami famigliari logorati, invidie, sentimenti repressi, incapacità di accettare la perdita. Si innesta nella lunga tradizione delle commedie intime e dolceamare l’esordio alla regia di Kate Winslet. Un tema – quello della famiglia riunita forzatamente causa malattia di un suo membro – divenuto oramai quasi un sottogenere a sé stante, fatto di regole e luoghi comuni. Un racconto pronto a crollare rovinosamente se non sorretto da una prospettiva inedita, da uno sguardo differente e originale tanto sulla malattia (non basta parlare di cancro e morte in un film natalizio perché questo sia automaticamente adulto, intelligente o “necessario”) quanto sulle dinamiche messe in campo.

A questo proposito i primi minuti di Goodbye June, con la loro regia capace di tratteggiare rapidamente caratteri e tensioni e gestire il ritmo e la struttura corale del racconto, potrebbero anche trarre in inganno. Perché è evidente la vicinanza emotiva della regista alla materia, così come la sua capacità di costruire un crescendo silenzioso ma inesorabile attraverso un tragico conto alla rovescia che, come in un distorto calendario dell’avvento, conta i giorni prima di Natale e, di conseguenza, quelli che restano a June.

Tra lacrime, sorrisi e ricatti emotivi

Presto diventa chiaro però come il tutto si condensi in un film ben confezionato ma decisamente convenzionale. Un tour de force attoriale senza una sceneggiatura abbastanza forte da sostenerlo o giustificarlo. È così che le tensioni (telefonatissime) tra i vari membri della famiglia esplodono sfruttando “tipi” decisamente prevedibili (Julia è la classica donna in carriera, Connor il figlio represso e votato alla cura genitoriale, Bernie il vecchio burbero apparentemente indifferente ma in realtà estremamente malinconico, Helen una macchietta new age…) e su un racconto per immagini che non può far altro che assecondarli.

Restano le interazioni tra alcuni dei suoi personaggi (Julia e Molly e il loro rapporto di amore/odio), la costruzione emotiva di alcune scene e una sensibilità registica non scontata, ma, nonostante l’impegno, Winslet non riesce a rifuggire gli errori più comuni del filone. Perché in Goodbye June, proprio come ci si aspetterebbe da prodotti di questo tipo, niente è lasciato al fuori campo e al non detto ma, al contrario, tutto è esibito, tutto è a favore di camera: lacrime, sorrisi e ricatti emotivi compresi.

Il titolo ideale, insomma, per una Netflix sempre più generalista e per un pubblico affamato di storie natalizie strappalacrime senza (grandi) pretese autoriali.