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‘Halloween – la notte delle streghe’: il mito di Michael Myers

La nascita di Michael Myers, una maledetta notte di Halloween nel cult di John Carpenter

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John Carpenter, giunto alla sua terza pellicola, crea un’opera divenuta immortale, capace di ridefinire le regole del genere slasher: Halloween – la notte delle streghe. Capostipite di una saga tutt’ora in continuo sviluppo, la pellicola raccoglie l’eredità lasciata da Mario Bava, riadattando gli stigmi del nascente sottogenere nella quotidianità degli Stati Uniti. L’opera introduce al grande pubblico uno dei villain più iconici del cinema, rendendolo sinonimo di brutalità e terrore. Volto coperto da maschera priva di espressione, divisa da meccanico e coltello da cucina alla mano, Michael Myers debutta sul grande schermo. Myers lascia una traccia così profonda nella storia del cinema da settare un nuovo standard di villain. Uomo sceso a patti col diavolo per ottenere il dono dell’immortalità, Myers non si ferma davanti a nulla. Implacabile e solenne la sua marcia mortale lo conduce sempre su un’unica strada, la sua mente flagellata da infinite turbe lo pilota volente o meno in un unico luogo: Michael sta tornando a casa.

La notte delle streghe

Haddonfield, 31 ottobre 1963. Michael Myers ancora bambino, appena sei anni, trucida a sangue freddo sua sorella Judith. In seguito all’inspiegabile evento, Myers sembra quasi sorpreso da ciò che ha compiuto, come se appena sveglio da una profonda trance si fosse ritrovato in una situazione troppo abbominevole per esser ritenuta possibile. Recluso all’interno di un istituto psichiatrico, Myers per quindici anni non proferirà parola con nessuno, divenendo un’ombra muta dal passato inenarrabile. Durante una serata ordinaria, alcuni detenuti riescono a fuggire dall’istituto, il mostro di Haddonfield è tra loro. Il dottor Loomis (Donald Pleasence), psichiatra incaricato di comprendere il contorto stato di salute mentale di Myers, intuisce immediatamente quale sarà la meta di Michael.

Colto da uno stato di agitazione infernale, Loomis si precipita a Haddonfield, denunciando l’arrivo del tanto temuto Michael Myers, oramai divenuto leggenda popolare per spaventare i residenti del luogo. Nonostante la pericolosità dell’incombente minaccia, lo sceriffo locale sottovaluta la circostanza. Myers, arrivato a Haddonfield, inizia la sua scia di efferati omicidi, tutti collegati a una singola donna fulcro della sua ossessione demoniaca, Laurie Strode (Jamie Lee Curtis). La cittadina è impreparata e sotto shock, Loomis è il solo a poter sperare di fermare Myers, il destino di Haddonfield è nelle mani di un singolo uomo.

“Lo guardo da anni, da lontano, e vedo il male in lui. Michael Myers non è una persona. È un mostro”

Il mostro di Haddonfield

Carpenter pone al centro della sua opera Michael Myers, rendendolo araldo demoniaco di un micro contesto serenamente amministrato. Myers sublima il concetto di uomo-demone, percorrendo una via biforcata. Una ramificazione rappresenta la natura mortale dell’uomo e le sue turbe, l’altra l’immortalità simile al divino. Michael si approccia al suo percorso vitale intraprendendo dapprima il sentiero dell’umanità, poi virando irrimediabilmente verso la trascendenza divina, eliminando interamente la sua natura umana. Molte delle sue terribili azioni appaiono confuse, maldestre, come se fosse manovrato da qualcuno per completare un disegno più ampio, a lui stesso ignoto. La sua estetica conferma la volontà autoriale di tramutare Myers uomo in Myers demone.

Carpenter ricerca nell’impassibilità totale del volto impresso sulla maschera, l’assoluta assenza di espressione e sentimenti umani. Il motivo di tale decisione risiede nell’intenzionalità del regista di far immedesimare chiunque con Michael Myers, rendendolo minaccia tangibile, tutt’altro che impossibile da riscontrare in un eventuale scenario di vita. Michael è il male, l’orrore e l’abisso che nonostante sia celato nell’immensità del nostro animo, può presentarsi nelle forme più impensabili. Carpenter sembra dar corpo a un pensiero estremamente lovecraftiano, costruendo in carne umana il volto dell’aberrazione del principio.

Loomis e Myers

L’appartenenza rivendicata da Michael verso la sua maschera è viscerale, dà forma al rapporto instaurato col demonio, pegno da dover fieramente indossare poiché oramai centrale nell’animo corrotto del personaggio. L’uomo demone solamente in un’occasione ci viene mostrato senza maschera. Appare come un ragazzo spaventato, quasi incosciente delle atrocità da lui commesse. Immediatamente, una volta smascherato, cerca con forza di rindossare la maschera, restituendo l’idea che la stessa gli conferisca i suoi poteri ultraterreni. Una spasmodica ricerca del male, divenuto cardinale nella psiche di Michael. La potenza del personaggio risiede nella sua assenza, nel ritmo del suo respiro, ogni cosa in lui è irrimediabilmente corrotta. Nello scenario istituito dalla pellicola, lo scontro tra malvagità e giustizia viene metaforicamente impersonata da Loomis e Myers. I due personaggi incarnano le massime espressioni di ambo gli aspetti, ponendoli l’uno contro l’altro in una lotta fisica e concettuale.

L’opera propone un tema -successivamente sviscerato in Il signore del male (1987) e Il seme della follia (1994) – caro alla filmografia dell’autore: l’incontro tra logica e superstizione, la caduta della scienza dinanzi al divino. Loomis simbolizza la scienza, la razionalità e la puntualità della concretezza tangibile. Myers, antitesi di Loomis, personifica l’irrazionale, l’assenza di modelli logici e la futilità scientifica. Contrapposti l’un l’altro in un braccio di ferro per l’intera durata dell’opera, durante l’intreccio finale i due si svelano vicendevolmente, esplicitando al massimo il duello tra terreno e soprannaturale.

Oltre la carne, il volto dell’abisso

La regia della pellicola è considerata una delle più influenti del cinema di settore, riuscendo a coniugare sequenze concitate e momenti di apparente quiete, con l’inconfondibile stile di Carpenter. L’opera costruisce terrore e angoscia nel modo tipico dell’autore, agli inizi della sua storica carriera da cineasta. L’approccio minimalista, mai costretto a ricorrere a eccessiva violenza o ridondanti effetti speciali, si nutre di pause e silenzi per sviluppare inquietudine. La suspence nasce dal non mostrato, aspetto chiave della cinematografia di genere, successivamente ripreso in innumerevoli pellicole. La fotografia, curata da Dean Cundey, dona alla pellicola un aspetto tetro e spettrale. Tra le luci spesso scariche e flebili, la maschera di Myers assume le sembianze di un fantasma, sfocata, intangibile e inquietante.

Inquadrature lunghe e camere fisse, signature dell’autore, conferiscono all’opera un aspetto simmetricamente angusto. La stabilità delle inquadrature è necessaria per ricreare un contesto di semi quiete, pronto a esaltare i momenti più efferati, esplodendo da un attimo all’altro. L’utilizzo della soggettiva, magistralmente impiegato nella sequenza di apertura, fornisce il punto di vista di Myers, creando un senso di inquietudine crescente. Nei momenti dove Myers osserva le sue vittime, lo spettatore si sente parte attiva del macabro, immerso attivamente in ciò che osserva. Senza tempo, iconica e irripetibile, la sua Halloween Theme, colonna sonora dalle infinite sfumature di maligno. Ipnotico e meraviglioso, l’accompagnamento musicale si conferma un punto cardine nella cinematografia carpenteriana, condizione primaria nella ricerca dell’angoscia.

Halloween – la notte delle streghe riesce nell’impresa di coinvolgere e terrorizzare, appassionare e far riflettere. Michael Myers debutta esaltando le qualità di un giovane Carpenter, mostrando al mondo intero la maestria dell’autore. Opera centrale nel cinema horror, eterna negli almanacchi cinematografici, punto fermo per ogni amante del genere.

Halloween - la notte delle streghe

  • Anno: 1978
  • Durata: 91'
  • Distribuzione: Compass International Pictures
  • Genere: Horror
  • Nazionalita: USA
  • Regia: John Carpenter
  • Data di uscita: 25-October-1978