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‘The Mountain Won’t Move’ e ‘Body’: intervista a Petra Seliškar

A Ultracinema Art Festival la regista slovena Petra Seliškar porta un cinema sensibile e audace: l'abbiamo incontrata per indagare il suo sguardo

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Lo sguardo sensibile e resiliente di Petra Seliškar arriva ad Ultracinema Art Festival con 'Body' e 'The Mountain Won't Move'

Ultracinema Art Festival (qui il sito ufficiale) è la nuova realtà ferrarese che porta nella città autori da ogni parte del mondo, proponendo una settima arte audace, capace di urlare, ferirsi e affondare le proprie radici nei bassifondi. Il direttore artistico Jonny Costantino definisce il cinema ospitato dal festival come “impuro, ibrido e bastardo”. Tra i cineasti invitati al festival c’è anche la produttrice e regista slovena Petra Seliškar.

Fondatrice di Petra Pan Film, è un’autrice che si occupa principalmente di documentari artistici come Body, con protagonista la sua cara amica Urška Ristić, affetta da rare malattie autoimmuni, e The Mountain Won’t Move, che ritrae la quotidianità di tre fratelli pastori sui Monti Šar. Durante il festival, abbiamo avuto l’opportunità di esplorare la sua visione, i suoi film e di ricevere qualche consiglio per i giovani aspiranti cineasti.

Da dove nascono i documentari creativi di Petra Seliškar

Lo sguardo sensibile e resiliente di Petra Seliškar arriva ad Ultracinema Art Festival con 'Body' e 'The Mountain Won't Move'

Petra Seliškar a Ultracinema Art Festival. Immagini gentilmente concesse dal festival

Perchè hai scelto la montagna come protagonista del tuo film The Mountain Won’t Move?

Beh, io non sono particolarmente interessata alla montagna. Vengo dalla Slovenia, dove le montagne sono ovunque, ma non le avevo mai trovate affascinanti. Ho pensato, però, a come raccontare la storia di sei fratelli e due sorelle, senza escludere nessuno. Sono nati sulla montagna e la montagna li definisce tutti quanti, li lega.

Quando hanno sei anni, sono già autonomi, senza i genitori, e svolgono il lavoro dei fratelli maggiori come pastori. La sfida era capire chi fosse il personaggio principale e dove si sviluppasse di più la storia, ma alla fine ho capito che tutto nasce dalla montagna.

La mia domanda principale è: da esseri umani, come possiamo ritrovare la natura? La montagna è ciò che dà loro forza e al tempo stesso li mette di fronte al mondo esterno. Quando vanno in città, i bambini sono sopraffatti dal rumore e dagli stimoli, perché non sono abituati. Per questo ho scelto la montagna come cuore della storia.

Durante il Q&A, hai menzionato che ti piace fare parte del settore produttivo. Cosa ti ha spinto a produrre il tuo film?

I documentari richiedono molto tempo e in Slovenia ci sono pochi produttori abili nel settore. Molti lavorano principalmente con la fiction e faticherebbero a capire che una storia potrebbe concretizzarsi solo tra cinque anni. Nel documentario non sai mai se il film si farà davvero: uno dei tuoi protagonisti può decidere all’improvviso di non voler più essere ripreso. Non ci sono contratti, le persone sono libere di andare via. È un rischio enorme, perché si potrebbe sviluppare la storia anche per anni, fino a quando non c’è abbastanza materiale per entrare in produzione.

Io sono stata fortunata. Dall’inizio avevo un co-produttore francese, un produttore macedone e un magnifico direttore della fotografia che credevano nella storia anche quando ancora non c’era nulla. Questo ci ha permesso di esplorare il Paese e lavorare sul film, anche senza sapere se alla fine sarebbe diventato davvero un film.

Con il mio produttore so esattamente cosa serve, quanto spendere, come dare priorità alle risorse e mantenere tutto in movimento. Ci è voluto molto tempo per ottenere i fondi, tra problemi legati alla pandemia e al fondo sloveno, ma quando i francesi si sono uniti abbiamo finalmente potuto iniziare la produzione. Non ci sono tanti produttori con cui puoi costruire una fiducia così profonda, che lavorano anni credendo nel progetto senza sapere come andrà finchè il film non è finito.

Il segreto per lavorare con le persone

Lo sguardo sensibile e resiliente di Petra Seliškar arriva ad Ultracinema Art Festival con 'Body' e 'The Mountain Won't Move'

Petra Seliškar e Isabella Gorgoni Gufoni a Ultracinema Art Festival. Immagini gentilmente concesse dal festival

Cosa rende speciale il documentario come formato e genere? Perché lo preferisci alla fiction?

È più difficile fare documentari creativi rispetto a quelli basati su interviste o archivi, perché nel tipo di documentario che faccio non c’è nulla su cui scrivere: devi creare tutto da zero. Questo tipo di documentario è molto più libero. Non ci sono imposizioni su cosa montare, cosa mostrare, nudità o bambini, ma al tempo stesso comporta grande responsabilità, perché si lavora con persone reali che torneranno alla loro vita.

A differenza della fiction, dove eventuali problemi si risolvono pagando attori o troupe, nei documentari bisogna fare attenzione a non fare del male a chi viene filmato. Non tutti possono affrontare questa sfida e per me è più difficile della fiction. Anche se hai ore di filmato da organizzare e decidere come montarlo, la priorità è sempre rispettare le persone e raccontare la loro storia senza nuocere a nessuno.

Quale pensi che sia la cosa più importante da tenere in considerazione prima o durante le riprese?

Penso che come esseri umani i nostri livelli di fiducia siano costruiti dalla famiglia e dalle esperienze di vita. Quando entri nella vita degli altri, non solo nelle loro case, ma nella loro fiducia e nel loro mondo, devi meritartelo. Non puoi comprarla: va costruita con onestà e autenticità, ammettendo anche i tuoi errori.

Non siamo santi, non sempre agiamo perfettamente, e ognuno ha i propri limiti e background diversi. L’importante è apprezzare le persone con cui lavori, metterti nei loro panni e trattarle con rispetto. Non si tratta di dominare la situazione o fare il film “perfetto”, ma di essere consapevoli della fragilità reciproca. Ho visto molti documentari in cui i registi abusano dei loro personaggi e non penso che sia giusto. Il rispetto verso la persona che stai coinvolgendo è fondamentale.

Un’arte fresca, rischiosa e profondamente nutriente

Petra Seliškar e Jonny Costantino a Ultracinema Art Festival. Immagini gentilmente concesse dal festival

Come ti sei trovata qui all’Ultracinema Art Festival? Conoscevi già il patrimonio artistico di Ferrara?

Penso che sia un cliché, ma mi sento davvero a casa qui. C’è un’atmosfera fantastica, quasi come una famiglia, simile a quella che avevo già percepito alla Blow-Up Academy, dove tutti sono legati e cercano di fare del loro meglio. Ho viaggiato molto, partecipando ai festival e insegnando in posti diversi, e posso solo dire che è raro trovare un ambiente così.

Mi piace come qui venga apprezzata l’arte in sé, indipendentemente dal fatto che la si comprenda o meno: viene messa su un piedistallo in un modo bellissimo, che non avevo mai visto. La città stessa sembra un set cinematografico, evocativa e piena di cultura, dalla cucina ai castelli. Anche se mi sono concentrata sui film, tornerò sicuramente per esplorare di più. Mi sento veramente accolta e questa regione è per me una scoperta speciale. Grazie per avermi accolta e per aver condiviso tutto questo, è davvero bello.

Per concludere, quali consigli vorresti dare alle nuove generazioni di cineasti?

Puoi guardare dentro te stesso, come ho fatto io, ma devi anche essere un po’ testardo: c’è talento, certo, ma serve tantissimo lavoro. Ci saranno anni con poca riconoscenza, o magari un riconoscimento immediato seguito da nulla. Per navigare in tutto questo, è fondamentale avere amici e supporto intorno a te.

Non farai film insieme alle stesse persone per tutta la vita, quindi è importante costruire un gruppo di fiducia, persone che ti diano feedback onesti quando non stai andando bene o non stai raggiungendo ciò che ti eri prefissato. La fiducia e l’onestà sono fondamentali. Allo stesso tempo, non bisogna essere ossessionati dall’ambizione, perché può distruggere tutto. Alla fine, si tratta di vivere bene e fare film.

 

 

Un ringraziamento speciale a Daniele Nizzoli, Letizia Cenerini, Riccardo Forti e a tutto il team di UltraPress, coordinato da Ylenia Politano, di Ultracinema Art Festival.