Un cinema che va oltre, superando i limiti imposti dalla contemporaneità. Si tratta di stili azzardati, tematiche tabù, immagini così evocative da lasciare a bocca aperta. Questa è la premessa di Ultracinema Art Festival (qui il sito ufficiale), tenutosi dall’11 al 13 dicembre a Ferrara. Nato da un’idea di Jonny Costantino, il festival mira a riunire nella città una Settima Arte impura e audace. Durante la prima edizione, chiamata I Bastardi, sono stati coinvolti autori provenienti da settori artistici differenti, dalla musica di Alessandro Trabace alla poesia di Domenico Brancale, e provenienti da paesi differenti, come la Slovenia (Petra Seliškar), la Francia (Cathrine Breillat) e l’Azerbaigian (Hilal Baydarov).
Nella prima giornata di Ultracinema Art Festival, abbiamo avuto il piacere di intervistare la docente di Sceneggiatura Federica Iacobelli, curatrice dei corti scelti per la proiezione, che ha introdotto le opere insieme all’autore Riccardo Ambrosi. I lavori sono stati realizzati dagli studenti come progetti d’esame o di tesi nella Specialistica in Illustrazione di ISIA Urbino, a cura di Federica Iacobelli e delle docenti di Cinema d’Animazione Mara Cerri e Magda Guidi. Scopriamo insieme com’è avvenuto il processo di selezione dei corti, da quali idee sono partiti gli studenti e com’è nata la collaborazione con Ultracinema.

Federica Iacobelli, Riccardo Ambrosi e Jonny Costantino a Ultracinema Art Festival. Immagine gentilmente concessa dal festival.
La fusione tra Ultracinema Art Festival e ISIA Urbino
Come si è sviluppata l’idea di portare i corti dell’ISIA Urbino all’interno di Ultracinema Art Festival?
Tutto è nato da una chiacchierata informale fra il direttore artistico Jonny Costantino e me durante un pranzo in un luogo d’incontro bolognese abituale. Gli raccontavo del lavoro che porto avanti nel mio corso di Sceneggiatura in ISIA Urbino in collaborazione con le docenti di cinema d’animazione Magda Guidi e Mara Cerri e, accorgendomi di aver acceso la sua curiosità, ho pensato di condividere con lui i corti animati prodotti negli ultimi anni.
Non avevo idea che questo avrebbe portato addirittura a una presenza di ISIA nel programma del festival, ma mi piaceva potermi confrontare con Jonny su questo cinema tanto diverso e insieme tanto vicino a quello che si fa e si studia alla Blow Up Academy.
Che significato ha per te, e per gli studenti, presentare questi lavori in un contesto come Ultracinema, una prima edizione così ibrida tra cinema, arte e sperimentazione?
Sia per me che per le mie colleghe, e naturalmente per le studentesse e gli studenti autori dei corti animati, Ultracinema alla sua prima edizione rappresenta un contesto ideale: il linguaggio dell’animazione tradizionale e la misura del corto, spesso cortissimo, sono infatti per loro natura terreno di sperimentazione narrativa, visiva, artistica; e l’idea di un festival nato anche per un pubblico di studentesse e studenti di cinema stimola ulteriormente il lavoro di chi durante il suo percorso di studio si confronta con un’autorialità tanto completa e variegata come quella dell’artista animatore.
Dal seme alla pianta dei corti d’animazione
Quali criteri avete adottato nella selezione dei corti degli studenti per questa proiezione?
A Jonny Costantino abbiamo già mostrato una nostra selezione, seppur molto ampia. A partire da questa, è stato appunto il direttore artistico di Ultracinema a stilare un primo elenco delle opere che lo avevano maggiormente colpito. Da lì, abbiamo operato una scelta ulteriore basata anche sulla necessità di mettere insieme una varietà di stili, temi, durate e tecniche, per dare al pubblico un’idea dell’ampiezza di possibilità e di sguardi che il cinema d’animazione sperimentato in ISIA chiama e stimola.
Dal punto di vista didattico, cosa cerchi di instillare nei tuoi studenti quando li accompagni nella realizzazione dei loro corti?
Con loro lavoro essenzialmente sul processo creativo, cercando di procedere dall’idea all’opera senza disperdere ma al contrario concentrando e preservando quel condensato di energia necessario a realizzare un corto animato. Leggiamo, guardiamo, studiamo molto insieme, nella convinzione che gli autori animatori debbano essere delle persone coltivate, che sanno di cinema, di storia dell’arte, di letteratura, che sono in ascolto di quello che succede intorno a loro, e che riescono a prendersi il tempo giusto per lavorare a un soggetto e a una sceneggiatura che poi lo storyboard certamente metterà in crisi, ma che resteranno le fondamenta del lavoro. Le mie colleghe e io incoraggiamo inoltre il confronto e il lavoro di gruppo, tentando di tanto in tanto anche esperimenti di creazione collettiva.
Degli autori “ultra-sensibili” a Ultracinema
Quali sono, secondo te, gli elementi narrativi o stilistici più interessanti che emergono dai lavori di questa generazione di studenti dell’ISIA?
L’elemento narrativo ricorrente negli ultimi anni è certamente il rapporto con la memoria, in genere familiare, personale: una ricerca che ha i suoi aspetti di interesse ma anche di chiusura, a mio avviso, e che percorre moltissime storie nate in ISIA per diventare corti animati e non solo.
Dal punto di vista stilistico, trovo egualmente interessanti due attitudini opposte: quella che prende un modello e lo insegue, lo cerca, lo fa proprio, guardando a determinate scuole dell’animazione tradizionale d’autore, ma anche contaminandola, e quella che si pone come originaria, inventando mondi grafici e soluzioni cinematografiche inedite.
Che consigli dai solitamente ai tuoi studenti per portare un progetto dal semplice esercizio scolastico a qualcosa che possa funzionare in un contesto festivaliero?
In ISIA lavoriamo sempre pensando anche al mondo fuori e a un percorso produttivo, quindi per noi non c’è differenza fra un esercizio e un lavoro d’autore. Lo scarto può stare nella qualità della fattura, certo, in eventuali imprecisioni dovute all’inesperienza, ma incoraggiamo sempre studentesse e studenti a lavorare al meglio, con onestà, con precisione, confrontandosi con noi docenti come fossimo degli editor o dei produttori, e mirando a presentare fuori, in contesti professionali, i lavori nati dentro la scuola.
L’importanza di non dimenticare
C’è stato un cortometraggio o un autore in particolare che ti ha sorpreso maggiormente e perché?
Ne cito tre, ma potrei citarne molti altri. Il primo è Né una né due di Lucia Catalini: un lavoro intriso di memoria, appunto, e di studio, e di dedizione minuta e quotidiana; una piccola opera che sorprendentemente sta girando il mondo, vincendo festival, e sta dando alla sua autrice la possibilità di lavorare con agio e con slancio alla sua opera seconda (o meglio terza, perché prima del corto di tesi Lucia aveva creato anche un corto d’esame intitolato Cotone).
Il secondo è Good Bye Good Boy di Oscar Renni, che a ogni visione continua a stupirmi per il ritmo perfetto della narrazione, la qualità del segno e del racconto per immagini, la tenera e divertente ironia della storia.
Il terzo è Lapsus di Ruben Rovati, che ho seguito per la tesi, come Lucia Catalini, e che grazie al suo talento e alla sua ostinazione è riuscito a scrivere una sceneggiatura di valore in cui convergono le sue ossessioni ma non si sente più l’io, creando un personaggio alter ego e un arco narrativo importante che ha poi follemente gestito da solo in un corto lungo, per così dire, e di una lunghezza che nessuno si è mai azzardato né si azzarderebbe più a perseguire.
Uno sguardo rivolto verso il futuro
Come curatrice e docente, cosa cerchi di trasmettere a chi sta iniziando ora un percorso nel cinema o nell’immagine in movimento?
La cosa più importante per me è trasmettere una passione per lo studio, per la ricerca, per l’osservazione critica, tanto più in un mondo come quello del cinema che pullula purtroppo di arroganza, ignoranza, e di amore di sé anziché dell’opera. Avere passione e avere cura, qualunque cosa andremo a fare, piccola o grande, minuscola o gigante: questo per me resta sempre fondamentale, ed è ciò che anche a me stessa ripeto ogni giorno, ogni momento.
Guardando al futuro, quali progetti o direzioni vorresti esplorare con i tuoi studenti o nella tua attività curatela/accademica?
Penso che per la mia generazione sia vitale e sempre più importante, andando avanti, conoscere i punti di vista, le visioni, i riferimenti delle generazioni più giovani. Proprio in questa relazione sta per me la grande ricchezza dell’attività accademica, oltre che nella possibilità di studiare costantemente insieme ai cosiddetti discenti. Guardando al futuro, quindi, mi piacerebbe intensificare questa relazione, portarla anche oltre l’accademia, costruire occasioni di lavoro comune anche fuori dalla scuola.
Dentro l’ISIA, d’altro canto, stiamo portando avanti da due anni il progetto di un film collettivo di impronta documentaria composto di alcune parti in animazione prodotte durante il percorso didattico e alcune parti – da realizzare in una collaborazione fra l’istituto e un produttore cinematografico – riprese dal vero o costruite montando repertori: un progetto ambizioso che ha il suo cuore narrativo proprio nel dialogo fra le generazioni e nello specifico fra un immaginario letterario del novecento e gli immaginari di chi è nato negli anni zero.
Un ringraziamento speciale a tutto il team di Ultrapress, coordinato da Ylenia Politano, di Ultracinema Art Festival.