Al di là delle montagne è l’ottavo lungometraggio di Jia Zhangke, uno dei maggiori esponenti della sesta generazione del cinema cinese. Il film, presentato alla sessantottesima edizione del Festival di Cannes, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra i quali il premio per la miglior sceneggiatura all’ Asian Film Award.
A Cannes, inoltre, il regista è stato insignito del premio Carrosse D’or, un’onorificenza concessa dalla Società dei Registi di Film (SRF) in occasione della Quinzaine des réalisateurs , una selezione parallela del festival.
Dal 2016, il film è disponibile in Italia. Attualmente, è disponibile in streaming su Apple TV.
Al di là delle montagne: un triangolo amoroso
La storia inizia nell’anno 1999, durante i festeggiamenti del capodanno cinese. In questa cornice di festa, il film ci presenta Tao, la protagonista. Tao si trova nel mezzo di una contesa romantica che vede contrapposti l’operaio Liangzi e Zhang, un ricco imprenditore. Tao si troverà a fare una scelta fra i due contendenti, e il film esplorerà le conseguenze di questa scelta. La storia si compone di due ulteriori blocchi narrativi. Gli eventi del primo blocco si svolgono nel 2014, e gli eventi del secondo nel 2025.
La regia emozionale di Jia Zhangke
La regia di Jia Zhangke si avvale di sguardi, silenzi e simboli. In Al di là delle montagne, Jia Zhangke sfrutta l’assenza stessa delle parole, lasciando spazio alla minuziosa interpretazione degli attori, e alla potenza della colonna sonora. Attraverso questi elementi il regista riesce a far emergere efficacemente ciò che i personaggi sentono, evitando di affidarsi eccessivamente all’uso del dialogo.
In Al di là delle montagne viene fatto un uso quasi poetico del controcampo. Jia Zhangke non è interessato a un meccanico “botta e risposta”, ma fa in modo tale da lasciarci cogliere le più piccole sfumature nei volti dei personaggi, valorizzando ogni loro stato d’animo. I dialoghi, quindi, sono essenziali e spesso carichi di un significato che va oltre le parole, e posseggono un ulteriore livello di rimandi e sotto-testi che li rende estremamente pregevoli.
La regia in Al di là delle montagne predilige i movimenti del corpo in relazione allo spazio, e le inquadrature ampie del paesaggio. Tali inquadrature sono uno dei tratti distintivi di Jia Zhangke. Nella prima parte del film il regista ricorre spesso ai piani medi e ai medi primi piani, rimanendo fedele ad un attento studio delle dinamiche sociali che rimanda al documentario. Nel contempo, il regista sa mantenersi in equilibrio con la portata emotiva del racconto, senza sminuire quest’ultima.
Man mano che il finale si avvicina, la regia abbandona l’aspetto documentale e diventa sempre più intima, arrivando al primissimo piano. La regia ricerca l’onestà dietro le reazioni dei personaggi, e quando al di sotto di queste ultime c’è un autentica sincerità, Jia Zhangke la coglie e la mette in risalto con con le sue sapienti inquadrature.
La colonna sonora di Al di là delle montagne
La colonna sonora dialoga magistralmente con ciascun segmento narrativo. Oltre a essere un potente amplificatore di ciò che i personaggi vivono, il regista impreziosisce quest’ultima con un raffinato simbolismo.
Jia Zhangke unisce le note del commento musicale extradiegetico a un rumore interno al mondo del racconto. Il regista usa questo rumore come simbolo per tradurre una distanza, una frattura, e la fine di un rapporto, provvisoria o definitiva che sia. Questo rumore, quest’esplosione violenta, è a tutti gli effetti una nota del fraseggio, che si inserisce in quest’ultimo oppure ne apre il discorrere melodico.
Al di là delle montagne è infatti un’opera dotata di un interessante apparato simbolico.
I simboli di Al di là delle montagne
In Al di là delle montagne, Jia Zhangke associa Tao alla figura del cane, che nell’immaginario cinese è associato all’idea di fedeltà. Questa fedeltà non è da intendersi in senso strettamente coniugale, bensì come una fedeltà ai legami emotivi che la protagonista ha instaurato durante il corso della sua vita. Tao ha memoria dei suoi affetti e delle emozioni che ha provato, le custodisce gelosamente dentro di sé.
Specularmente, il regista associa sempre Zhang alle armi. Le armi denotano una violenza atavica, pura, non filtrata dalla razionalità. Un’emozione che dal cuore si fa strada fin dentro la mente, annebbiando la ragione e generando violenza. Zhang infatti è una persona totalmente opposta a Tao. Zhang è estremamente ego-riferito, solamente focalizzato sulle sue paure e i suoi desideri. I legami che crea con gli altri sono superficiali o conflittuali proprio per questa sua scarsa capacità di aprisi all’altro. L’ottusità che lo contraddistingue non gli consente di adoperarsi per cambiare, portandolo quindi a vivere un’eterna solitudine.
Nel terzo segmento di Al di là delle montagne, vediamo Zhang nella sua casa, in cui il regista rende predominante il colore bianco. Per ragioni culturali, qui il bianco ha un’accezione tutt’altro che positiva. Questo colore non rimanda affatto all’idea di purezza, bensì all’ idea di morte, di fine, così come finiti o estinti del tutto sono i legami che questo personaggio ha costruito. Quei legami che non ha saputo mantenere a causa della sua scarsa consapevolezza interiore.
Una storia con una riflessione importante
Non avremmo potuto aspettarci niente di diverso da un regista come Jia Zhangke. La sesta generazione di cineasti cinesi, di cui fa parte, ha preso le distanze dallo stile epico della generazione precedente, adottando uno sguardo più realistico sulle contraddizioni della società contemporanea.
Il film infatti vuole riflettere su cosa nella vita abbia davvero importanza. I personaggi appartenenti alle classi sociali più basse, pur nelle loro difficoltà, hanno relazioni e sentimenti solidi e duraturi; mentre fra le classi più agiate la comunicazione è sempre filtrata da uno schermo che è in realtà una barriera, e diviene assenza, incomprensione e controllo. Jia Zhangke ci mostra delle persone ricche, incapaci di esprimere le emozioni e che spesso degenerano in forme di violenza.
In Al di là delle montagne, il regista racconta un’instabilità che svela impietosamente la desolazione nascosta dall’apparente perfezione data dal possedere denaro. La vera ricchezza sembra essere di un altra matrice che non è possibile quantificare con delle cifre o con degli indici di borsa. Un legame onesto, e la gioia che scaturisce dalla forza di quest’ultimo è un qualcosa che non ha prezzo, e che mai si potrà comprare.
Un film indimenticabile
Al di là delle montagne è un film che riflette sulla complessità dei rapporti umani, unendo tra di loro cinema di genere, documentario e cinema d’autore. Jia Zhangke crea un’opera dal ritmo sommesso e meditativo, in cui la regia si uniforma con il tempo interiore dei personaggi. L’attenzione ai dettagli, al non detto, e un utilizzo consapevole dei propri strumenti espressivi hanno reso Al di là delle montagne un film indimenticabile.