Dal 29 ottobre, appuntamento settimanale (ogni Mercoledì) su Apple TV con una nuova serie , composta da 8 episodi, intrisa di mistero, azione e humour inglese che promette bene.
Le protagoniste, Emma Thompson e Ruth Wilson catalizzano l’attenzione e sono la vera punta di diamante di una storia complessa e sfaccettata.
Prodotta da 60Forty Films e diretta da Natalie Bailey, Samuel Donovan e Börkur Sigþórsson.
Un inizio esplosivo
Down Cemetery Road si basa sull’omonimo romanzo, tratto da The Oxford Series, dello scrittore britannico Mick Herron, già autore di Slough House che ha ispirato la serie di successo Slow Horses. La storia è stata riadattata per il piccolo schermo dalla sceneggiatrice Morwenna Banks.
I primi due episodi rilasciati dalla piattaforma preannunciano una serie ricca di colpi di scena ma un po’ indigesta, difficilmente catalogabile in un solo genere.
La partenza è esplosiva, letteralmente: una normale cena tra amici, a casa di Sarah Trafford (Ruth Wilson) si trasforma in un incubo. All’improvviso, nel bel mezzo di una conversazione, si sente un boato fortissimo e la terra pare tremare. Sarah accorre per strada con i suoi ospiti e vede l’abitazione della vicina, distrutta da un’esplosione.
La donna che vi viveva è deceduta mentre sua figlia è miracolosamente sopravvissuta. Da quel momento in poi, Sarah si mette sulle tracce della ragazzina che sembra essere svanita nel nulla.
Per questo decide di assumere un investigatore privato, Joe Silverman (Adam Godley) che muore poco dopo, in circostanze sospette. Il mistero si infittisce: Sarah vuole far luce sull’intera vicenda, si affida al fiuto infallibile di Zoë Boehm (Emma Thompson) , vedova di Joe e detective esperta.
Un’occasione sprecata?
Down Cemetery Road non è solo un mystery thriller, è una scatola cinese di intrighi con elementi cospirativi e di spionaggio. Parla di morti e scomparse, affonda le sue radici nel tessuto suburbano inglese, la periferia di Oxford che di per sé è già una città intrigante con la sua aura di mistero e regala momenti di straordinaria ilarità con il dark humour dei suoi personaggi, in particolare della detective Zoë Boehm.
Emma Thompson è in grado, come sempre, di colorare il suo personaggio di infinite sfumature, di conferirgli uno spessore, una verità, rendendolo unico, reale.
L’idea di una ‘buddy serie’ al femminile, ambientata in una fascinosa Oxford, capace di rispolverare e attualizzare il mito di Miss Marple, era, sulla carta, un presupposto invitante e di forte appeal. Affiancare alla celebre investigatrice una ‘partner in crime’ improbabile come una giovane restauratrice d’arte, moglie infelice dei sobborghi inglesi, avrebbe potuto rivelarsi un colpo di genio.
Un groviglio di generi e toni
Sebbene l’idea di partenza sia interessante, e il cast brillante, la storia rischia di perdersi in troppi filoni narrativi, dando vita a un groviglio di generi e toni che disattendono le premesse iniziali.
La narrazione si appesantisce nel tentativo di far convergere diverse trame e sotto trame, risulta poco bilanciata nel mescolare il tono leggero da commedia brillante a quello drammatico e oscuro da thriller/mistero/ spy story.
Se l’unico punto saldo di una serie è rintracciabile nella caratterizzazione di uno dei suoi personaggi principali (Zoë Boehm /Emma Thompson), è facile dedurre che ci troviamo di fronte a un problema oggettivo.
E per quanto sia piacevole vedere la Thompson nei panni di un’investigatrice dai modi caustici e la battuta tagliente, adorabile nel suo cinismo, non si può far a meno di pensare che il suo talento sia sprecato nel valorizzare una storia che di per sé non funziona.
