Dal 7 novembre è disponibile su Apple TvPluribus creata dal visionario showrunner di Breaking BadVince Gilligan. La serie sci-fi è prodotta da Sony Pictures Television, High Bridge Entertainment e Bristol Circle Entertainment. Protagonista Rhea Seehorn già volto noto di Better Call Saul (spin-off di Brealing Bad), accompagnata da un cast di rilievo: Karolina Wydra, Miriam Shor e Carlos Manuel Vesga.
Il TRAILER – Pluribus
Pluribus la trama
Carol Sturka (Rhea Seehorn), una nota scrittrice malinconica e disillusa, si trova inaspettatamente immersa in una nuova America e in un nuovo mondo. Un ignoto virus alieno ha trasformato la popolazione globale in soggetti sorprendentemente felici, gentili, ottimisti, senza alcuna palpabile sofferenza. Carol è l’unica ad Albuquerque ad essere rimasta “normale”, e nel tentativo di capire cosa stia realmente accadendo, la superstite si trasforma, suo malgrado, in un essere sociale riluttante.
L’apparente messa in scena della felicità – Pluribus
In The Truman Show (1998) di Peter Weir la realtà è ribaltata, ciò che sembra essere un paradiso non è altro che una costruzione artificiale, il gioco apparente di una messa in scena dove tutto è fintamente armonioso e plasticamente irreale. La protagonista di Pluribus, Carol, non vive in uno show televisivo, ma le comparse del nuovo mondo con i loro sorrisi e l’insistente felicità, sincronizzano un’universalità emotiva a cui il personaggio di Seehorn non crede.
Sia Truman che Carol sono al di fuori dell’inganno (anche se nel film di Weir , Jim Carrey ne avrà consapevolezza solo nella rottura tra realtà e finzione). Mentre il primo capiva tardivamente come la sua vita fosse un reality show dal momento della sua nascita, la seconda deve fare i conti con lo scenario fantascientifico e distopico di Vince Gilligan. Nella nuova America, che nella serie Apple è collocata ad Albuquerque, la libertà emotiva per il popolo terrestre viene abolita a causa di uno strano “scherzo” del destino, collocando Carol al centro di un’umanità che dipende dalle scelte e dal libero arbitrio della protagonista.
L’autarchica riluttante Carol e il nuovo mondo di Vince Gilligan
L’intuizione (almeno nei primi due episodi) di Vince Gilligan è geniale: rendere discontinuo il dispositivo sci-fi e in un certo senso umanizzarlo. Il virus alieno, incidente scatenante del cambiamento della popolazione terrestre, non è il solito nemico che ha ricadute presenti sui terrestri, ma il mezzo che espone un discorso più inerente alle scelte dell’essere umano. Tutto dipende da Carol, la sua infelicità, il suo essere, per dirla alla Nanni Moretti, un’autarchica anarchica ha tragiche incidenze su ogni singolo individuo.
Quando Carol nega quell’apparente felicità di cui si cibano i nuovi umani, milioni di persone muoiono, ed è questo l’elemento più convincente e nel contempo disarmante della serie. Rappresentare una satira sociale sul comportamento della nostra felicità. Costringere a far riflettere lo spettatore sulle radici del nostro stare bene, se quindi tale sentimento derivi da un nostro desiderio o da un condizionamento collettivo rispetto al quale Carol è immune.
Ragionando per paragoni di titoli recenti, Vince Gilligan evita l’errore di Yorgos Lanthimos e Bong Joon-ho nelle rispettive opere (Bugonia, Mickey 17), respingendo l’assunto secondo il quale il catastrofismo e il distopico debbano governare la satira sociale. Invece inserendo in Pluribus l’anomalia rappresentata da Rhea Seehorn, il visionario autore di Breaking Bad depotenzia il nucleo sci-fi in favore di una critica sull’umanità che deve di sua natura costruire dilemmi morali ed esistenziali per conto proprio. Si Pone così una domanda-nucleo narrativo dell’intera serie: cosa resta dell’umanità quando la nostra libertà viene sostituita dalla felicità?
L’universo espanso di Breaking Bad finisce con Pluribus
Pluribus è la serie ideale per Vince Gilligan e avviene nel momento adatto post universo Breaking Bad. Dopo il successo dell’iconico chimico-criminale Walter White, lo showrunner americano è sembrato, grazie anche a Better Call Saul, un po’ come quei fedeli romanzieri o autori di franchising alla George Lucas che non riescono a lasciar andare la propria creatura. E per interrompere questa fase nostalgica il progetto più ideale è appunto proprio Pluribus. Ovviamente non è un caso l’ambientazione nella cittadina del New Mexico, obbiettivo teso a mantenere lo stretto legame emotivo che Gilligan ha con le sue più note e acclamate creature seriali.
La centralità dell’anomalia nella nuova America automatizzata
Il riferimento all’universo di Breaking Bad , però, finisce qui, come del resto anche probabili analogie con X-Files di cui lo showrunner fu sceneggiatore e produttore esecutivo. Certamente gli l’anthology plot di quest’ultima hanno una certa connessione con l’iniziale episodio di Pluribus, ma Gilligan si vede bene dal rischio del paragone o dell’emulazione inserendo subito plot-driven e character-driven della serie nel dramma sociale e umano di Carol e della nuova America.
Già nel dualismo tra la protagonista e l’era “degerarchizzata”, nel suo confronto-scontro tra istituzioni fragili e essere umani autonomi di se stessi, è forte la presa della satira distopica sulla propria componente etico-morale. Carol alla fine è una specie di Dio umano attraverso cui tutto si plasma e si evolve. Nei primi due episodi l’alterego di Rhea Seehorn non è pienamente conscia della sua funzione, cercando ancora di orientarsi nella dittatura della felicità costretta e obbligata.
In questo Pluribus deve stare inevitabilmente attenta a non cadere nella trappola delle sue stesse ambizioni. Se il tema di fondo è potente (l’estremizzazione della felicità e la libertà emotiva soppressa), il rischio che ne potrebbe derivare è il rinchiudersi nel proprio dispositivo concettuale, ripetendo all’infinito l’arco di Carol invece di farlo evolvere. Ma nei suoi primi episodi la serie Apple TV sembra poter evitare certe criticità, solidificandosi su una riflessione metafisica sul prezzo dell’euforia indotta.