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Conversation

‘Testa o Croce?’ conversazione con Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

'Testa o Croce?' ragiona sulla potenza evocativa della parola per raccontare il desiderio di libertà dell'essere umano.

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Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

Presentato nella selezione ufficiale del Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard e in Piazza Grande al Locarno Film Festival arriva nelle sale italiane il film di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis Testa o Croce?. Del film abbiamo parlato con i registi Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis.

Prodotto da Ring Cinema, Cinema Inutile con la collaborazione di Rai Cinema, Testa o Croce? è interpretato da Nadia Tereszkiewicz, Alessandro Borghi e John C. Reilly.

Testa o croce di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

L’introduzione di Testa o Croce? getta le basi per la connotazione del film. Quando la voce fuori campo dice che la magia del puro narrare fa nascere grandi storie stabilisce il principio fondativo della storia che appunto si basa sulla forza evocativa della parola.

Nei nostri film precedenti abbiamo sempre lavorato sul racconto tramandato oralmente, in questo film invece siamo partiti dalla parola scritta e da come questa venga messa in dubbio da ciò che vediamo succedere nel film. Rosa è la protagonista e il centro del nostro racconto ma c’è anche un altra versione della sua storia che viene narrata da Buffalo Bill.

Fin dalla prima scena volevamo mettere in discussione il modo in cui la storia viene raccontata, perché spesso chi la racconta è anche chi detiene il potere, e da lì nascono tutte le contraddizioni. Per questo siamo partiti dal Wild West Show di Buffalo Bill, con il suo racconto distorto della conquista del West e del conflitto con i nativi americani.

Il Wild west show è il luogo in cui nasce il mito del west. Da lì nasce la nostra idea di destrutturare il genere western.

Le prime immagini decretano che il vostro è un mondo alla rovescia in cui i banditi diventano eroi. 

Volevamo rovesciare il genere, prendendo l’eroe classico del western – il cowboy che in Italia chiamiamo buttero e che nel film è interpretato da Alessandro Borghi –  e metterlo in crisi. Ci piaceva l’idea di decostruire il mito del cowboy con un po’ di ironia e dar voce al personaggio di Rosa, la vera protagonista della vicenda.

Il flashback iniziale

Un particolare, quest’ultimo, che ci rivela il flash back iniziale. Non solo è Rosa e non Santino a comparirvi ma il fatto che sia lei a leggere sul taccuino la loro storia ci dice come ella sia chiamata a dire l’ultima parola su quanto è successo. Peraltro Testa o Croce? è costruito sul confronto dei punti di vista: tra quello (interno) dei protagonisti della storia e l’altro, appartenente a chi la deve tramandare.  

Il personaggio di Rosa intraprende un percorso di liberazione personale da un matrimonio violento e da una società oppressiva. La scena iniziale rivela la doppia natura del film, una intima in cui Rosa si emancipa e una pubblica, in cui Buffalo Bill crea la sua versione della storia. Rosa si ribella contro tutto e tutti.

A proposito di destrutturazione, l’amore di Santino per la ragazza è un topos tipico del noir, quello del protagonista destinato a rimanere travolto dal fascino della dark lady. Testa o Croce? è un film pieno di contaminazione di altri generi.

Assolutamente. Pensare di fare oggi un western classico come quelli di un tempo è impossibile. La contaminazione di generi è naturale. Detto questo sono contento che tu abbia citato il noir perché non ci avevo mai pensato, pur essendo un grande fanatico del genere. Questo film riflette la nostra passione per il cinema in generale, non solo per il western.

Temi nel film di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

Uno dei grandi temi del film è la ricerca della libertà. Rosa la anela ed è disposta a tutto per ottenerla. In qualche modo il vostro cinema gli corrisponde per la libertà con cui lo costruite. In questo senso Testa o Croce? è un film fortemente politico. 

Sì, abbiamo sempre pensato a Testa o Croce? come a un film politico, il genere western si è sempre caratterizzato per la capacità di riflettere sulla realtà socio politica del momento in cui veniva prodotto. Il film è ambientato all’inizio del 1900 ma i personaggi e le tematiche sono attuali.

Volevamo raccontare una società dove a dominare sono l’individualismo e la violenza, la ricerca della fama, l’ingiustizia sociale. Anche gli aspetti più surreali del film, riflettono quello che pensiamo del presente in cui viviamo. Siamo convinti che non c’è bisogno di essere realisti o di raccontare in modo didascalico la contemporaneità per parlare e riflettere su ciò che ci succede oggi.

A proposito di aggancio con la realtà e della riflessione sulla costruzione di falsi miti a un certo punto vediamo Santino diventare l’eroe della rivoluzione senza aver fatto nulla per esserlo. 

Si, è uno dei temi che ci interessava approfondire per ribaltare il genere e mettere in discussione la figura del cowboy come eroe. Anche questo ci sembrava parlare del mondo in cui viviamo.

È come se accettasse di diventare una sorta di vittima sacrificale. 

Santino è un uomo che si monta la testa e si lascia travolgere da quella fama inaspettata per qualcosa che in realtà non ha fatto. Si illude, per un attimo, di poter essere un eroe, ma la fama lo accieca e finisce per perdere la testa. Allo stesso tempo Santino rimane un personaggio umano e sensibile, che rispecchia in parte la nostra idea sul ruolo dell’uomo oggi.

Volendo stabilire un confronto con la matrice del film direi che Testa o Croce? è più vicino al cinema americano degli anni settanta che a quello contemporaneo. Come quello Testa o Croce? non racconta personaggi vincenti ma persone che sbagliano e falliscono. 

Siamo grandi appassionati del cinema degli anni ’70, che consideriamo il momento più libero della storia del cinema. Rispetto ai personaggi, effettivamente tutti i nostri film sono popolati da falliti e outsiders. Ci interessa di più chi non si adatta e mette in discussione le regole.

Il racconto di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

Dicevamo all’inizio del piacere di raccontare. Testa o Croce? riflette su come per narrare grandi storie non sia sempre necessario fare ricorso alla verità. In fondo lo spettacolo di Buffalo Bill è fondato su una grande affabulazione. 

Il Wild West Show era una collezione di storie della frontiera americana che Buffalo Bill reinterpretava ed elevava a leggenda. Lui era prima di tutto un grande uomo di spettacolo, capace di inventare il mito del western raccontando storie non necessariamente vere.

Il tema dell’affabulazione ci ha sempre affascinato. Lo abbiamo esplorato in tutti i nostri film per interrogarci su quanto sia importante la verità in un racconto. Le storie dei nostri primi film, infatti, nascevano dall’ascolto di testimonianze reali che poi abbiamo trasformato in narrazione cinematografica, con inevitabili elementi di mistificazione. Il cinema, soprattutto attraverso il montaggio, modifica e manipola la realtà, alterando in parte la verità dei fatti In questo senso, anche noi ci siamo trovati a mistificare la realtà come metodo di lavoro, e Testa o Croce? è forse il risultato più diretto di questa riflessione.

Alcuni elementi

A proposito del rapporto tra realtà e finzione il West Wild Show è messo in scena tradendo ogni principio di realtà a cominciare dall’uso del bianco e nero e dall’utilizzo di una cornice che ricorda quella dello schermo televisivo, segnalando così la matrice spettacolare e non reale di ciò che vediamo. 

L’idea era quella di mettere in scena una messinscena mistificata. Li in realtà c’è anche il lavoro di ricerca che abbiamo svolto insieme a Rachele Meliadò, la scenografa del film. Abbiamo visto tante foto, abbiamo trovato molte reference del Wilde West Show e dell’epoca in cui è ambientato. Tutto questo ci ha ispirato nel come riportarlo sullo schermo. La sintesi di questa idea è quel grande telo che raffigura un paesaggio western che nasceva dalla volontà di ricreare un mondo mitico lontano, e ci è sembrato perfetto per trasmettere questa dimensione.

Anche i cambi della voce fuoricampo sembrano avere lo scopo di non far dimenticare allo spettatore l’importanza dell’atto del narrare perché poi il film racconta anche quello. In Testa o Croce? Buffalo Bill è il primo a farlo ma dopo di lui anche gli altri protagonisti avranno la possibilità e il piacere di commentare ciò che gli sta accadendo. 

Si, questo meccanismo era anche il modo per approfondire il conflitto di Rosa,  costretta a vivere in un mondo maschile in cui tutti le dicono cosa deve fare. Allo stesso tempo, ci permetteva di rafforzare il suo percorso di ricerca della libertà e di confrontarlo con quello che ciascuno di noi affronta nella società in cui vive.

Interno ed esterno

Il rapporto tra interno ed esterno della storia è definito anche dalla cornice entro cui si svolge la storia. Dopo quanto abbiamo detto i cartelli che presentano i capitoli in cui è diviso il film fanno pensare al fatto che la vicenda che stiamo guardando potrebbe essere quella raccontata oralmente in una piazza italiana da uno dei tanti spettacoli itineranti a cui i vostri film alludono spesso. 

Mi piace ciò che hai detto perché è quello che cercavo di dire prima parlando della messa in scena di una messinscena mistificata da qualcuno. A noi sono sempre piaciute le struttura a matriosca con le storie dentro le storie.

In Testa o Croce? il processo di decostruzione interessa anche il mito del sogno americano messo in dubbio dalla presenza un po’ cialtrona di chi come Buffalo Bill dovrebbe in qualche modo rafforzarlo.  

Il personaggio di Rosa guarda lo spettacolo del Wild West Show e si immagina una vita diversa e più avventurosa proprio in America. Proietta il suo bisogno di libertà nel sogno americano ma è un sogno destinato a infrangersi, proprio come succede a noi oggi.

Contaminazioni

Abbiamo detto prima di come Testa o Croce? sia contaminato da diversi generi cinematografici. Considerando che quello di Rosa e Santino è un viaggio di due personaggi costretti a condividere lo stesso viaggio penso in primis al road movie ma anche al Buddy movie.  

Rosa e Santino all’inizio si amano al punto da fuggire insieme ma sono due personaggi molto diversi costretti a condividono un grande viaggio. A noi piaceva l’idea dell’amore come illusione e quindi di portare avanti questo grande amore un po’ ingannevole. In questo senso, nel film c’è sicuramente qualcosa del road movie. Pensa che, all’inizio, dicevamo di voler fare una sorta di Bonnie & Clyde su un Mustang vero.

Anche qui come in altri film il paesaggio italiano è protagonista. Per il modo in cui l’avete filmato quello del film rimane uno scenario con una riconoscibilità lontana dai western americani a cominciare dal modo di filmare l’orizzonte che nel vostro film non si carica mai dei significati legati al concetto di nuova frontiera. E poi dalla presenza di parti oniriche e surreali. 

L’idea era proprio quella di fare un western all’italiana, girato nel nostro Paese, che lo raccontasse anche attraverso la dimensione scenografica e paesaggistica. Ci piaceva rovesciare lo schema degli spaghetti western girati in Messico o in Spagna dove si cercava di imitare il paesaggio americano.

A noi interessava invece lavorare su una nuova idea di paesaggio, reinventare il genere ambientandolo qui in Italia e  proponendo luoghi poco esplorati dal cinema.

Rispetto all’uso del paesaggio, nel film raccontiamo un percorso geografico quasi realistico, nel senso che la storia inizia a Roma, poi, con la fuga, si sposta nelle pianure pontine , all’epoca non ancora bonificate , per proseguire verso il Sud Italia. Nella seconda parte, però, questo realismo si incrina.

 Più vanno avanti e più la storia diventa onirica e surreale. 

Si perché il paesaggio a quel punto riflette in parte lo stato d’animo di Rosa diventando, come hai giustamente detto, onirico, surreale e anche un po’ psichedelico.

La soggettiva di Santino

Tra le scene più belle c’è la soggettiva di Santino che si produce in una sorta di ode all’armonia delle nuvole che si stagliano sopra di lui.

Da un lato quello è un momento paradossale in cui il personaggio di Rosa si rende conto che non ha bisogno di nessuno per essere libera e che quella è l’ultima cosa che la lega al suo passato. Quella scena che anche a me piace moltissimo è emblematica anche del lavoro svolto con gli attori  in particolare con Alessandro Borghi e con Nadia Tereszkiewicz. Siamo stati molto fortunati a lavorare con loro non solo per il loro talento, ma anche per la sensibilità che sono riusciti a restituire attraverso i loro personaggi.

Invece di allargare le inquadrature per mostrare la cittadina in cui inizia il film avete preferito realizzare scene claustrofobiche girate quasi tutte in interni. Si è trattata di una precisa scelta estetica o è stato anche un modo per ottimizzare le risorse finanziarie?

Quel tipo di riprese rispecchia l’idea che volevamo dare del passato di Rosa. Inquadrature e scenografie dovevano ricreare il senso di restrizione e claustrofobia dal quale lei vuole fuggire. Come registi indipendenti in noi c’è sempre la capacità di adattarsi alle circostanze ma in questo film non abbiamo necessariamente ragionato in questi termini.

Abbiamo deciso di rappresentare i luoghi della prima parte del film in modo claustrofobico per sentire di più il senso di libertà quando la narrazione si apre verso l’esterno.

Il cast del film di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

Secondo me uno dei punti vincenti del film è la diversità di umori che nasce dall’aver amalgamato attori di diversa nazionalità. Accanto ad Alessandro Borghi nella parte di Santino ci sono Nadia Tereszkiewicz che fa Rosa e John C. Reilly nella parte di Buffalo Bill. Con che criterio li avete scelti?

Abbiamo pensato ad Alessandro Borghi per il ruolo di Santino fin dall’inizio. Lui è entrato nel film in una fase molto iniziale, diversi anni fa, ed è stato fondamentale per noi, perché ci ha dato le basi per costruire il film anche dal punto di vista produttivo. Oltretutto Alessandro è entrato con molto entusiasmo anche dal punto di vista creativo portando moltissime idee. Questa è una cosa che ci piace molto perché nel passaggio dalla scrittura alla realtà le persone o le cose che accadano ti aiutano a migliorare ciò che avevi previsto.

Anche per il personaggio di Rosa siamo stati molto fortunati a incontrare Nadia perché lei è riuscita a dare una profondità e sensibilità speciale al personaggio. È una grandissima attrice e, appena l’abbiamo conosciuta, abbiamo capito che solo lei poteva essere Rosa.

Abbiamo lavorato in modo simile anche con John C. Reilly, insieme abbiamo molto approfondito il tono del suo personaggio, il modo che ha di parlare e riscritto molti dialoghi.

Trattandosi di attori che recitavano in lingue diverse o a volte addirittura con scene tra attori e interpreti non professionisti abbiamo lavorato molto sul tono, cercando qualche volta di amalgamarli, altre di farne sentirne le differenze.

Parliamo del cinema che vi piace.

Abbiamo parlato molto dei film di Monte Hellman. Ci siamo soffermati su McCabe & Mrs. Miller di Robert Altman così come su Bonnie & Clyde di Arthur Penn, tutti appartenenti al cinema americano degli anni settanta che noi amiamo molto. Noi due ci scambiamo molte reference cinematografiche per capire poi che direzione vogliamo intraprendere.

Lo abbiamo fatto anche assieme al direttore della fotografia Simone D’Arcangelo e  anche con Vittorio Giampietro autore delle musiche del film. Con loro abbiamo un lunghissimo percorso di collaborazione, abbiamo fatto molti film e siamo cresciuti insieme. Simone partecipa spesso alle nostre riunioni sulla sceneggiatura, cosi sviluppiamo il discorso sulla fotografia per molto tempo, confrontandoci sulla messa in scena e sull’immagine.

Con Vittorio il lavoro è simile. Fin dall’inizio volevamo che il film avesse la forma di una ballata. Le sue canzoni, scritte appositamente, sono cantate dai personaggi e diventano parte integrante del racconto.

Testa o Croce?

  • Anno: 2025
  • Durata: 116'
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Genere: Western
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis
  • Data di uscita: 02-October-2025