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Valdarno film festival

‘Confini, canti’, Simone Massi e la poesia che attraversa le frontiere

Ogni fotogramma è un’incisione, un canto lieve e tagliente insieme.

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Confini, canti è stato presentato al Valdarno Film Festival, confermando la voce unica di un autore che continua a scolpire il movimento nella memoria.

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Artista marchigiano, Simone Massi ha costruito negli anni un linguaggio visivo riconoscibile e inconfondibile. La sua tecnica del “graffito” su carta — pastelli a olio stesi, poi incisi e scavati fino a far emergere la luce dal buio — diventa qui strumento di riflessione sul confine, sulla soglia che separa e unisce, ferisce e ricompone. In Confini, canti, Simone Massi assume i ruoli di regista, sceneggiatore e direttore della fotografia. È un’opera interamente sua, plasmata con una coerenza artigianale che si sente in ogni passaggio.

Confini, canti

Confini, canti: parlare senza farlo

Il cortometraggio, della durata di circa dieci minuti, ci porta nella piazza Transalpina di Gorizia, luogo di frontiera tra Italia e Slovenia, simbolo di divisioni storiche e, insieme, di un’ostinata ricerca di unità. Non c’è una trama nel senso tradizionale del termine: la narrazione è suggerita, filtrata attraverso le stratificazioni del segno e del suono. I volti, i paesaggi, i gesti appena accennati sembrano emergere dal nulla e subito dissolversi, come se la memoria stessa fosse un atto di resistenza contro l’oblio. Il confine, fisico e simbolico, diventa spazio di passaggio, soglia incerta tra ciò che resta e ciò che sfuma.

La forza di Confini, canti sta proprio in questo continuo oscillare tra presenza e assenza. Massi lavora sulle soglie del visibile, scava nei chiaroscuri, alterna densità e vuoto, e fa del silenzio un linguaggio. La musica e il suono, firmati da Stefano Sasso e Loris Cericola, non accompagnano semplicemente le immagini, ma ne diventano eco e contrappunto, restituendo al canto la sua funzione originaria: unire dove le parole separano.

Confini, canti

Una progetto innovativo

Chi si aspetta una struttura narrativa chiara o una morale esplicita potrebbe trovarla austera, quasi ermetica. Eppure proprio in questa reticenza risiede la sua potenza. Confini, canti parla al margine delle cose, nel linguaggio dei segni e delle cancellature, e invita lo spettatore a diventare parte attiva del processo visivo, a ricostruire da sé ciò che resta invisibile.

Il cortometraggio si nutre di materia visiva e simbolica: le superfici incise evocano paesaggi interiori, i tratti bianchi che emergono dal buio ricordano la fragilità della memoria e, insieme, la sua forza. Ogni fotogramma sembra scolpito nella coscienza collettiva di un’Europa che ancora oggi fatica a superare le proprie linee di confine.

Alla fine resta un’immagine sospesa: il canto che attraversa il limite, il confine che si scioglie, la voce che rinasce dal silenzio. E’ un’opera discreta e potente, un piccolo poema visivo sulla possibilità di ricomporre ciò che è stato diviso. Non parla soltanto di geografia, ma di identità, di memoria, di quel fragile bisogno umano di sentirsi parte di un tutto. E quando lo schermo si spegne, resta la sensazione che qualcosa, dentro, abbia davvero varcato una soglia.

Confini, canti

  • Anno: 2025
  • Durata: 10'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Simone Massi