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Euro Balkan Film Festival

Good Luck, Sara! Euro Balkan Film Festival

Una riflessione intensa sull’addio e sull’identità, in un giorno che segna la fine di un capitolo e l’inizio di un nuovo cammino

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All’inizio di Good Luck, Sara! ci troviamo già nei titoli di coda, non del film, ma della vita che Sara deve lasciare: un solo giorno per salutare tutto ciò che conta per lei a Sarajevo. Con questa premessa, il cortometraggio diretto da Isidora Ratković articola un viaggio emotivo intensissimo, e fin dalle prime sequenze cattura lo spettatore con empatia e sobrietà narrativa.
Questo film, che ha una durata di circa 21 minuti, è già stato proiettato in vari festival regionali — ad esempio al Pula Film Festival 2025.

Contesto e autrice

Prima di entrare nel merito, vale la pena delineare chi è Isidora Ratković. Originaria di Sarajevo, la regista ha studiato presso l’Accademia di Arti Performative nella sua città e si è fatta le ossa con corti studenteschi che ha scritto, diretto e montato lei stessa.
Good Luck, Sara! si inserisce in questo percorso di formazione come un lavoro maturo, che già evidenzia una “voce autoriale distintiva” — come lo ha definito il Bosnian-Herzegovinian Film Festival — capace di emergere in un panorama regionale affollato. Dal punto di vista strutturale, il film è inserito nella categoria “student film” in alcuni festival, ma non deve essere sottovalutato per questo: la qualità tecnica e la densità emotiva lo pongono a livello superiore.

Trama e struttura narrativa

La sinossi ufficiale è concisa, e rispecchia la natura minimalista della pellicola:

«Sara, a girl in her twenties, has one more day to say goodbye to everything that matters to her in Sarajevo.»

In sostanza, l’intera vicenda si concentra su un arco temporale ristretto: un giorno, durante il quale Sara attraversa spazi familiari, rivede persone o luoghi significativi, e affronta ricordi che in qualche modo la trattengono. Non c’è un grande colpo di scena, né una svolta spettacolare: la forza del corto è proprio nel suo riuscire a far emergere così tanto — emozioni, tensioni, rimpianti — entro una cornice narrativa essenziale.

Dal punto di vista temporale, l’opera segue un andamento lineare, intervallato da momenti di memoria, piccoli flashback o pause contemplative. Questo ritmo, non affrettato, consente allo spettatore di immergersi nei pensieri di Sara e riconoscersi nelle sue riflessioni, nei suoi silenzi.

Temi principali

1. Identità e legame con il luogo

Uno dei temi centrali del film è il rapporto con Sarajevo. Non si tratta solo del luogo fisico da cui Sara si allontana, ma della ricchezza di significati che esso porta con sé: famiglia, ricordi, conflitti, testimonianza. L’atto del separarsi assume allora una valenza doppia: da un lato la necessità di crescere e andare oltre, dall’altro il timore di perdere radici.
La città non è sfondo neutro, ma presenza viva: le strade, gli spazi domestici, gli scorci urbani diventano “luoghi dell’anima” che parlano di assenze e presenze.

2. Il tempo e l’urgenza

La scelta narrativa di racchiudere tutto in un solo giorno intensifica il senso di urgenza. Quando il tempo è limitato, ogni gesto, ogni incontro, ogni silenzio assume peso. Sara non ha la possibilità di procrastinare, e questo “ultimo giorno” si carica di densità emotiva.
Inoltre, il tempo è anche memoria: nel corso delle sue peregrinazioni, Sara richiama ricordi, frasi mai pronunciate, fantasmi del passato. In questo alternarsi di passato e presente il corto costruisce un continuum emotivo.

3. L’addio come rito interiore

Il film tratta l’addio non come un gesto conclusivo e netto, bensì come un percorso intimo, spesso frammentario. Sara non “parla” necessariamente con tutti, non sistematizza i suoi saluti in modo esplicito: lascia cadere frammenti di parole, sguardi, oggetti, gesti che parlano per lei. È questa imperfezione dell’addio che lo rende autentico.
Inoltre, non è detto che l’addio sia definitivo: ci sono porte che restano mezzo aperte, speranze che non si chiudono. Il corto non impone risposte, ma apre spazi di riflessione.

Regia, fotografia e stile visivo

Uno degli aspetti più convincenti del film è il suo registro visivo. Ratković adotta uno stile sobrio, privo di “effetti speciali” o virtuosismi visivi eccessivi, ma ricco di suggestione. Le inquadrature sono spesso fisse o lente, concedendo spazio al silenzio e all’osservazione. In certi momenti, si percepisce una tensione formale tra staticità e movimento, che riflette l’interiorità della protagonista.

L’illuminazione appare naturale, con luce diurna o crepuscolare, evitando artificiosità. Questa scelta rafforza il realismo e la prossimità: non c’è distanza tra Sara e lo spettatore. Il montaggio, curato dalla stessa Ratković insieme a Saša Peševski, alterna momenti più rapidi a pause contemplative, riuscendo a dosare tensione e respiro.

La fotografia di Alen Alilović (cinematografo accreditato) contribuisce con composizioni misurate, spesso con uso di lunghe profondità o campi medi che includono ambienti domestici, strade urbane e scorci cittadini. Interpretazioni e recitazione

Nonostante il film sia principalmente incentrato sull’indagine interiore di Sara, emergono momenti in cui altre presenze — reali o evocate — si affacciano nella sua mente. Le interpretazioni attoriali sono essenziali e minimali: non c’è “pathos recitato”, ma introspezione. Questo è coerente con lo spirito del corto, che evita l’eloquenza forzata.

In particolare, si avverte la cura nella scelta del volto di Sara e nella gestione dei silenzi, che diventano talvolta più eloquenti dei dialoghi. Non avendo a disposizione un cast corale denso (il protagonista è davvero Sara), l’attenzione è concentrata proprio sui suoi momenti di solitudine, su come si muove, guarda, respira.

Punti di forza

  1. Economia narrativa
    Non c’è nulla di superfluo nel film: ogni sequenza, ogni inquadratura ha una funzione emotiva o simbolica. In soli 21 minuti, viene evocato un mondo interiore complesso.

  2. Autenticità emotiva
    Le emozioni non vengono imposte, ma suggerite: il rimpianto, la nostalgia, la tensione del distacco si insinuano in gesti, silenzi, spazi.

  3. Coerenza stilistica
    Lo stile visivo, la fotografia, il montaggio dialogano in modo armonico con la tematica. Non ci sono “forzature”, ma un equilibrio che sostiene il tema senza distrazioni.

  4. Risonanza universale con contesto regionale
    Pur radicato in Sarajevo e nella realtà balcanica, l’esperienza di dover dire addio a ciò che amiamo è universale. Chiunque abbia affrontato un cambiamento — trasferimento, rottura, perdita — potrà riconoscersi in Sara.

Alcune riserve e limiti

  1. Velatura di ambiguità
    Talvolta la brevità del mezzo può lasciare la sensazione che certi legami — con altre persone, con il passato — restino troppo impliciti. Lo spettatore deve colmare spazi non detti, il che può essere ricco, ma anche frustrante per chi cerca un racconto più “esplicito”.

  2. Rischio di sovraccarico emotivo
    In certi momenti, la concentrazione continua su Sara rischia di appesantire la visione per lo spettatore. Senza momenti di “respiro più leggero”, l’intensità può diventare faticosa.

  3. Dipendenza dallo sguardo dello spettatore
    Il corto chiede una certa “voglia” di investire emotivamente: chi si avvicina con distacco o aspettative da cinema “forte” potrebbe restare fuori dalla profondità che offre.

Significato per il pubblico dell’EuroBalkan

All’EuroBalkan, Good Luck, Sara! può ricoprire un ruolo significativo. Il festival, che celebra il cinema dell’area balcanica ed euro-mediterranea, trova in questo corto un ponte tra dimensione locale e tematizzazione universale.
Da un lato, il film parla del contesto post-bellico e delle ferite d’identità che ancora segnano città come Sarajevo. Dall’altro, affronta il tema della migrazione emotiva: partire non è solo un atto geografico ma psichico, e spesso è un “fare i conti” con affetti, assenze e nostalgie.

Per il pubblico balcanico, molti scorci e microsegni avranno un’eco particolare (nomi di luoghi, spazi familiari, relazioni, memoria collettiva). Ma anche chi proviene da altri contesti potrà riconoscere la fragilità umana del distacco. In questo senso, il corto contribuisce a un dialogo culturale: non dice “guardate Sarajevo”, ma chiede “riconoscete anche dentro di voi il dolore e la speranza del lasciare”.

Impatto emotivo e riflessioni finali

Dopo la visione, resta una sensazione di silenzio. Non si esce “arricchiti” nel senso superficiale, ma si è toccati: il corto accompagna lo spettatore in un esercizio emotivo delicato, una meditazione sul dire addio.

Good Luck, Sara! non offre risposte definitive. Non pretende di chiudere ferite, ma di renderle visibili. E questo è il merito più grande di un’opera breve ma intensa: restituire dignità ai silenzi, ai ricordi, agli spazi che non si possono lasciare del tutto.

Se posso, un augurio per la presentazione all’EuroBalkan: che il pubblico percepisca — oltre al “racconto bosniaco” — la dimensione umana che il corto sa evocare, e che la voce di Isidora Ratković arrivi forte, limpida e riconosciuta.

  • Anno: 2024
  • Durata: 21 minuti
  • Genere: Cortometraggio - Drammatico
  • Nazionalita: Bosnia - Erzegovina
  • Regia: Isidora Ratković