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In Sala

Un ragionevole dubbio

Un film per il quale non è bene fermarsi alle apparenze, che potrebbero sembrare deludenti, e che va letto più come una commedia d’introspezione, che come un thriller

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Anno: 2014

Distribuzione:  Adler Entertainment

Durata: 90′

Genere:  Poliziesco, Thriller

Nazionalità: Germania, Canada

Regia:  Peter Howitt 

Data di uscita: 6 Marzo 2014

La vicenda del film, che si presenta come apparentemente semplice, nasconde in realtà significati complessi. La scelta della professione del protagonista, che è avvocato e procuratore, evidenzia e potenzia la presentazione d’importanti problemi etici e morali. “Un ragionevole dubbio” è proprio uno dei termini legali che identifica la possibilità d’innocenza di un imputato. La storia può essere letta su più piani oltre a quello della mera vicenda. Il tema dominante è l’inquietudine di un uomo arrivato che vuole conservare la sua posizione e i suoi privilegi e nel contempo si trova di fronte a una scelta etica. L’identificazione dello spettatore col protagonista è immediata, soprattutto dato il tema molto scottante e attuale dell’individualismo imperante di fronte  al dramma. Che cosa fare se inavvertitamente compiamo un omicidio stradale? Quanti in coscienza affronterebbero le proprie responsabilità?

Mitch Brockden (Dominic Cooper), il protagonista è uno di noi, con i suoi dubbi, la sua pochezza e la sua inquietudine. Ma soprattutto egli ci somiglia nella posizione ambigua e polivalente che si nasconde nelle pieghe della coscienza. In una situazione drammatica, nella quale fossimo coinvolti in prima persona, come ci comporteremmo? Soprattutto se questa scelta potesse cambiare tutta la nostra vita?

La storia racconta la vicenda del nostro protagonista che, ubriaco, di ritorno da una serata con gli amici, investe incidentalmente un pedone.  Inizia il dramma della vigliaccheria: Mitch, il procuratore e padre modello non accetta la sua colpa e mette subito in atto una serie di strategie; per non utilizzare il suo cellulare, chiama l’ambulanza da un telefono pubblico e abbandona il poveretto ai margini della strada. Nessuno sembra, all’inizio essere a conoscenza della verità, ma inizia il tormento della coscienza. L’intreccio successivo, in effetti, un po’ forzato, mette il protagonista come avvocato di fronte proprio all’uomo, Clinton Davis (Samuel L. Jackson), che è stato accusato di aver ucciso quel pedone. Come si comporterà Mitch? Dirà la verità o farà accusare un altro al posto suo?  Il metatema del film è quello dell’uomo pirandelliano che si pone in posizione di dubbio di fronte a se stesso e la propria identità. Una vicenda umana che s’incentra sull’inadeguatezza dell’uomo di fronte alla realtà continuamente variabile e alla quale non sa far fronte. La dicotomia è evidente: c’è un possibile colpevole che la giustizia mette in prigione e chi sa o crede di essere colpevole. All’interno di questi semplici fatti entra il dubbio. In che misura il colpevole e l’innocente lo sono davvero? Forse qualcuno comincia a sospettare la verità. Nel vortice degli accadimenti è sempre più difficile capire qual’è la realtà. Il film, non si caratterizza per momenti di tensione eccessiva, ma linguisticamente l’opera è interessante per come il regista decide di arrivare al culmine di ogni scena per poi cambiare scenario e sovvertire con un classico coup de Theatre, il punto di vista.

Un film per il quale non è bene fermarsi alle apparenze, che potrebbero sembrare deludenti, e che va letto più come una commedia d’introspezione, che come un thriller.

Alessandra Cesselon

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