La sezione Orizzonti è una competizione secondaria della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, la cui struttura ricalca quella del concorso principale in cui i pezzi grossi si danno battaglia per il Leone d’Oro. Sul fronte premi, l’unica divergenza è rappresentata della mancanza di un terzo posto; oltre al riconoscimento più importante, denominato Premio Orizzonti, viene infatti assegnato solamente un ulteriore Premio speciale della Giuria.
In virtù del fatto che i film selezionati coincidono con progetti indirizzati a un pubblico più attento alle correnti sotterranee del cinema internazionale, che portano il nome di registi esordienti o meno affermati, può essere difficile orientarsi nel programma. Per questo motivo oggi ci addentreremo nei meandri della sezione Orizzonti, approfondendo il discorso relativamente ai titoli che offrono abbastanza spunti per meritare di essere considerati priorità durante la manifestazione.
Se è infatti vero che in un contesto competitivo minore non troveremo i titoli di punta la cui anticipazione ci tiene svegli la notte, crogiolarsi in un panorama cinematografico all’insegna della scoperta è un’alternativa altrettanto rinvigorente, che arricchisce le possibilità offerte da un festival prestigioso come Venezia.
Anche quest’anno ci viene proposto un totale di 19 titoli, la cui qualità può essere testimoniata dal fatto che stiamo per analizzarne ben 12!
Il Film di Apertura: Mother

Torna a Venezia Teona Strugar Mitevska, regista macedone di L’uomo più felice del mondo, con il ritratto non convenzionale di Madre Teresa di Calcutta (anzi, tutt’altro che convenzionale, come ci tiene a specificare con enfasi il direttore artistico Alberto Barbera nel corso della conferenza stampa).
Il risultato finale è frutto di quindici anni di ricerca, mirati a restituire la verità su un importante personaggio storico non privo di contraddizioni, che qui ci viene raccontato attraverso un breve periodo della sua vita. Un approccio che abbiamo imparato ad apprezzare grazie ai biopic di Pablo Larrain, capaci di donare profondità a figure ingombranti che pensavamo di conoscere in ogni loro sfaccettatura.
Il film inizia a Calcutta nel 1948, anno in cui Madre Teresa deve designare un successore prima di partire per il convento. La sua unica scelta possibile, Suor Agnieszka, confessa di dover rifiutare l’offerta poiché incinta. Agnieszka desidera abortire, e costringerà Madre Teresa a un pesante dilemma chiedendole aiuto.
Komedie Elahi (Divine Comedy) di Ali Asgari

È la volta di un regista iraniano che ha sviluppato forti connessioni con il mondo occidentale, avendo condotto l’ultima parte dei suoi studi in Italia per poi collaborare con il connazionale Alireza Khatami, residente in Canada, su Kafka a Teheran, un’antologia di vignette taglienti che compone un mosaico infelice della società iraniana.
Dopo un’anteprima mondiale a Cannes 2023, Ali Asgari fa ritorno a Venezia per riflettere su cosa significa essere cineasti nel suo paese, tra censure e minacce, senza rinunciare all’ironia che contraddistingue la sua voce.
In Divine Comedy, Bahram è un regista quarantenne i cui film non hanno mai ricevuto il permesso per essere proiettati in Iran. Dopo l’ennesimo rifiuto da parte del Ministero della Cultura, decide di lanciarsi in una sfida: accompagnato in Vespa da Sadaf, la sua produttrice dalla lingua tagliente, intraprende una missione clandestina per presentare finalmente il film al pubblico iraniano, eludendo la censura, l’assurda burocrazia del paese e i suoi stessi dubbi.
Rose of Nevada di Mark Jenkin
George Mackay e Callum Turner sono i protagonisti di questo peculiare film di fantascienza ambientato in un remoto villaggio di pescatori, dove una nave fa ritorno dopo 30 anni dalla sua dispersione in mare.Per alcuni abitanti è un segno; la “Rose of Nevada” dovrà salpare nuovamente, solo così tornerà la fortuna nel loro villaggio ormai in rovina. Il viaggio sembra andare per il meglio, fino a che l’equipaggio non si accorge di essere tornato indietro nel tempo.
Chi è familiare ai precedenti lavori di Mark Jenkin, cineasta britannico al suo terzo lungometraggio, sa che i territori dell’esilio e del mare sono il suo rodato campo di battaglia, e che ci aspettano espedienti registici audaci e fuorvianti (realisticamente accompagnati da una virtuosa fotografia in pellicola 16mm). Il suo precedente film, Enys Men, è stato presentato alla Director’s Fortnight di Cannes 2022.
“Rose of Nevada coniuga l’approccio cinematografico unico di Mark con una narrazione avvincente e interpretazioni straordinarie, creando un effetto ipnotico.” – Farhana Bhula, direzione creativa di Film4
Late Fame di Kent Jones
L’inclusione di Late Fame rappresenta sicuramente una delle grandi sorprese regalateci dalla conferenza stampa che ha annunciato il programma. Il secondo lungometraggio fittizio di Kent Jones, conosciuto per la prolifica produzione documentaristica in collaborazione con Martin Scorsese, vanta un cast d’eccezione in cui svettano Greta Lee (Past Lives) e Willem Dafoe, presente in ben due film di questa competizione.
La storia racconta di Ed Saxberger, un ex-poeta la cui opera viene riscoperta da un gruppo di giovani artisti newyorkesi, catapultandolo nuovamente nella fama. Tra di loro c’è anche Gloria, una talentuosa e lunatica attrice di teatro, che si impone di entrare nelle grazie di Saxberger.
“Perfidamente ironico e inaspettatamente toccante, Late Fame è una storia sull’effetto illusorio della lode sull’anima e sulla persistente presenza spettrale del passato, sia esso immaginato o ricordato vividamente.” – Mk2 Film
Human Resource di Nawapol Thamrongrattanarit
Alberto Barbera ha definito il primo approdo veneziano di Nawapol Thamrongrattanic come un film di grande rigore stilistico e formale, i cui contenuti di critica al capitalismo più feroce non sono da meno. Il regista, di origine thailandese, ha sviluppato il suo primo progetto grazie al programma Biennale College Cinema, prima di venire indirizzato su progetti più commerciali in patria.
A livello di trama sappiamo solamente che Human Resource è un drama che esplora la condizione umana nel mezzo di un drastico crollo globale nelle nascite, ma il background prolifico di una delle più entusiasmanti voci contemporanee del cinema internazionale dovrebbe far drizzare le antenne a tutti i cinefili che hanno in programma di presenziare al Lido.
Nell’attesa, potete recuperare il suo Fast and Feel Love comodamente su Netflix.
Otec (Father) di Tereza Nvotova
Durante la conferenza stampa, Alberto Barbera si è rifiutato di parlare della trama di questo film, avvertendoci che sarebbe meglio approcciare la drammatica vicenda alla base del progetto completamente privi di contesto, così da potersi sorprendere al meglio davanti alle sue derive narrative. Una premessa simile sarebbe capace da sola di incuriosire chiunque, ma ci sono anche altri motivi per cui conviene non sottovalutare Father.
Tereza Nvotova ha trionfato a Locarno nel 2022, aggiudicandosi il Pardo d’Oro con l’horror Nightsiren, ma soprattutto sappiamo che lo scorso anno ha ricevuto per questo film il riconoscimento “miglior work in progress” al Mercato Internazionale Audiovisivo (MIA) di Roma.
I film italiani in concorso Orizzonti

Carolina Cavalli si riunisce a Benedetta Porcaroli dopo il successo di Amanda, esordio che successivamente alla sua anteprima di Venezia 2022 si è conquistato per merito una distribuzione internazionale, un raro traguardo per il cinema indipendente italiano. Nel suo curriculum spiccano anche l’esilarante cortometraggio “Mi hanno sputato nel Milkshake”, che trovate su RaiPlay, e la sceneggiatura del film Fremont.
Il Rapimento di Arabella racconta di Holly, una ragazza convinta di non essere la versione giusta di sé stessa. Quando incontra una bambina di nome Arabella, in cui rivede una sua versione più giovane, decide di scappare di casa portandola con sé, nel tentativo di riavvolgere il tempo; nel cast anche Chris Pine.
Relegato alla sezione Orizzonti anche Un Anno di Scuola di Laura Samani, che molti si aspettavano venisse annunciato nella competizione principale. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Giani Stuparich, ma ne trasla gli avvenimenti ai giorni nostri. La storia racconta di come l’arrivo di una nuova ragazza svedese porti scompiglio in un una classe di soli maschi, tra desiderio e amicizia.
Laura Samani si è costruita un nome debuttando alla Semaine de la Critique di Cannes 2021 con il suo Piccolo Corpo, molto apprezzato a livello internazionale.
Buona la prima: i debutti della sezione Orizzonti
Nonostante i tentativi di stabilire preventivamente gli eventuali meriti di un film, talvolta è bello lasciarsi sorprendere dalla prospettiva inattesa di una cinepresa alle prime armi.
Qui di seguito parliamo quindi dei debutti selezionati quest’anno per Orizzonti, focalizzandoci sui titoli che richiamano la maggiore attenzione unicamente sulla base della trama e delle referenze strettamente biografiche del proprio regista.
Pin de Fartie di Alejo Moguillansky
Vi ricordate Trenque Lauquen? Mi riferisco al film argentino che è stato eletto da Cahiers du Cinema, probabilmente la rivista di cinema più influente al mondo, come miglior film del 2023, e che è talmente lungo da essere stato mostrato a Venezia in due parti separate. Ecco, la regista in quel caso era Laura Citarella, e fa parte dello stesso collettivo argentino di artisti indipendenti di cui è un esponente anche il regista del prossimo film.
Alejo Moguillansky gioca con il titolo di Fin de Partie, testo teatrale di Samuel Beckett, di cui propone una rielaboazione triplice con questo esordio.
Grand Ciel di Akihiro Hata
Nonostante si tratti di un’opera prima, Grand Ciel suscita facilmente interesse grazie al commento di Alberto Barbera, che lo ha descritto come una peculiare combinazione di elementi di denuncia sociale e cinema di fantascienza.
La trama ruota attorno a Vincent, operaio notturno nel gigante sito di costruzione di un futuristico distretto urbano. Quando un collega scompare nel nulla, Vincent inizia a tracciare collegamenti con le misteriose allucinazioni che si verificano nel cantiere.
Akihiro Hata è nato in Giappone, ma si è diplomato in una scuola di cinema parigina e si è da allora affidato al supporto produttivo francese, facendosi notare con i suoi mediometraggi. È quasi sempre un buon segno la presenza di un cast di spessore in un progetto emergente di basso profilo; qui troviamo l’attore Damien Bonnard, doppiamente candidato in patria ai premi César.
Barrio Triste di Stillz
L’unico dato a nostra disposizione su Barrio Triste è il curriculum del suo regista, un rinomato fotografo americano di origine colombiana, noto in particolare per i suoi videoclip musicali innovativi. Alberto Barbera ha anche tracciato una connessione tra questo debutto e l’eredità dell’approccio creativo di Harmony Korine, regista degli assurdi Aggro Dr1ft e Baby Invasion.
Nel film appare anche Bad Bunny.
Funeral Casino Blues di Roderick Warich
Esordio alla regia per uno sceneggiatore con all’attivo due meteore del recente panorama festivaliero: The Trouble wth Being Born e La Teoria del Tutto, quest’ultimo un virtuoso esperimento in bianco e nero dalle tinte Hitchcockiane, presentato a Venezia nel 2023.
Ambientato a Bangkok, siamo in presenza di un melò sentimentale che omaggia i film sui fantasmi e la fascinazione per i sosia della tradizione orientale, con l’aggiunta di una componente socio-politica.
Il film dura 153 minuti, il più lungo di questa selezione.