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Italian Film Festival Berlin

‘La città proibita’, il kung fu movie di Mainetti

Uno spaghetti kung fu movie che frulla insieme cinema di arti marziali e commedia italiana. Tra grande tecnica e qualche problema di scrittura.

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gabriele mainetti la città proibita

In programma all’Italian Film Festival Berlin, La città proibita di Gabriele Mainetti prosegue il percorso del regista di Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out nella rifondazione del cinema di genere italiano. Un film che unisce il racconto di una Roma criminale all’estetica delle arti marziali, trasformando l’ibridazione dei linguaggi in una sfida culturale e produttiva al nostro immaginario collettivo.

‘La città proibita’: trama

Mei (Yaxi Liu) arriva clandestinamente in Italia per cercare la sorella, finita in un giro di prostituzione gestito da Mr. Wang (Chunyu Shanshan). Dopo essersi fatta strada tra le fila dell’organizzazione a colpi di kung fu scopre che sua sorella aveva una relazione con Alfredo (Luca Zingaretti), il proprietario di una trattoria locale. Anche Alfredo però è sparito e l’unico che potrebbe aiutarla a trovarlo è suo figlio, Marcello (Enrico Borello), ritrovatosi suo malgrado a mandare avanti il ristorante di famiglia con la madre Lorena (Sabrina Ferilli) e con Annibale (Marco Giallini), il socio di suo padre.

Storia di due anime

C’è una scena, all’inizio de La città proibita, in cui Mei, dopo aver sgominato un gruppo di scagnozzi nei sotterranei del ristorante di Mr. Wang, esce in strada. Solo in quel momento, quando si immette nel vociare del traffico, scopriamo che si trova a Roma. Un passaggio, quello da una scena di combattimento dal respiro internazionale al contesto tutto nostrano della quotidianità capitolina, che Mainetti mette all’inizio del suo film come chiara dichiarazione di intenti. Esplicita sintesi di un’opera dove le arti marziali, i film di Hong Kong e l’action irrompono prepotentemente nel nostro cinema, nei suoi spazi e nelle sue dinamiche.

Il genere prima di tutto

Un tentativo di ibridazione certamente non nuovo per Gabriele Mainetti, cocciutamente determinato, nonostante un sistema chiuso e poco coraggioso come quello produttivo italiano, a inseguire il sogno di un cinema bigger than life. Dopo aver portato i film di supereroi nella periferia romana con Lo chiamavano Jeeg Robot, facendo credere (almeno per un po’) che anche nel nostro Paese un altro cinema fosse possibile, e dopo il tentativo (solo in parte riuscito) di fare il kolossal all’ombra del Colosseo con Freaks Out ecco allora il regista romano tornare al genere fondendo questa volta assieme la suburra romana con Bruce Lee e il cinema di Hong Kong.

La città proibita

La città proibita

Con gli occhi e il cuore del cinefilo appassionato Mainetti confeziona così uno spaghetti kung fu movie che da una parte guarda a L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente, Kill Bill, The Raid e John Wick (ma anche a titoli meno noti come Chocolate e The Villainess) e dall’altra a un contesto locale e famigliare divenuto ormai cifra autoriale. Il risultato è un film che, servendosi di maestranze internazionali quali Liang Yang, fight coordinator di franchise come 007 e Mission Impossible, e di artisti marziali come la stessa Yaxi Liu (già controfigura per Mulan), dà prova, assieme al suo autore, di saper gestire alla perfezione anche le scene d’azione più complesse, dando vita a qualcosa di mai visto a queste latitudini.

Problemi di sintesi

Ma se la parte action funziona, dimostrandosi al livello delle migliori produzioni internazionali, a fare de La città proibita un film imperfetto è proprio la sua incapacità di gestire al meglio le sue due anime. Di fare, cioè, dei suoi due immaginari, delle sue due storie e dei suoi due protagonisti una cosa sola. Quello che ne esce è così un’opera che dà spesso l’impressione di avere a che fare con due film che scorrono su binari paralleli, a volte incontrandosi (più o meno forzatamente, come nella storia d’amore), altre andando ognuno per la propria strada (i due epiloghi quasi autonomi, uniti poi in un ulteriore finale dal sapore posticcio).

Un problema di scrittura evidente cui avrebbe giovato una maggiore capacità di sintesi ma che non annulla comunque la portata – produttiva, emozionale, tecnica – del film. Un revenge movie visivamente affascinante e coinvolgente, esaltante e divertente, che non può che rappresentare un nuovo, importante tassello nel percorso di un regista innamorato del genere in ogni sua forma e declinazione.

La città proibita

  • Anno: 2025
  • Durata: 138'
  • Distribuzione: PiperFilm
  • Genere: Azione, commedia, drammatico, sentimentale
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Gabriele Mainetti
  • Data di uscita: 09-July-2025