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In Sala

Robocop

“Robocop” è un film che manca il proprio bersaglio perché in realtà non sa qual è, non sa come porsi tra le esigenze del regista e quelle della produzione deludendo in buona parte quelle del pubblico: a Padilha manca la sintesi narrativa, il ritmo e la secchezza di tocco di Verhoeven

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robocop

Anno: 2014

Distribuzione: Warner Bros

Durata: 118′

Genere: Azione, Fantascienza, Fantastico

Nazionalità: USA

Regia: José Padilha 

Data di uscita: 

Se in cima al botteghino italiano c’è Belle e Sébastien, che sfrutta l’onda nostalgica dei cartoni animati giapponesi degli anni ’80, non c’è da stupirsi che qualcuno abbia pensato di rifare Robocop, poliziesco fantascientifico di Paul Verhoeven del 1987. Il temerario è José Padilha, noto per aver diretto il dittico brasiliano di Tropa de élite e presto passato alle fila hollywoodiane.

La trama è in tutto e per tutto simile all’originale: un poliziotto coinvolto in un attentato mentre indagava su colleghi corrotti è in fin di vita. Gli viene in soccorso una multinazionale che gli costruisce intorno uno scheletro cibernetico che lo rende un superuomo dell’ordine. Scritto da Nick Schenk, James Vanderbilt e Joshua Zetumer, Robocop è un poliziesco d’azione che più che alla sottile ironia di Veroheven guarda alla frenesia di Greengrass e ai suoi risvolti seri e politici.

Infatti, il cuore dell’operazione è rendere espliciti i gangli politici, economici e morali del film di 25 anni fa, che covavano sotto la brace di un film poliziesco duro e violento; qui il regista brasiliano  rende tutto evidente, dalla riflessione sull’arrivismo delle avanguardie capitaliste americane al militarismo della società a stelle e strisce, dal limite sottile tra uomo e macchina in una società iper-tecnologica e iper-connessa alla definizione su cosa sia un uomo e cosa ne definisca l’umanità. Di sicuro molta più sostanza di quanta il cinema hollywoodiano contemporaneo faccia sentire al pubblico; eppure, tutta questa voglia di rendere esplicito il discorso lo rende anche più gretto, meno affascinante. Tanto che Padilha, da metà film in poi, deve dimenticarsi tutto e lasciarsi andare alla violenza, all’azione, alle sparatorie.

Robocop è un film che manca il proprio bersaglio perché in realtà non sa qual è, non sa come porsi tra le esigenze del regista e quelle della produzione deludendo in buona parte quelle del pubblico: a Padilha manca la sintesi narrativa, il ritmo e la secchezza di tocco di Verhoeven e la sostituisce con le intenzioni concettuali e i milioni della produzione. Ma il film pare sbagliato fin dal cast. È anche in queste cadute di stile, in queste scelte basilari eppure clamorosamente errate che si dipinge la crisi di un’industria, a cui solo la nostalgia e il ricordo possono dare una mano.

Emanule Rauco

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