«È stata un’edizione molto partecipata da parte del pubblico e, ancora di più, da parte degli autori. Avere la quasi totalità di loro presenti è stato non solo un privilegio ma una forma interessante di confronto». A dirlo è Matteo Pianezzi, classe 1987. Attore, regista, direttore artistico. Figura poliedrica del cinema italiano, oggi considerato uno dei profili più interessanti nel panorama dei festival. Da quindici anni, infatti, è al timone del Figari International Short Film Fest, la kermesse sarda, da lui ideata e diretta, dedicata al cortometraggio. Non solo una vetrina per nuovi film, ma spazio d’incontro, ricerca e formazione, capace di attrarre ogni anno centinaia di professionisti del settore e spettatori. In un momento storico in cui i festival faticano a rinnovarsi, il Figari International Short Film Fest si è imposto come un laboratorio d’avanguardia, in costante crescita, capace di coniugare scouting, industria e identità territoriale.
Quali sono i risultati e com’è andata quest’ultima edizione?
Quella di quest’anno è stata senza dubbio un’ottima edizione, molto partecipata, stancante come tutte le edizioni di un festival, ma molto soddisfacente dal punto di vista dei risultati. Il che è stato anche un po’ inaspettato perché fino all’ultimo abbiamo avuto paura di non riuscire a fare questa edizione, visto che la situazione generale in Italia, anche con lo scioglimento della Commissione Cultura del MIC, non ci metteva in condizione di stare tranquilli perché più gli eventi crescono, più il rischio di non riuscire a farli diventa alto. Ma poi, grazie al sostegno del comune Golfo Aranci della Regione Sardegna, abbiamo trovato la forza per poterlo realizzare al meglio. Mi piace buttarmi a capofitto nelle cose e non nego di essere talvolta anche un po’ incosciente.

Parlando di sostenibilità economica, come si finanzia oggi un festival come il vostro e quali sono le sfide principali sul fronte delle partnership, sia pubbliche che private?
Gli eventi culturali sempre più spesso, soprattutto se gratuiti e con un’offerta ampia, non sono auto-sostenibili e quindi devono poter godere di finanziamento pubblico. Questo comporta che ogni finanziamento sia a discrezione della situazione politica attuale; quindi ogni cambio di legislatura, che sia comunale, regionale o nazionale, porta inevitabilmente a dei cambiamenti. Noi per fortuna siamo abbastanza stabili perché riusciamo a lavorare bene con tutti. Il problema principale, e qui rispondo alla tua domanda, è che la vera questione riguarda la tempistica burocratica, ovvero la lentezza con cui vengono pubblicati i bandi e quindi forniti i risultati. A complicare la situazione si aggiunge la programmazione, perché se ci fosse un bando non dico quinquennale ma triennale, un direttore potrebbe programmare con maggiore facilità e serenità le attività. Invece, nella situazione attuale, devi fare tutto di volta in volta, anno per anno, non sapendo fino a dove potrai spingerti. Non sai nemmeno se potrai confermare o meno un’attività, tagliare o creare occupazione, che poi alla fine gli eventi fanno anche questo. E quindi i partner privati aiutano ad abbattere i costi. Fare un festival è una sfida che diventa di anno in anno più complicata, e quando decidi di farlo è proprio per l’amore incondizionato che metti nel tuo progetto. Da sempre porto avanti l’idea iniziale di questo festival, ovvero quella di costruire un ufficio a cielo aperto per i giovani produttori e i giovani registi. Un posto dove, in un contesto favorevole da un punto di vista naturalistico, vieni a trascorrere del tempo con persone utili per il tuo progetto.
L’industria audiovisiva italiana sta vivendo un momento di trasformazione. In che modo un Festival come il Figari International Short Film Fest può diventare strategico per le nuove generazioni di talenti?
Un Festival come questo, e come tanti altri, è strategico perché ti fa posizionare con un lavoro di lobbying politica. Ti faccio un esempio. Noi abbiamo fatto una riunione tra associazione, distributori e produttori per capire in che maniera la Rai poteva e sta modificando le modalità di acquisto dei prodotti audiovisivi e quindi capire meglio cosa proporle e in che maniera rendersi più appetibili sul mercato. Inoltre, noi siamo gli unici in Italia ad avere una partnership con France Television. Abbiamo anche un focus con la Spagna, con l’obiettivo di trovare una modalità per favorire la coproduzione dei corti a livello internazionale. Noi facciamo questo, e interagendo con i responsabili delle maggiori associazioni di categoria – che poi sono quelli che vanno a sedersi sui tavoli istituzionali e portano avanti delle istanze – permettiamo a un giovane regista così come a un giovane produttore di mettersi in contatto e a confronto con realtà più sviluppate e creare una rete di contatti. Si entra in un mondo lavorativo differente e si conoscono competitor e futuri partner. I feedback che ci arrivano sono estremamente positivi.

Mauro Addis e Matteo Pianezzi
Quali sono le novità sul mercato?
Se parliamo di quello italiano, le novità sul mercato sono molto legate al nuovo decreto del tax, quindi si ragiona molto sulla sala e sulla tipologia di società che deve distribuire le opere cinematografiche. Quest’anno abbiamo consolidato ancora di più la nostra partnership con WeShort, una piattaforma che dovrebbe soddisfare tutti i requisiti relativi all’accessibilità del tax credit. Abbiamo anche messo in contatto registi, produttori e distributori con le piattaforme attraverso appuntamenti, in modo da avere così dei canali diretti per proporre i propri lavori e mettersi in condizione di essere candidabili a ottenere gli aiuti da parte dello Stato.
A livello di contenuti, quali tendenze ha notato quest’anno nei corti selezionati. Ci sono tematiche o linguaggi ricorrenti che l’hanno colpita particolarmente?
Sicuramente il mondo social viene descritto molto più facilmente rispetto a dieci anni fa, e si sta iniziando a rendere il mondo dell’intelligenza artificiale e dell’ingerenza che essa ha nella vita di tutti i giorni. Però quello che noi cerchiamo sempre è l’opera in cui il regista osa. Che poi è anche il consiglio che do quando facciamo laboratorio o masterclass. È necessario osare tanto e rischiare moltissimo. C’è davvero bisogno di innovatori. Poi il cinema si studia e reinventa ogni volta da solo copiando se stesso perché di gente che inventa cose nuove ce n’è davvero poca. Però ci sono nuove visioni, autori con un punto di vista interessante, non convenzionale. Bisogna tornare a usare la creatività.

Com’è nata l’idea di questo festival?
Quindici anni fa ho iniziato a produrre dei corti insieme al mio socio, Corso Codecasa, fondando anche una piccola società. E con quello che è l’attuale sindaco di Golfo Aranci (anche allora era sindaco) iniziammo a pensare a quale evento artistico realizzare. E dato che noi ci stavamo rapportando con l’audiovisivo e i film, abbiamo deciso di realizzare questo festival con l’obiettivo di creare un punto d’incontro tra le persone che lavoravano nel nostro settore. Oggi quel piccolo festival è diventato una bella e grande realtà che ci ha portato a diventare decision maker del mercato di Cannes, e a essere presenti nei maggiori mercati e festival a livello internazionale. Durante l’anno abbiamo un’agenda fitta di appuntamenti: dalla Spagna a Sarajevo, senza dimenticare Firenze e Roma. E poi ci sono tutti gli appuntamenti importanti per rafforzare le partnership, che diventano fondamentali per consolidare il posizionamento del Figari International Short Film Fest.
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