Fantasticava spesso di incontrarli, di berci una birra insieme o di farci una trasferta in pullman. In fondo aveva sempre avuto l’anima da groupie. Ed era stata più volte considerata il portafortuna di una stagione sportiva conclusasi particolarmente bene. Ma le mancavano gli agganci, e quello era un ostacolo non semplice da superare.
Samantha giocava a rugby sin da quando aveva tre anni e non aveva mai smesso, sebbene in tanti avessero tentato di farla virare al nuoto o alla danza. Il contatto fisico, la fatica e i lividi le davano una soddisfazione indescrivibile a chi non condivideva la sua passione. Lo sport era il suo pensiero felice. Ma non sapeva che stava per diventare qualcosa di ancora più importante.
Un pomeriggio come tanti, mentre era impegnata in un allenamento particolarmente duro, Samantha scorse con la coda dell’occhio gli inconfondibili colori della AFC Richmond. Distratta e curiosa, non vide arrivare Megan, lanciata a folle velocità, ma ne sentì il peso sul corpo e fu come se ogni sua costola si incrinasse.
Con un taglio profondo sul tricipite e un dolore da togliere il fiato, venne spedita in infermeria dal coach. Mentre si avvicinava, sentiva delle voci provenire dall’interno e proprio quando stava per bussare, la porta si aprì e si ritrovò a fissare il piccolo levriero che troneggiava sul logo della divisa dell’uomo davanti a lei. Ci mise forse un secondo di troppo per rendersi conto che a sorriderle, dall’alto del suo metro e 85 di altezza, era niente meno che Ted Lasso. L’unico suono che riusciva ad avvertire era il battito del suo cuore e per un attimo temette che lo sentisse anche lui. Biascicando un “prego”, si spostò per farlo passare e lui fece qualcosa di inaspettato e indimenticabile: la abbracciò.
A quel punto, non capendo più cosa fosse reale e cosa no, decise di ricambiare la stretta e si lasciò andare a quel calore che aveva sognato di conoscere. I due minuti più intensi degli ultimi due anni, dal giorno in cui aveva perso uno dei suoi più grandi punti di riferimento. Quando l’abbraccio si sciolse, in maniera naturale e delicata, l’uomo indicò divertito la maglia di Samantha, così che lei ricordò di sfoggiare una scritta rosa fluo piuttosto appariscente. “HUG ME” recitava, ed era davvero tutto quello di cui aveva bisogno in quel periodo.
Una settimana dopo l’incredibile incontro, l’AFC Richmond avrebbe affrontato in amichevole una squadra che Samantha conosceva bene e non amava affatto. La sua occasione era finalmente arrivata: con il braccio destro fasciato e la t-shirt ormai assunta ad amuleto perpetuo, si mise il più vicino possibile al campo, pronta a fare il tifo per i suoi “greyhounds”. Ma il posto che le spettava era un altro, e bastarono due soli minuti a Ted per individuarla tra la gente che cominciava a gremire gli spalti e invitarla a sedersi in panchina, al fianco di coloro che aveva così tanto sognato.
L’AFC Richmond vinse 5 a 3, con una tripletta di Jamie Tartt, un rigore di Dani Rojas e una magia di Roy Kent. E se poco contó il risultato, l’aver trovato un jolly come Samantha determinò per sempre le esistenze di tutti loro. Ma questa è un’altra storia.