Connect with us

Biografilm

‘Kontinental ’25’ – Intervista a Radu Jude

Il pluripremiato regista rumeno arriva al Biografilm Festival 2025 per presentare il suo ultimo film e ricevere il Celebration of Lives Awards.

Pubblicato

il

Radu Jude - "Kontinental '25"

In un programma fittissimo di eventi e proiezioni, al Biografilm Festival 2025 non manca la possibilità di fare incontri speciali. Lunedì 9 giugno abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a una tavola rotonda con il regista rumeno Radu Jude, che ha presentato in anteprima a Bologna il suo nuovo lungometraggio, Kontinental ’25. Dopo il successo internazionale con i premiati Sesso sfortunato o follie porno (2021) e Do Not Expect Too Much From the End of the World (2023), il regista arriva al festival con la sua nuova critica sociale a basso budget. Nella serata di lunedì, Jude ha anche ricevuto il Celebration of Lives Award.

Com’é nata l’idea per questo film?

“In realtà Kontinental ’25 è un progetto molto vecchio, a cui ho iniziato a pensare circa 15 anni fa, nel 2011. Avevo letto di questa storia realmente accaduta e volevo raccontarla, ma poi avevo messo da parte il progetto perché non riuscivo a dargli la forma che volevo. Ma poi per caso ho scoperto la città di Cluj, che mi ha colpito molto perché è passata da essere un villaggio a una cittadina di circa settantamila abitanti. Quanto mi ha attirato è stata la mancanza di giustizia sociale, e in un certo senso è diventata il microcosmo perfetto per rappresentare una situazione molto più generale che riguarda tutta la Romania. Prima tutti i problemi del nostro Paese venivano imputati al fatto di non avere abbracciato il capitalismo, ma negli ultimi decenni siamo diventati un Paese sempre più capitalista e i problemi non sono spariti, anzi se ne sono creati di nuovi e ancora più gravi. Le disuguaglianze sono aumentate, la giustizia ha un potere sempre minore, i servizi sociali sono sempre più distrutti. Crescendo con tutte queste cose ho iniziato a immaginare di farci sopra un film, ma è stato un processo molto lungo”

Hai parlato più volte del tuo amore per il cinema italiano. Come ha influito su questo nuovo progetto?

Il cinema classico italiano è una parte della storia del cinema che amo molto e che mi ha sempre ispirato, molti dei vostri registi sono miei eroi personali. Quando faticavo a trovare la forma per Kontinental ‘25, ho riguardato molti titoli italiani tra cui Europa ’51 di Roberto Rossellini. Anche se la storia e la prospettiva sono diverse, ho trovato in quel film qualcosa che rispecchiava le idee che avevo in testa. Possiamo dire che il mio film sia un po’ anti-rosselliniano, perché Rossellini era un umanista, c’é sempre una speranza di fondo. Data la situazione politica e sociale attuale in Romania, è difficile avere quello stesso atteggiamento. Per questo forse posso definirmi meno umanista di Rossellini, non lo so. Però nel titolo, Kontinental ’25, ho voluto fare un omaggio proprio a Rossellini.

Quindi Rosselini è stata un’ispirazione importante, ma ci sono altri aspetti del tuo background che ti hanno influenzato nel girare Kontinental ’25?

Ho deciso di fare il film dopo avere vissuto per la prima volta per un paio di mesi all’estero, fuori dalla Romania. E lì ho capito ancora di più molte cose del mio Paese che, dall’interno, non sarei riuscito a mettere a fuoco così bene. Storicamente, geograficamente ma anche culturalmente, la Romania è un Paese a metà, con molte contraddizioni che in altri luoghi non ci sono. Ma è questo a renderla più complessa e anche più interessante da osservare e soprattutto da raccontare. Con questo film il mio obiettivo era quello di essere un po’ un “segretario” di questa storia, come diceva Balzac, di documentarlo e di raccontarlo in un certo modo. Anche qui c’è la lezione del neorealismo: anche questi film sono nati da una crisi, da un’Italia a pezzi nel dopoguerra, e da quella crisi è scaturito un cinema tra i più importanti della storia. Oggi mi sembra che il cinema rumeno – con qualche eccezione, ovviamente – non sia del tutto allineato con la realtà che lo circonda. E invece credo che sia proprio questo il compito del cinema, ed è quello che ho cercato di fare con Kontinental ‘25.

Nei tuoi film osservi sempre la realtà del presente con uno sguardo critico e disincantato, mettendone in luce tutte le contraddizioni più buie. Quale impatto speri che abbiano i tuoi film, e anche Kontinental ’25, sul pubblico?

C’è sempre un’aspettativa un po’ irrealistica nei confronti del cinema. Si da quasi per scontato che i film debbano cambiare qualcosa o qualcuno, avere un impatto sul mondo. Anche io spesso, quando lavoro a un film, mi pongo la stessa domanda: “Perché lo sto facendo?” Ma la mia risposta è che non voglio cambiare nessuno. Non penso che i film debbano avere l’ambizione di cambiare le cose, quanto piuttosto di offrire degli strumenti di riflessione. Oggi tutti cercano di cambiare gli altri e si finisce per creare solo confusione, persino conflitto. Un film, per me, può essere un tempo di riflessione, magari anche di dialogo. Ed è già tanto, è abbastanza. In un’epoca in cui il tempo per riflettere sembra non esistere, poterlo creare è un atto prezioso.

Già nel tuo film precedente hai riflettuto sull’uso dei social media e sulla performatività online. Cosa pensi dello stato attuale del linguaggio del cinema e delle sfide che le nuove tecnologie, come i social e l’AI, gli portano contro?

È una domanda complicata a cui non sono sicuro di avere una risposta. Il cinema ha sempre vissuto nella crisi, dal muto al sonoro, con l’arrivo della televisione e infine con Internet. Non so come risolvere questa crisi, ma penso che la vera sfida sia come ci confrontiamo con l’enorme quantità di immagini che ci circondano. Non parlo soltanto del lavoro tecnico o creativo, ma di come ci formiamo e ci educhiamo. Perché, se devo essere sincero, ancora fatico a comprendere queste nuove immagini, specialmente quelle generate dall’intelligenza artificiale. Ormai è sempre più difficile distinguerle dalle immagini reali e questo è un vero problema. Questo cambia radicalmente il nostro modo di vedere e di lavorare. E dobbiamo essere onesti: non possiamo ignorare la presenza e l’impatto di queste nuove tecnologie. Sono qui, stanno già trasformando il panorama visivo, e il nostro compito è capire come inserirci in questo nuovo scenario, senza rimanere indietro.