Scomode Verità di Mike Leigh, in sala dal 29 maggio, è l’ultimo film del regista di Turner (2014) e Il segreto di Vera Drake (2004), interpretato da Marianne Jean-Baptiste, Michele Austin, David Webber, Tuwaine Barrett, Ani Nelsone Sophia Brown e distribuito da Lucky Red.
La storia si muove negli spazi delle famiglie di due sorelle, diversissime tra loro, Pansy (Marianne Jean-Baptiste) e Chantelle (Michele Austin), che sono benzina pura per il film. Pansy è depressa, sarcastica, ce l’ha con il mondo intero e suo marito e il figlio (David Webber e Tuwaine Barrett), a loro volta vittime di questa rabbia, subiscono con rassegnazione. Dall’altra parte Chantelle, vigorosa e solare, trasmette energia positiva a tutti, così come alle sue figlie, due donne sicure e motivate. Dove le due famiglie si incontrano si disegnano equilibri inconsueti, l’energia positiva tenta di annullare la spinta autodistruttiva di una Pansy infuriata con la vita.
Il film di Leigh vive della sbrodolata di parole di questa donna inferocita, che ammazza e stordisce con la sua dialettica affilata chi le sta intorno così come il pubblico. Si ride, ci si stupisce, si sghignazza e ci si rassegna che per lei, quasi, non ci sia davvero pace, neanche quando dorme.

‘Scomode Verità’ di Mike Leigh – Marianne Jean-Baptiste e Michele Austin in una scena del film – immagini stampa fornite dal Jeonju International Film Festival
Il potere della scrittura di Scomode Verità di Mike Leigh
La commedia asprissima di Mike Leigh è un altro lavoro di sceneggiatura corale realizzato con densità di parola e consapevolezza. Non potrebbe esistere senza il contributo esplosivo di Marianne Jean-Baptiste, che fa del suo personaggio passivo-aggressivo e sul ciglio di un collasso psicologico, una paladina di quelle che Leigh stesso chiama scomode verità.
Il fascino del film sta nella sua commistione cinematografica: da una parte l’atmosfera da sitcom degli anni 90, che si sposa così bene con le strade della periferia inglese, girato con la stessa insaziabile opulenza comunicativa, senza alcun taglio luminoso ma una diffusa, democratica e piatta brillantezza luminosa. E dall’altra, il cinema elegante di Jarmusch e le melodie di contorno di Hong Sang-soo, nel quale la coralità di Leigh si affila con il cipiglio appuntito dei dialoghi alla Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada.

‘Scomode Verità’ di Mike Leigh – Marianne Jean-Baptiste, David Webber e Tuwaine Barrett in una scena del film – immagini stampa fornite dal Jeonju International Film Festival
Il collante femminile
Sebbene possa sembrare un minestrone visivo, Leigh amalgama tutti i pezzi ciondolando da un registro all’altro con spensieratezza, e mantenendo positività e leggerezza grazie alla sua regina gentile di questo cast corale, la sorella Chantelle, Michele Austin. Anche nel suo ambiente e tra le sue clienti, ovviamente tutte donne, si mostra nel pieno delle sue forze. La cura è infatti un tema importante in Scomode Verità: una croce, sia da parte di coloro che si dedicano voracemente al dare, sia da parte di chi la vive come una condanna e nel momento del bisogno non sa essere presente.
Inoltre, non si può evitare di notare quanto peso abbia questo universo femminile, un unicum che brilla e scalda come una stella luminosa e attorno al quale tutto ruota.
Il film è talmente denso di parole che si accartocciano una sull’altra ad una velocità così concitata da portarci alla fine in affanno. Ed è appunto così che ci si congeda su questi sospiri che rallentano ma senza sollievo, e dove leggiamo questa volta senza più parlarne, la pesantezza di un problema taciuto e divenuto ormai intraducibile.