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Cannes

‘Die, my love’: se la depressione post partum sfocia in follia

Lynne Ramsay firma la versione cinematografica di un dramma psico-horror ispirato al romanzo omonimo. La catabasi autodistruttiva di una coppia con un bambino causata da depressione post partum, disturbi ereditari ed eventi misteriosi. In Concorso al 78° Cannes.

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Tutti i film di Lynne Ramsay, la regista scozzese di Ratcatcher (Cannes, 2000) e We Need to Talk about Kevin (Cannes, 2011), solo per citarne alcuni, hanno qualcosa di inquietante, misterioso ed insolito.

Non differisce in questo neppure il suo nuovo lungometraggio in Concorso al 78° Festival di Cannes (dove la regista è un’habituée) intitolato Die, My Love, tratto dal romanzo omonimo (Crève, mon amour) della scrittrice argentina Ariana Harwicz, incentrato su una bizzarra coppia che conduce una altrettanto bizzarra vita nella grande casa ereditata dallo zio di lui, in un’imprecisata zona della campagna americana nel remoto Montana.

Dopo la nascita del primo figlio Grace e Jackson, i due membri della giovane coppia, da post-figli-dei-fiori, si trasformano a poco a poco in due squilibrati, depressi post-partum (più lui di lei), selvaggi urlatori, e tanto altro ed iniziano una sorta di catabasi verso la follia (di entrambi)  e l’autodistruzione individuale e di coppia, condita da eventi inspiegabili che, a beneficio dello spettatore, rimangono tali ed anzi la cui complessità si infittisce.

Depressione, demoni, altre dimensioni

L’autrice ha dichiarato che in questa casa di campagna una giovane madre “combatte i suoi demoni interiori”: in realtà nella prima parte del film la donna sembra essere la più equilibrata del ‘gruppo’, benché non riesca a lavorare al suo libro, poi a poco a poco anche lei dirazza.

Sempre più spesso sola a casa,  mentre trascorre le giornate senza fare nulla di speciale, tranne occuparsi saltuariamente del bambino, la donna sente rumori sinistri e la casa appare abitata dallo ‘spirito’ dello zio che è morto suicida.

I rumori, le apparizioni, gli eventi non attribuibili a cause naturali vanno e vengono, come se la regista non volesse arrivare all’horror ‘dichiarato’ ma lasciasse in sospeso la possibilità di altre dimensioni, di anime inquiete.

La suocera di Grace, una spettacolare Sissy Spacek – che mantiene intatta la sua verve nonostante i 75 anni – bada al marito malato di Alzheimer – nella parte del quale c’è un magnifico cameo di Nick Nolte, che di anni ne ha 84 – finché l’anziano signore non muore.

Grace va a trovare la suocera un paio di volte nella casa vicina e scopre che è sonnambula e che dorme col fucile. Molto ben descritto il rapporto positivo che Grace ha con gli anziani, tanto che inizia ad avere visioni del suocero che anche lui vaga per la campagna post-mortem.

Psicodrammi urlati e fiamme dell’inferno

La casa e la campagna ad essa circostante sono il teatro delle psico-tragedie quotidiane della coppia, tragedie mai annunciate, con atti improvvisi di violento auto-lesionismo, abbandono di coltelli davanti al neonato, testate contro gli specchi di tutta la casa, incidenti automobilistici che coinvolgono cavalli e altri animali, uccisione di cani agonizzanti, abbandono del neonato nella casa vuota per correre in macchina senza motivi specifici, passaggi quotidiani di un motociclista nel giardino della proprietà senza che si sveli il perché.

Insomma ce n’è per tutti i gusti a voler fare ipotesi sul come e sul perché, sui demoni dei personaggi, che decidono anche di convolare a giuste nozze non bastando i loro tanti guai auto-prodotti: in effetti la durata del film è piuttosto esagerata per tutto questo.

Un gran finale tra le fiamme (reali o simboliche non è dato saperlo) vede infine la liberazione di Grace dal matrimonio e dal marito, forse echeggiando una emancipazione anche personale e femminile.

I due misteriosi protagonisti sono interpretati da una bravissima Jennifer Lawrence e da un bravo (anche se un po’ freddino) Robert Pattinson (già venuto a Cannes, fra l’altro, con i due film di Cronenberg).

 

Lynne Ramsay, nata a Glasgow, è considerata una delle figure britanniche più originali e interessanti del cinema indipendente contemporaneo. Presente abitualmente al Festival di Cannes, nel 1996 le è stato conferito il Premio della giuria per il suo film di diploma, il cortometraggio Small Deaths. Ha ricevuto lo stesso premio anche nel 1998 per il suo terzo cortometraggio, Gasman. Il suo primo lungometraggio, Ratcatcher, è stato presentato sulla Croisette nella sezione Un Certain Regard (2000) dove ha vinto un Premio Speciale. We Need to Talk About Kevin è stato l’unico film britannico in competizione ufficiale per la Palma d’Oro nel 2011. Il film ha ricevuto numerose nomination ai BAFTA Award, ha vinto il premio come miglior regista ai British Independent Film Awards, come miglior film al London International Film Festival e come miglior sceneggiatura non originale della Writers Guild of Great Britain. Il cortometraggio Swimmer di Lynne Ramsay, commissionato dalla British Cultural Olympiad (2012), ha vinto il BAFTA come miglior cortometraggio nel 2013.

 

  • Anno: 2025
  • Durata: 118'
  • Genere: Drammatico/horror/thriller
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: Lynne Ramsay