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RIVIERA INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Lilies Not For Me

La memoria queer tra dolore, bellezza e resistenza

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Lilies Not For Me di Will Seefried è un potente ritratto queer tra memoria, amore e resistenza nell’Inghilterra degli anni ’20, distinguendosi per la sua forza narrativa e visiva. Un’opera che unisce rigore storico e lirismo visivo per restituire voce a una generazione silenziata. Visto al Riviera International Film Festival 2025  in anteprima italiana.

Lilies Not For Me Una storia d’amore e sopravvivenza

Ambientato nell’Inghilterra degli anni ’20, il film racconta la storia di Owen James (Fionn O’Shea), giovane scrittore omosessuale internato in una clinica che promette di “curare” l’omosessualità con terapie sperimentali. Mentre viene seguito dall’infermiera Dorothy (Erin Kellyman), Owen rievoca il suo amore proibito con Philip (Robert Aramayo), ripercorrendone ogni tappa. Un amore segnato da passione, paura e dal drammatico tentativo di sopravvivere ad un mondo ostile.

A scandire i ricordi più intimi e dolenti è una regia attenta al dettaglio e alla bellezza dei corpi e dei gesti. Dopo il primo incontro carnale tra i due protagonisti, Seefried congela il tempo in una serie di fermo immagine che catturano mani intrecciate, un collo sfiorato, piedi che si cercano sotto le lenzuola. Questi frammenti, quasi fotografici, elevano l’istante privato a gesto universale d’amore e resistenza, contrapponendosi con grazia alle immagini asettiche della clinica.

Luci, colori e un cast all’altezza della ferita

La fotografia di Cory Fraiman-Lott – ispirata tanto al realismo pittorico di Salman Toor quanto al romanticismo visivo di Wong Kar-wai – rafforza questo dualismo tra repressione e libertà. I toni caldi e intimi del passato e quelli freddi della reclusione sono in costante dialogo, definendo il confine tra memoria e trauma.

Il cast è pienamente all’altezza della scrittura: Fionn O’Shea regala a Owen un’intensità trattenuta e struggente; Robert Aramayo è un Philip tormentato, tenero e segnato; Louis Hofmann nel ruolo di Charles completa il triangolo con un ruolo breve ma incisivo.

I gigli come rifiuto e dichiarazione di sé

Il titolo del film trova risonanza profonda nella poesia “I gigli non fanno per me”, che Owen recita in più momenti come un mantra privato. Quei versi, apparentemente delicati, diventano un atto di rifiuto verso i modelli di purezza imposti dall’esterno, ma anche una dichiarazione identitaria: i gigli, emblema di purezza e conformismo, non sono per lui. La poesia, scritta dallo stesso Owen all’interno della finzione narrativa, agisce come filo conduttore e contrappunto lirico, segnando i passaggi più intimi del racconto. In un contesto che trasforma il desiderio in un qualcosa di patologico, quella frase diventa una forma di autoaffermazione poetica e politica.

Un cinema che non dimentica

Lilies Not For Me è cinema necessario, capace di parlare con delicatezza e precisione della brutalità della medicalizzazione dell’identità queer, ma anche dell’amore come forma di sopravvivenza. Un racconto che commuove e fa riflettere, restituendo dignità a chi è stato dimenticato dalla Storia.