Approfondimento

Luca Guadagnino, l’italo-americano

Il destino di un regista, amato fuori e sopportato in patria.

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Quando si parla di Luca Guadagnino si inquadra, almeno nell’ultimo periodo, uno dei più affermati registi nostrani nell’industria americana.

Non abbiamo fatto in tempo a metabolizzare la sua ultima fatica, Queer, presentato nell’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che il cineasta siciliano è già a lavoro con due prossimi progetti dai titoli altisonanti: è il momento dell’adattamento di American Psycho e del thriller After the Hunt con Julia Roberts e Andrew Garfield.

Un credito che il regista italiano si è costruito negli anni, allontanandosi dal cinema italiano, dalla sua identità, componendo un prodotto totalmente internazionale e destinato al pubblico del cinema d’autore di Hollywood.

Il caso del regista palermitano è doppiamente interessante se lo si compara ai due italiani che prima di lui hanno cercato il successo in America: Gabriele Muccino e Paolo Sorrentino; se il primo, una volta concluso il legame con Will Smith, ha esaurito la sua presa sul circuito hollywoodiano, il secondo, dopo il successo degli Oscar ha preferito non sfruttare la scia internazionale e rintanarsi nella propria italianità. Guadagnino, invece, fin da subito è entrato nelle logiche statunitensi, rappresentando l’Italia con la prospettiva del turista americano che sosta nel nostro Paese continuando a parlare il proprio linguaggio.

Luca Guadagnino e il legame con le star

Nel suo cinema ciò che conta è il legame con gli attori, un rapporto che sedimenta il successo interscambiabile tra gli interpreti e il regista. Il caso più emblematico è quello di Timothée Chalamet che oggi è un divo campione di incassi e di nomination agli Oscar, (soprattuto grazie al franchise di Dune (2021) e il biopic su Bob Dylan Incomplete Unknnown uscito da pochi mesi), ma nel 2017  era solo un attore emergente di belle speranze e Guadagnino il regista internazionale di basso profilo in cerca della svolta.

Chiamami col tuo nome (2017)

La strategia del film di Luca Guadagnino

Nelle dinamiche produttive sono i film ad alto budget quelli che hanno bisogno del volto noto, mentre il cinema indipendente punta tutto sulla qualità e il proprio tono di nicchia. Guadagnino invece ha capito, prima di molti colleghi, che i suoi prodotti andavano trainati da attori con una riconoscibilità già strutturata o da costruire. Se nel caso di Chalamet il regista italiano ha edificato una star grazie a Chiamami col tuo nome e Bones and All (2022), l’operazione con Tilda Swinton è particolarmente notevole in termini di riconoscibilità.

Io sono l’amore (2009)

Attiva fin dagli ultimi anni ’80 grazie alle sue collaborazioni con il drammaturgo inglese Derek Jarman, l’attrice britannica affianca Luca Guadagnino nella sua scalata verso una fama internazionale, entrando insieme a lui nel panorama del cinema d’autore statunitense. Se nel debutto alla regia con The Protagonists nel 1999 e Io sono l’amore, dieci anni dopo, l’italianità è ancora molto forte,  A Bigger Splash (2015) e Suspiria (2018) consolidano lo stile internazionale del cineasta. Regista e attrice hanno un transfert reciproco di identità, in una strategia che rafforza la crescente notorietà di entrambi e li afferma nell’industria americana.

Girare in Italia senza l’Italia

L’interesse di Hollywood per i film di Luca Guadagnino e, al contempo, l’atteggiamento snob da parte del  pubblico italiano (critica, addetti ai lavori, finanziamenti pubblici), trovano risposte nel concepimento produttivo di molti film del regista. Titoli come Chiamami col tuo nome, Io sono l’amore e A Bigger Splash sono ambientati a Pantelleria, a Milano e in Liguria, e hanno un comune denominatore: utilizzano l’Italia come location senza entrare necessariamente in contatto con le specificità del territorio. I protagonisti sono spesso inglesi o americani che si trovano nel nostro Paese ma che, per il loro coinvolgimento narrativo, potrebbero trovarsi ovunque.

Guadagnino usa la spazialità italiana probabilmente per ragioni economiche, trascurando di fatto una possibile promozione territoriale e confezionando però opere perfette per il circuito internazionale. I suoi film sono un viaggio esotico, una cartolina per il pubblico americano che vuole vedere paesaggi e atmosfere nostrane con l’occhio straniero del turista che conserva le proprie radici.

Lo sfondo-contorno italiano

L’Italia quindi fa solo da sfondo a relazioni d’amore che poco hanno a che fare con la cultura italiana. Ciò rende appetibile il prodotto di Guadagnino sul mercato estero ma non così attraente nel perimetro italiano. Basti pensare al dato di Chiamami col tuo nome: il film rappresenta il più importante successo internazionale del regista con un incasso di quasi 42 milioni di dollari a fronte di un budget di 4, e col plauso internazionale culminato nell’ambita statuetta dorata per la miglior sceneggiatura non originale a James Ivory. Il dato economico invece è più desolante in Italia, con un risultato nel mercato domestico di soli 3,2 milioni, la metà di quanto incassò Melissa P. nel 2005.

Bones and All (2022)

La ragione va ricercata nel collaudato approccio produttivo di Luca Guadagnino: il cast, volutamente composto da attori stranieri, contribuisce da una parte al suo successo internazionale del regista, rafforzando la sua reputazione nei circuiti hollywoodiani, ma al tempo stesso lo rende una figura quasi estranea al mercato cinematografico italiano. E per un pubblico come il nostro, desideroso di identificarsi con ciò che vede, questa componente di estraneità costituisce un freno per l’autore di Queer. Paradossalmente è riuscito molto meglio Woody Allen a rappresentare Roma in To Rome with Love che Guadagnino a descrivere Cremona in Chiamami col tuo nome.

L’erotismo e le controversie dell’amore

Fino ad ora le componenti produttive e distributive sono state fondamentali per spiegare il successo internazionale di un autore di tale gittata, ora però è utile concentrarsi sulla caratteristiche delle sue opere. Che film fa Luca Guadagnino e perché sono così amati all’estero?Il primo elemento di continuità è costituito dai rimandi a uno specifico immaginario del cinema italiano che continua ad avere molta fortuna negli Stati Uniti. Io sono l’amore richiama lo sfarzo e il lusso presenti in Gruppo di famiglia in un interno di Luchino Visconti. Invece, per A Bigger Splash il regista si ispira a Roberto Rossellini e con Chiamami col tuo nome e Challengers prende spunto da uno dei suoi miti, Bernardo Bertolucci.

Challengers (2024)

Il legame con i registi italiani

È interessante notare il legame di Rossellini con Viaggio in Italia; la classe media inglese sbarca in Italia mettendo in discussione le certezze borghesi proprio come alla fine fa Elio, il protagonista di Chiamami col tuo nome, nel suo lato più intimo. Quindi il nostro territorio per Guadagnino, nella rappresentazione che il regista fa di queste atmosfere, funge da cavallo di Troia per il mercato americano.

Non solo un modo per attirare un pubblico cinefilo ma anche un tentativo riuscito per rileggere il cinema italiano in chiave contemporanea. Seppur in maniera celata ricorrono spesso elementi che amplificano l’immaginario italiano attraverso il cibo e la moda come in Io sono l’amore, e il paesaggio in Chiamami col tuo nome. Il pubblico americano però è notevolmente influenzato dalla formula estetica di Guadagnino. Il regista italiano attinge molto da un melodramma erotico, che a volte deriva dal cinema di Bertolucci, e altre volte da quello della Nouvelle Vague come si è visto recentemente nel film con Zendaya protagonista, Challengers.

Queer (2024)

Il melò erotico che piace in America

Nella poetica di Luca Guadagnino l’amore e l’erotismo sono la medesima cosa. Il desiderio nei suoi film, come è avvenuto recentemente in Queer, non è mai la proiezione narcisistica di sé stessi ma piuttosto la donazione completa del proprio sé all’altro. Così avviene tra Chalamet e Hammer in Chiamami col tuo nome, e nella dipendenza affettiva di Daniel Craig in Queer. Niente di diverso da Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci o da Jules e Jim di François Truffaut. È questa però la formula vincente che spiega il successo statunitense di Guadagnino e il freddo approccio dei suoi film nel nostro Paese. Un’abitudine anticonvenzionale che il cinema americano ha assimilato a partire dagli anni ’70 dagli autori europei e che invece il pubblico italiano fatica ancora a digerire.

Luca Guadagnino è quindi il primo italiano a essere diventato, nel campo del cinema, un americano ammirato all’estero e contenuto in patria. Un successo che è fatto di relazioni, legami distributivi e sfruttamento di un’immagine italiana invitante e seducente, soprattutto fuori dai confini locali.

La filmografia di Luca Guadagnino

 

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