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Approfondimenti

Il grande cinema italiano post-boom

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Esploriamo l’ultima grande stagione del cinema italiano, quella che si sviluppa dagli anni ’60 agli anni ’80 (e oltre in alcuni casi). Questo periodo, successivo al grande boom economico, rappresenta una fase unica e irripetibile nella storia della settima arte italiana: una “mareggiata” di creatività e autoralità prima di una progressiva secca culturale che seguirà negli anni successivi.

Il passaggio di testimone: Pasolini e la nuova cultura cinematografica

Un anno dopo il 1960 — l’anno che vide La dolce vita, L’avventura e Rocco e i suoi fratelli consacrare il cinema italiano nel mondo — emerge una nuova generazione di cineasti, tra cui spicca Pier Paolo Pasolini.

Pasolini, artista totale e intellettuale originale, vedeva il cinema come uno strumento di analisi culturale e sociale, capace di fondere cinema, letteratura e poesia. Film come Edipo re e Medea rielaborano miti classici in chiave simbolica e profonda, mostrando contrasti culturali e una dimensione “pre-razionale” dell’esperienza umana.

Nella sua trilogia della vita (Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte), Pasolini celebra la vitalità istintiva della vita, opponendo la spontaneità e l’energia della cultura popolare alla crescente omologazione del consumo di massa.

Quando il regista abbandona questo approccio per un’opera più cupa come Salò o le 120 giornate di Sodoma, esprime un senso di rassegnazione verso la cultura contemporanea e una visione tragica della società, affrontando violenza e controllo sociale in modo estremo.

Bertolucci e la nuova modernità cinematografica

Bernardo Bertolucci emerge come una figura centrale di questo periodo, erede di Pasolini ma con una visione propria. Nei suoi film, la tensione tra modernità e psicologia individuale si manifesta in opere che spaziano dal politico al personale, passando per racconti di crisi e relazioni umane intense.

Ultimo tango a Parigi (1972), esempio paradigmatico, rompe con il linguaggio narrativo tradizionale e affronta la sessualità in modo esplicito, suscitando scandalo e dibattito — ma venendo poi rivalutato per la sua innovazione artistica e narrativa.

Il contributo della commedia all’italiana

Parallelamente, la commedia all’italiana si sviluppa come forma espressiva fondamentale del cinema post-boom. Questo genere non è mera comicità: fonde ironia e critica sociale per raccontare le contraddizioni di un’Italia in trasformazione, ancora alle prese con vecchie mentalità e nuove dinamiche economiche e culturali.

Opere come I soliti ignoti e Il divorzio all’italiana segnano l’evoluzione del genere, spostando l’attenzione dalle maschere tradizionali alla rappresentazione di persone “comuni”, capaci di riflettere le inquietudini collettive dell’epoca.

La commedia all’italiana affronta temi come famiglia, adulterio e moralità sociale, e con autori come Monicelli, Risi, Germi e Scola emerge come una delle espressioni più sincere e critiche della società italiana post-boom.

Il nuovo cinema oltre i confini del realismo

Accanto alle voci legate alla commedia e all’impegno sociale, altri autori — come Sergio Leone — ridefiniscono i confini del cinema italiano con opere che influenzano profondamente la settima arte mondiale.

Con la trilogia del dollaro e capolavori come C’era una volta in America, Leone porta la narrazione filmica verso forme postmoderne, dove struttura, memoria e citazione diventano elementi centrali. La sua influenza sul cinema contemporaneo è evidenziata dall’uso del montaggio, dalla frammentazione temporale e dalla ridefinizione di generi come il western.

Questo periodo é una delle fasi più fertili e innovative della cinematografia italiana, capace di produrre opere e autori che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del cinema mondiale.