Negli ultimi anni i servizi in abbonamento hanno ridefinito il nostro modo di accedere a prodotti e contenuti. Dai film ai software, dal cibo al fitness: quasi ogni settore ha abbracciato il modello della “Subscription economy”, trasformandolo in un dogma delle moderne abitudini di consumo.
Ciò nonostante, pur ammettendo che la comodità di questi servizi sia innegabile, bisogna considerare i risvolti meno piacevoli di questa diffusione massiva. Tra questi vi è la cosiddetta “subscription fatigue”, ovvero fatica da abbonamento, cioè la sensazione di perdita del controllo delle sottoscrizioni attivate.
Come si legge nell’analisi di ExpressVPN, l’aumento dei servizi in abbonamento può causare confusione e stress per chi li utilizza, ma solo quando manca una gestione attenta delle finanze. Vediamo in che modo.
La diffusione della subscription economy
La subscription economy è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi dieci anni. Servizi come Netflix, Spotify e Amazon Prime hanno dimostrato che gli utenti sono disposti a pagare un costo mensile per godere dell’accesso illimitato a una vasta gamma di contenuti.
Il problema è che, con l’aumento dell’offerta, cresce anche la complessità nella gestione di troppi servizi attivati da parte degli utenti.
Le ricerche di Bango, infatti, svolte in 5 Stati europei (UK, Francia, Spagna, Germania e Italia), hanno evidenziato come mediamente un utente ha 3,2 abbonamenti a testa (in Italia 3,1) e gli italiani spendono in media circa 600 euro all’anno in abbonamenti.
I rischi della “subscription fatigue”
La subscription fatigue è un fenomeno sempre più comune. Si tratta dello stress derivante dalla gestione di molteplici abbonamenti, spesso caratterizzati da scadenze, costi e funzionalità diverse.
Questo fenomeno non è solo economico, ma anche psicologico. Gli utenti si trovano a dover monitorare costantemente i propri piani, spesso dimenticando di disdire abbonamenti inutilizzati o cadendo vittime di rinnovi automatici. Inoltre l’abbondanza di opzioni, può portare a una sensazione di sovraccarico, riducendo la soddisfazione generale nell’utilizzo di questi servizi.
La condivisione degli abbonamenti: vantaggi e complicazioni
Un modo comune per ridurre i costi degli abbonamenti è la condivisione. Alcune piattaforme, come Spotify, offrono piani familiari che consentono a più utenti di accedere ai contenuti con un unico account. Questa pratica può essere vantaggiosa dal punto di vista economico, ma comporta anche alcune complicazioni, di tipo pratico e organizzativo, ma anche da un punto di vista giuridico.
La gestione degli account condivisi può diventare fonte di stress, soprattutto quando persone di più nuclei familiari cercano di utilizzare il servizio contemporaneamente. Parallelamente, le piattaforme stanno introducendo restrizioni sempre più rigide per contrastare gli abusi, limitando l’accesso a membri di uno stesso nucleo familiare o imponendo verifiche periodiche
Come gestire al meglio gli abbonamenti
Per evitare che la subscription fatigue diventi un problema, è importante effettuare una revisione periodica degli abbonamenti attivi. Nel farlo, è bene assicurarsi sempre di eliminare i servizi inutilizzati o ridondanti, che magari non si utilizzano più da diverso tempo, in modo da ridurre sia il costo che la complessità.
Un altro strumento utile sono le app di gestione degli abbonamenti, cioè software in grado di mettere a bilancio le spese. Sono programmi pensati per aiutare e persone a monitorare le spese ricorrenti, quindi avvisano in caso di scadenze imminenti e permettono di individuare rapidamente eventuali sprechi in corso.
Infine è importante ricordare sempre di prestare attenzione ai termini di utilizzo e alle politiche di rinnovo automatico dei servizi. Se necessario, è bene impostare dei promemoria sul proprio calendario per le scadenze, così si continuerà a mantenere il controllo delle sottoscrizioni e a prevenire addebiti indesiderati.
Il futuro della subscription economy
Nonostante le sfide legate alla subscription fatigue, si prevede che il modello degli abbonamenti continuerà a dominare molti settori. È ovvio che le aziende che competeranno, lo faranno cercando di adattarsi ai bisogni dei consumatori, quindi offrendo maggiore flessibilità e trasparenza.
Alcune piattaforme stanno già sperimentando modelli “pay-per-use” o piani personalizzabili, i quali permettono agli utenti di pagare solo per ciò che effettivamente utilizzano.
Allo stesso tempo, anche la tecnologia potrebbe giocare un ruolo chiave nel migliorare l’esperienza degli abbonamenti: con l’arrivo dell’intelligenza artificiale sono già arrivati assistenti capaci di delineare piani di risparmio o advisor atti a monitorare l’utilizzo dei servizi.