«Citando una massima importante: ‘non si può essere liberi quando il sistema ci vuole morti’» – Massimo Milani
Quir è molto più di un documentario: è una dichiarazione d’amore. Nicola Bellucci (Il mangiatore di pietre, Grozny blues) rende omaggio a Palermo, ma lo fa con uno sguardo diverso, concentrato su una parte della città che si discosta dalla narrazione tradizionale di mafia e antimafia. Questa Palermo è un avamposto di accoglienza, integrazione e diritti, una realtà che, pur essendo concreta, spesso viene ignorata o volutamente lasciata nell’ombra.
Il film, presentato al Florence Queer Festival (qui il programma) e al 70° Taormina Film Festival, arriverà ad aprile nelle sale italiane grazie a Wanted Cinema. Questo documentario offre uno sguardo inedito su Palermo, raccontando la storia di un piccolo negozio di pelletteria nel quartiere Ballarò: Quir.
Quir: La bottega dell’amore e della resistenza
Dietro il bancone di Quir ci sono Massimo Milani e Gino Campanella, una coppia che sta insieme da 42 anni (all’epoca del film, girato durante il cosiddetto “periodo COVID”, ovvero 2021/2022), forse la più longeva d’Italia. La loro bottega è molto più di un negozio: è un rifugio, un punto d’incontro per la comunità LGBTQI+ locale. Qui, in un ambiente che sfida ogni convenzione, le persone si raccontano, condividono paure e speranze, e trovano conforto.
Questo luogo vitale funziona come una sorta di consultorio informale: c’è chi cerca consigli amorosi, chi semplicemente compagnia, e chi, emarginato dalla società, trova qui un angolo di umanità. Quir è una roccaforte dell’anima per chi vive ai margini, per chi è discriminato e tollerato solo nell’anonimato. È un simbolo di resistenza quotidiana, una base per rivendicare il diritto all’esistenza.
La storia di questo negozio si intreccia con quelle dei suoi clienti abituali: Vivian Bellina, che esplora e afferma la propria identità dopo la transizione; Charly Abbadessa, che riflette sull’esplorazione della sua sessualità nel contesto dell’industria hollywoodiana durante la sua epoca d’oro; e Ernesto Tomasini, un cabarettista che si prende cura della madre anziana, affrontando le sfide della vita familiare con un umorismo che maschera profonde riflessioni sull’amore.
Un documentario che nasce da un incontro
La scelta di raccontare Quir e la sua gente nasce da un’esperienza personale del regista. Bellucci ha incontrato Massimo e Gino a Palermo, in occasione del loro matrimonio. La cerimonia era stata un atto simbolico, dedicato alla memoria dei due ragazzi Giorgio Agatino Giammona di 25 anni e Antonio Galatola di 15, vittime dell’efferato omicidio di Giarre, avvenuto nel 1980. L’intento iniziale di Bellucci era quello di raccontare questa tragica vicenda, ma il progetto ha preso un’altra direzione, specialmente dopo l’uscita di Stranizza d’amuri di Giuseppe Fiorello, che esplora lo stesso tema.
“La storia di quei ragazzi non era più mia da raccontare”, spiega Bellucci, “ma attraverso Massimo e Gino ho scoperto un altro mondo, fatto di incontri inaspettati e personaggi straordinari”.
Un magnetismo unico in una Palermo che si reinventa
Massimo e Gino, con il loro carisma e il ruolo centrale nella comunità, diventano la calamita che attira il regista Nicola Bellucci, rivelando storie e voci di vita che arricchiscono il quadro di Palermo. La loro bottega, Quir, non è solo un negozio di pelletteria, ma un punto di riferimento per la comunità LGBTQ+, dove si intrecciano lotte per i diritti e il processo di integrazione. Ogni persona che entra nel negozio porta con sé una storia che contribuisce a una trama collettiva di resilienza e speranza. Bellucci, nel suo documentario, cattura l’anima di questo spazio, mettendo in luce l’importanza di un luogo che offre accoglienza e solidarietà in una città segnata dalla mafia e dal paternalismo. Quir diventa simbolo di lotta, autodeterminazione e alleanza tra generazioni e identità diverse.
Questa Palermo non è più solo quella del passato, ma una città che lotta per riscrivere il proprio futuro. Nonostante l’odio che ancora discrimina le minoranze, Palermo ha scelto di reinventarsi, dando vita a una comunità che non solo resiste, ma trasforma il dolore in creatività e speranza. Il documentario ci mostra una città che cresce e si trasforma, dove le lotte per i diritti civili e l’integrazione sono quotidiane. Quir celebra una Palermo viva e in continuo rinnovamento, simbolo di una comunità che guarda al futuro con speranza, nonostante le difficoltà.
Rinascere “freak”, rinascere liberi (e queer)
In chiusura, Quir ci lascia un insegnamento fondamentale: essere “freak” non è un’etichetta, una semplice definizione da incollare addosso, ma una vera e propria forma di libertà. Il documentario, infatti, non si limita a fare un ritratto di una bottega e delle persone che la frequentano, ma celebra la bellezza che scaturisce dall’imprevedibile, dall’imperfezione, dalla rottura delle convenzioni. Ci invita a guardare oltre le apparenze, a scoprire che, nella diversità, si cela il cuore pulsante di una Palermo queer, viva e straordinariamente umana.
La vera libertà, ci insegna il film, non consiste nell’entrare in categorie predefinite, ma nell’essere autentici, nel sentirsi liberi di esprimere se stessi al 100%, senza paura di risultare anticonformisti, strani o fuori luogo. La forza della comunità che Quir racconta risiede proprio in questo: nell’affermare l’importanza di rimanere fedeli a sé stessi, di sfidare le aspettative, di dare voce a chi ha troppo spesso dovuto tacere. In un mondo che spesso spinge a conformarsi, Quir ci ricorda che la vera libertà nasce quando si è liberi di essere chi si è, senza maschere, senza compromessi, e soprattutto senza paura.