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Interviews

Intervista con Benjamin Voisin per ‘Jouer avec le feu’

L'attore francese è stato ospite, insieme a Stefan Crepon e Vincent Lindon, alla sedicesima edizione di France Odeon a Firenze per presentare il film 'Jouer avec le feu'

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Benjamin Voisin

Tra gli ospiti dell’edizione numero 16 di France Odeon, insieme a Stefan Crepon Vincent Lindon, c’era anche Benjamin Voisin. I tre hanno presentato il film Jouer avec le feu che, alla mostra del cinema di Venezia, è valso la coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile proprio a Lindon.

La kermesse dedicata al cinema francese, diretta da Francesco Ranieri Martinotti e presieduta da Enrico Castaldi, ha avuto luogo a Firenze dal 29 ottobre al 2 novembre.

Della sua complessa interpretazione in Jouer avec le feu e di altri suoi ruoli abbiamo parlato proprio con Benjamin Voisin.

– Foto di copertina di Guya Migliorini –

Benjamin Voisin in Jouer avec le feu

In Jouer avec le feu sei il personaggio al quale è richiesto un cambiamento maggiore. Inizialmente sembri figlio unico, bravo, positivo e in sintonia col padre. Col passare del tempo sei sempre più schivo e negativo. Che indicazioni hai avuto per il personaggio?

Non ho lavorato in un modo particolare perché avevo molta fiducia nelle registe, le sorelle Coulin, e sapevo, come hai detto, che il ruolo avrebbe creato più problemi nella messa in scena rispetto ai ruoli di Vincent o di Stefan, che sono molto belli, ma molto lineari perché non cambiano molto. Il mio personaggio cambia totalmente. Ho detto a me stesso che sarei stato molto attento a ciò che volevano le registe per le quali avevo molta fiducia anche riguardo l’aspetto politico, perché sapevano davvero di cosa parlavano. Hanno molto buon gusto, sono intelligenti, portano soggetti che sono complicati e lo fanno con molta intensità.

Ho provato a fare del mio meglio davanti alla camera dicendomi che bisognava renderlo bello all’inizio per dimostrare che quello che gli succede può accadere a chiunque, mentre nella seconda parte bisognava dargli dei tratti un po’ violenti, quindi sono stato molto attento a mettere in scena i giusti elementi. Non so dire precisamente cosa ho fatto perché ho fatto molte cose diverse e penso che il montaggio aveva così molte possibilità. La mia performance è il risultato delle decisioni delle registe e del montaggio, anche se penso che avrei potuto fare quattro film diversi con questo ruolo. Alla fine ho giocato e ho ascoltato, sono stato molto obbediente.

benjamin voisin

Soprattutto ciò che ho trovato interessante, ed era l’unica cosa di cui ero sicuro, è che non doveva essere qualcuno di antipatico e che fosse negativo fin dall’inizio perché si sarebbe detto quando inizia male finisce male. C’è una frase di Camus a tal proposito che dice «un uomo non pensa male perché è un assassino, è un assassino perché pensa male».

Ti faccio una domanda che ho fatto anche a Stefan Crepon. Cosa pensi del personaggio della madre? Non è presente fisicamente eppure la sua presenza si avverte.

È vero, non c’è ma è come se ci fosse. Penso che sia stata una buona idea guardare il suo fantasma. Per esempio, quando siamo a tavola, siamo sempre in quattro o almeno siamo seduti come se fossimo in quattro. E questo è quello che mi piace: il fantasma della persona che è sempre lì. Si vede che il tema è ancora più delicato perché quando parliamo della madre, il padre sa che è un mezzo di pressione enorme e il figlio reagisce molto male. È come se non si potesse nominare. Quindi c’è anche una mancanza di comunicazione sulla sparizione della madre.

Il personaggio di Fus

Sicuramente Fus, il tuo personaggio, è quello che ha il cambiamento più importante nell’esatto momento in cui il padre parla della madre.

Questo diventa viscerale. Mi sono detto di saltare su Vincent Lindon quando il suo personaggio mi parlava della madre.

E secondo te la decisione di Fus di cambiare è collegata all’assenza della madre o c’è un’altra ragione per la quale entra a far parte di quel gruppo? Perché penso che la decisione sia collegata in parte all’assenza della madre, ma in parte anche al rapporto con Louis, il fratello.

Io credo che in generale, come detto, ci sia una mancanza di discussione tra le persone. Penso che le persone, anche nelle famiglie, parlino sempre di meno. E questo è ciò che mi ha più sconvolto.

Ovviamente potremmo dare la colpa di ciò al fatto che manca la mamma (che sicuramente avrebbe portato della dolcezza in questa famiglia, dei contatti che adesso non ha, banalmente anche delle carezze), ma vediamo subito che è una famiglia di lavoratori che gestiscono la cosa. Penso che sia molto difficile sentirsi battuto da qualcuno della propria famiglia, in questo caso dal fratello più piccolo. Lui capisce che se il fratello andrà in una determinata scuola, lui, invece, finirà con i lavoratori.

Penso che sia qualcosa di difficile da accettare. Louis ha un futuro che è rappresentato dalla scuola, Fus ha ciò che gli propone il gruppo, e che non vediamo nel film. Lui entra a far parte di questo gruppo per andare a fare determinate cose, poi l’obiettivo è che il mondo sia in un certo modo e così la Francia.

La madre è e il fratello è lì, ma l’idea è che la vita sembra non offrire nulla a Fus.

Benjamin Voisin e Stefan Crepon

Un’altra domanda che ho fatto anche a Stefan Crepon è a proposito del tuo rapporto con lui, dal momento che siete come fratelli anche nella vita quotidiana. Com’è stato esserlo sul set?

Sì, è stato molto facile e geniale perché abbiamo perso meno tempo (quindi anche meno soldi) per creare una complessità, era evidente fin da subito. E, allo stesso tempo, visto che non siamo due fratelli reali, Vincent Lindon ha potuto trovare la sua giusta dimensione di padre, se fossero stati due fratelli sarebbe stato più complicato. Recitare con Stefan non è difficile, abbiamo iniziato insieme con il teatro, poi abbiamo fatto dei casting insieme, delle audizioni e poi abbiamo girato film diversi. Quindi trovarsi insieme su un film, e lavorarci insieme, per me è stato facile come bere un caffè al mattino. E anche le registe hanno approfittato di questo legame per andare più velocemente.

E cosa ne pensi di questa nuova generazione di attori francesi? A Venezia il premio Mastroianni è andato a Paul Kircher, e dopo aver visto Leurs Enfants Après Eux e Jouer avec le feu posso dire che ero abbastanza sicura che il premio sarebbe andato in Francia.

Una nouvelle nouvelle vague (ride, ndr).

C’è una sorta di cambiamento nell’aria. In realtà io non li conosco molto bene. Tutto ciò che posso dire è che sono molto felice quando i registi mi dicono ciò che hai detto, che la nuova generazione è molto più volenterose, perché ho l’impressione di lavorare di più, di passare più tempo anche a fallire, a provare. Non solo nel cinema, ma in generale. Sono molto felice quando mi dicono ciò perché significa che ho molta voglia di lavorare con le persone della mia generazione. Quindi non ho un’opinione precisa, sono solo eccitato all’idea di poter vedere se è vero, recitando con loro e avendo l’occasione di incontrarli su dei progetti, ovviamente.

Benjamin Voisin oltre Jouer avec le feu

A proposito dei tuoi progetti, analizzandoli, si può trovare un legame tra i personaggi. Fus, per esempio, ha dei tratti in comune sia con Lucien di Illusioni perdute sia con David di Été 85. Da una parte sembra che tutti questi personaggi vadano un po’ contro il sistema, anche se in maniera diversa, dall’altra sicuramente sono i personaggi che emergono maggiormente rispetto agli altri.

Sì, forse c’è questo legame. E poi inevitabilmente sono tutti legati dal fatto che sono io a interpretarli e quindi la faccia è la stessa, anche se provo a trasmettere emozioni diverse in relazione al contesto.

Poi devo dire che mi piace questo tipo di personaggio. Sono tutti personaggi che possono essere anche anti-eroi. E fino a ora ho sempre avuto la fortuna che i registi o le registe vedessero questo in me e mi proponessero questo tipo di ruoli.

In base a quello che hai detto forse ci sono più legami con Illusioni perdute perché nell’altro film non sono il protagonista, anche se capisco quello che vuoi dire ed effettivamente il mio personaggio ha la possibilità di cambiare il mondo in cui vive. Il mio obiettivo è portare emozioni e colori su colori. Non mi interessa il rosso, né il blu, quello che mi interessa è il viola perché ha due cose allo stesso tempo.

Hai dei modelli da seguire per i tuoi personaggi?

Sì, ne ho anche se non guardo molto cinema, preferisco la radio, la pittura, la letteratura, e normalmente passo più tempo a leggere che a guardare film. Il solo momento in cui guardo film e mi concentro su un attore in particolare è in preparazione per i ruoli che ho. In quel caso passo ore a studiare e prendo un attore di riferimento guardandomi tutta la sua filmografia.

Sulla base di quello che hai detto allora mi viene da dire che il personaggio di Lucien in Illusioni perdute è quello più vicino a te, dal momento che si interessa maggiormente all’arte.

Esatto (ride, ndr).

Comunque, per rispondere alla tua domanda, dipende dal film e dalla situazione. Per Jouer avec le feu non ho lavorato in questo modo, anche perché sapevo di essere sul set con un amico che conosco da 10 anni e, per questo, mi sono detto che sarebbe stato facile. E anche con Vincent è stato tutto naturale, non sono stato dietro a particolari trucchi o tecniche. Avevo il ruolo che era il più difficile da mettere in scena, ma ero sereno. Poi penso che, almeno nel mio caso, più sono in confidenza anche con gli altri e meno ho bisogno di una particolare ispirazione.

Titoli all’orizzonte

Progetti futuri?

Ho una serie per Apple TV Plus, Carême, sull’invenzione dell’alta gastronomia in Francia sotto Napoleone nel 1800, quindi tornerò a fare un film in costume come Illusioni perdute.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Per l’intervista e le foto si ringrazia l’ufficio stampa di France Odeon

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