Torna, con la sua 11ª edizione, Mente Locale – Visioni sul territorio, uno dei più importanti festival italiani di cinema documentario, interamente dedicato al racconto del territorio, sia esso naturale, culturale, antropologico o sociale. Per l’edizione 2024 i film in gara nel concorso internazionale sono 13, tra cui tre anteprime italiane, una europea e una assoluta. Opere diverse, uniche e con un grande scopo comune: raccontare le tante realtà del mondo, ponendo il focus su storie e luoghi lontani oppure dietro l’angolo.
Contro l’immediatezza spiccia e poco attenta dell’intrattenimento ‘verticale’ che monopolizza l’attualità, Mente Locale propone opere consapevoli, attente e artisticamente impegnate. Uno dei 13 film selezionati, capaci di rispecchiare queste caratteristiche, è A Plan For Paradise, la storia di un architetto di fama internazionale e del progetto più speciale della sua carriera.

A Plan For Paradise (Kati Juurus, 2023)
Immaginare un nuovo mondo
L’architetto finlandese Pekka Helin è stato incaricato di progettare una nuova città per 600.000 persone in Nepal. Helin, noto per il suo elegante modernismo urbano è ora verso la fine della sua carriera e vuole creare qualcosa “che non è mai stato fatto prima”. La nuova città dovrebbe essere caratterizzata da aree verdi, energia sostenibile e alloggi di qualità, combinando tradizione e necessità della popolazione locale con uno stile moderno, all’avanguardia.
Fin troppo bello per essere vero, infatti Helin e il suo team dovranno ben presto scontrarsi con le ampie differenze culturali che si trovano davanti. Finlandesi e nepalesi non si capiscono ed emerge uno scontro tra i sogni occidentali e la realtà di un paese asiatico complesso e in povertà.
A Plan For Paradise segue intimamente l’architetto Helin e i suoi collaboratori a lavoro, osserva con curiosità il processo lavorativo e il modo con cui affronta la sfida di superare una barriera culturale altissima, insieme ai suoi colleghi, alle persone coinvolte e tutta la popolazione della zona.
L’idea di progettare e costruire una città tutta nuova, proiettata al futuro, per di più in una zona remota e selvaggia del pianeta per definizione come il Nepal, dove tradizione e stile di vita semplice sono ancora magnificamente al centro della vita quotidiana, è di per se un incipit affascinante. A Plan For Paradise riesce a entrare in contatto con tutto questo senza mai dimenticarsi del punto di vista, ovvero quello professionale e con un obbiettivo ben specifico, dei protagonisti.
Per lo stesso motivo si avverte una certa mancanza di emozione, suggestione nelle immagini che restituiscono al contrario un sentore freddo e austero, cosa che la storia raccontata non è, così come non lo sono i suoi personaggi. È dunque facile emozionarsi come i membri del team nel sentire le storie di disagio patite ogni giorno dagli abitanti delle zone più rurali della valle di Kathmandu, seppure le immagini in se non comunichino quel sentimento.
L’attenzione ai temi importanti e delicati uniti all’ironia e l’apparente leggerezza con cui solo un grande artista della propria professione sa affrontare le cose, rendono A Plan For Paradise il reportage di un esempio virtuoso di progresso, consapevole, rispettoso e complesso ma allo stesso tempo ambizioso e innovativo, dai toni inconfondibilmente nordeuropei.
Rinnovare con rispetto
Il film ruota inevitabilmente attorno alle differenze culturali e sul come le persone coinvolte si impegnino per superarle, da un punto di vista esterno ma certamente più vicino a quello del team finlandese di architetti, proponendo un sguardo interessato e curioso sul popolo nepalese, la sua cultura e le sue usanze.
Scene a questo proposito sono molte ed emblematiche all’interno di A Plan For Paradise; con il loro sguardo professionale, i protagonisti, analizzano appassionati l’architettura locale per poterla omaggiare e riprendere all’interno del loro progetto, un gesto significativo ma di certo non scontato, soprattutto viste le tendenze architettoniche contemporanee, che spingono verso città sempre più uguali, banali e prive di una propria identità, fatto riscontrabile, ormai, nelle metropoli di qualsiasi paese, europeo e no.
Come constatato dalle stesse autorità nepalesi coinvolte nel progetto, e ascoltate nel documentario, la Finlandia è un paese che ha saputo distinguersi proprio per questa attenzione al territorio, all’ambiente intorno e dentro alle sue città e per un forte senso di rispetto verso l’arte dell’architettura, bella, funzionale e sostenibile, ma sarà abbastanza per dare vita a questo ambizioso progetto?

A Plan For Paradise (Kati Juurus, 2023)
Esprimersi con le emozioni
C’è anche un aspetto umano non trascurabile, quando si parla di trasformare una distesa incontaminata di campi, in una metropoli futuristica. Molte delle persone che, presumibilmente, abiteranno la nuova città, sono figlie di quella stessa valle che, purtroppo, a causa dei frequenti terremoti, ha lasciato molti senza una casa, senza strade e infrastrutture. Il focus degli architetti, così come quello del film, è virato in breve tempo verso il conoscere queste persone e fare un uso appropriato dei loro racconti più intimi.
Viene affrontata anche la paura della popolazione che una Smart City non possa davvero integrarsi agli equilibri e alle abitudini quotidiane, lavorative e sociali dei luoghi più poveri della valle, lontano dal centro nevralgico di Kathmandu e sviluppatesi organicamente attorno a un continuo scambio tra i possedenti terrieri e coloro che ci lavorano, un equilibrio che pare facile da spezzare.
Dalle questioni più complesse a quelle primarie, come acqua pulita, elettricità, istruzione e sanità, il popolo nepalese si è dimostrato speranzoso ed entusiasta all’idea di una città che possa proiettarli verso il futuro, ma l’attitudine risoluta e pragmatica di quelle stesse persone le mantiene allo stesso tempo caute, sull’attenti nei confronti degli architetti provenienti dalla lontana Europa.
Il popolo chiede una città progettata per “persone, animali, insetti e Dei” è un concetto che non può essere banalizzato, ma compreso, accolto e realizzato. Per quanto piccolo e logoro, nessun tempio può essere spostato anche solo di un metro e non tutti gli alberi possono essere abbattuti. Il team di architetti non poteva spiegare la propria idea con grafici, schemi, calcoli e percentuali, ma mostrarglielo, farglielo percepire, emozionarli; allo stesso modo lo spettatore ha bisogno della medesima spinta, per sognare il futuro migliore possibile per questo luogo speciale.