Tra Diaspore famigliari e senso di sradicamento, Supereroi racconta le esistenze di chi non si arrende alle imboscate della vita. Del film abbiamo parlato con il regista Stefano Chiantini.
Supereroi è il nuovo film di Stefano Chiantini, presentato nella sezione Grand Public della Festa del cinema di Roma.
Stefano Chiantini e il suo Supereroi
Seppur diverso dai film della trilogia dedicata ad altrettante figure femminili Supereroi ne ripropone i temi più importanti. Penso alla riflessione sulla genitorialità svincolata dalla matrice biologica e vissuta al di fuori di qualsiasi aspettativa sociale e ancora alla condizione di sradicamento che anche qui ha a che fare con la rarefazione dei legami famigliari.
Assolutamente sì, come sempre riesci a cogliere in maniera precisa gli aspetti essenziali dei miei film. L’essere genitori a prescindere dall’aspetto biologico e la capacità dell’amore di guidarne le azioni è un po’ il filo conduttore del film e quello di cui in questo momento mi piaceva parlare.
La prima parte del film
Nella prima parte di Supereroi a prendere il sopravvento è il senso di sradicamento che priva i personaggi di un punto d’incontro comune. Separati e lontani uno dall’altro Alvaro, Jenny e Margherita sono una famiglia solo sulla carta. Una situazione che tu traduci dal punto di vista visivo con un “moto a luogo” di cui si fatica a individuare la meta. Esemplare in questo senso è la presentazione di Alvaro, il padre di Jenny, che di fatto vediamo girare e vivere a bordo di un camion.
Sì, è così. All’inizio i rapporti sono a dir poco precari e questo lo si riscontra sia sul piano emotivo che su quello logistico. La madre di Jenny all’inizio la vediamo solo per telefono nel corso delle videochiamate con la figlia e questo è indicativo nel segnalare la destabilizzazione di questi rapporti vissuti nelle soste in autogrill o a bordo di un camion.
Non è un caso se la prima parte, quella della diaspora famigliare, è ambientata in una serie di non luoghi mentre la successiva, sulla scia di una importante svolta drammaturgica, vede il progressivo ricomporsi nel nucleo famigliare e dunque la centralità della casa intesa come spazio degli affetti consolidati.
Mi piaceva creare uno scarto anche visivo tra il prima e dopo, sottolineando come la riscoperta dell’amore debba essere custodita e protetta all’interno di un ambiente famigliare.
Stefano Chiantini in controtendenza in Supereroi
Senza rivelare le svolte narrative che non mancheranno di sorprendere lo spettatore possiamo dire che Supereroi procede in controtendenza rispetto ad altri film del genere perché la rivelazione di scomode verità, invece di allontanare i personaggi, dà loro la possibilità di ritrovarsi e di riconsiderare le rispettive posizioni. Nel film questo succede soprattutto nel rapporto tra padre e figlia.
Sì, perché la rinuncia compiuta da una delle parti va di pari passo con la riscoperta dei rapporti con l’altro. Non voglio dire troppo ma diciamo che il film racconta un percorso al contrario dove la rinuncia conduce alla rinascita.
Uno degli aspetti più riusciti del film è che nessuno dei tre protagonisti vuole apparire diverso da quello che è. Ognuno avrebbe motivi per giustificare i propri errori, ma a prevalere è una sorta di pudore che impedisce loro di cercare scuse.
Sono tutti estremamente spontanei e veri. Forse, come diceva Barbara Chicchiarelli, non hanno neanche gli strumenti per essere altro, sta di fatto che siamo di fronte a persone che si comportano secondo quello che pensano e che sentono. Rispetto alla loro spontaneità e ingenuità non hanno alcun filtro.
Titolo e fotografia
In questo senso il titolo del film mi pare alluda alla capacità dei personaggi di rimanere se stessi e di credere nella possibilità dell’amore nonostante la vita si sia data da fare per convincerli del contrario. Ho inteso bene?
Hai capito benissimo. I personaggi sono supereroi proprio perché vivono quanto gli succede con grande dignità e con grandissimo amore, riuscendo a superare le difficoltà che gli si pongono di fronte.
Per il film scegli una fotografia abbastanza fredda anche in presenza della luce del sole. Una sensazione acuita dalla presenza di architetture dominate dal ferro e dal metallo che concorrono a trasmettere la desolazione che accompagna le vite dei personaggi.
Quel tipo di luce era essenziale per raccontare lo stato d’animo dei personaggi e lo stesso vale per la scelta delle architetture come quella della foresteria dove vive Jenny insieme agli altri ragazzi della squadra di nuoto. Si tratta di strutture i cui elementi mi permettevano di mettere i personaggi in una condizione di distanza e separazione. Con il direttore della fotografia e con la scenografa abbiamo stabilito una sinergia che ci ha permesso di raggiungere lo scopo prefissato.
Il cast di Supereroi di Stefano Chiantini
Volevo chiederti se la scelta di utilizzare Edoardo Pesce in controtendenza rispetto ai ruoli da balordo che lo hanno reso famoso ti serviva per spiazzare lo spettatore come capita al suo personaggio che a un certo punto si rivela diverso da quello che avevamo creduto?
La sfida era proprio quella. Edoardo in Dogman è stato bravissimo a impersonare un personaggio cattivo e spregevole mentre a me piaceva l’idea di portarlo a fare quello che non ti aspetti. Devo dire che questa scommessa secondo me l’abbiamo vinta perché Edoardo è stato veramente bravo.
Nella parte di Jenny Sara Silvestro è davvero strepitosa. Per essere un’sordiente si confronta con due attori come Edoardo e Barbara riuscendo a tenere loro testa senza perdere nulla in termini di freschezza.
Sono contento delle tue parole perché secondo me Sara è proprio brava e il suo esordio è davvero da ricordare. Con Laura Muccino ci siamo accorti subito che aveva le carte in regola per il ruolo di Jenny. Oltre ad avere il fisico adatto, perché anche lei è una nuotatrice, Sara ha una spontaneità e un’emozione che bucano. Il resto ce l’hanno messo Edoardo e Barbara che non hanno mai smesso di aiutarla mettendola nelle condizioni migliori per potersi esprimere.
Il suo è un ruolo sfaccettato perché il film lo racconta non solo nel tormentato rapporto con i genitori, ma anche nelle vicissitudini dell’età giovanile e dunque nelle relazioni con i suoi coetanei.
Grazie, sono contento per le tue parole, lo dico sempre che un film ha bisogno dello spettatore giusto e tu per il mio sei lo spettatore ideale.
Qui per un’altra conversazione con il regista