Alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Special Screenings, è stato presento il documentario Liliana, dedicato alla Senatrice a vita Liliana Segre, diretto da Ruggero Gabbai. Il film, in onda sulla RAI nel 2025, è una produzione di Forma International e RAI Cinema.
Un racconto tra il pubblico e il privato per difendere la Memoria.
Liliana: l’arresto, la deportazione e il farsi Memoria vivente
Ruggero Gabbai ripercorre la testimonianza della senatrice a vita Liliana Segre legata all’arresto, alla deportazione e allo struggente ultimo addio al padre. Il film si basa su accostamenti, rimandi e contrasti tra il racconto storico e il ritratto contemporaneo di una delle donne più importanti del panorama italiano. E mette in luce gli aspetti meno conosciuti della senatrice, facendo scoprire una figura culturale e politica moderna e appassionata nel trasmettere alle giovani generazioni un messaggio di libertà e uguaglianza.
A raccontarla,le voci delle persone a lei vicine. I figli, i nipoti, personaggi pubblici come Ferruccio De Bortoli, Mario Monti, Geppi Cucciari, Fabio Fazio, Enrico Mentana, i carabinieri della scorta, che permettono di avvicinarsi a una Liliana più familiare e privata. Negli ultimi decenni, la senatrice Segre ha testimoniato a più riprese, a partire dal 1994 con l’intervista di Liliana Picciotto. Questi contenuti, realizzati e conservati al CDEC – Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – formano un archivio che permette un prezioso accesso immediato a materiali ancora inediti, intorno a cui il film costruisce la narrazione.
Non abbastanza ebrea per gli ebrei, è unicamente ebrea per i cattolici
“Avevo bisogno di parlare e disimparai a piangere”.
Con queste parole Liliana Segre ricorda quel preciso momento della sua vita, quando, dopo circa quarant’anni dalla tragedia che ha vissuto, sente il bisogno di raccontare l’arresto e la deportazione in Germania. Momenti disperati vissuti dall’intera comunità ebraica, residente in Italia ormai da tempo.
La famiglia Segre, ebrea, ma in sostanza agnostica, vive a Milano da almeno due generazioni, quando il Governo fascista emana le famigerate leggi razziali. Liliana ha solo tredici anni e non riesce a capire del tutto cosa sta succedendo. Sente però, in maniera molto sofferente, un senso di esclusione da una comunità percepita, prima di allora, come casa.
Durante la Grande guerra, il padre, come lo zio, sono stati ufficiali dell’esercito italiano. Il fascismo, almeno ai suoi albori, ha attratto anche le simpatie di qualche componete della famiglia Segre, come tanti altri ebrei che vedono in Mussolini il difensore della borghesia. Mai equivoco più grande, su cui il Duce ottiene il sostegno dei liberali e intellettuali illustri, come Benedetto Croce.
Liliana, il documentario diretto da Ruggero Gabbai (Io ricordo) parte da qui, dai drammatici momenti della deportazione, raccontati direttamente dalla Senatrice a vita, quando ancora bambina, inizia a percepire una scissione d’identità: non abbastanza ebrea per gli ebrei, è unicamente ebrea per i cattolici.
Un pensiero limpido e lucido
Uno stato d’animo personale, ma capace di includere la condizione della gran parte di un intero popolo, vittima della folle persecuzione. Nessun delitto commesso; l’unica colpa, quella di essere nati, per Liliana Segre e i sei milioni di ebrei sterminati dai nazi -fascisti.
Ruggero Gabbia compie una parabola, attraverso le parole della protagonista del suo documentario, che ci restituisce un ritratto, in parte inedito. Il ritmo è rapido, ma tanto basta per fissare le tappe più importanti di una vita sofferta che, con il trascorre del tempo, ha conquistato la pace e la libertà.
Liliana Segre è oggi una donna, appunto di pace e libertà. Dopo tanto strazio ha deciso di mutare il suo dolore in testimonianza, per non permettere più tanta crudeltà. Ruggero Gabbai descrive questo passaggio di condizione soffermandosi su un momento di crisi vissuto dalla sua protagonista. Liliana Segre cade in una profonda depressione. Il terrore vissuto durante la deportazione, poi la detenzione in Germania, tornano a minacciare la sua esistenza. L’odio, inspiegabile, contro di lei è ancora vivo. Ma poi il risveglio e la scelta di diventare testimone vivente della Memoria.
Con estrema lucidità e limpidezza di pensiero, ripercorre la sua vita. Attraverso le parole le generazioni più giovani possono conoscere il male assoluto, per evitare il ripetersi di crimini tanto orribili.
Una lezione di vita
Quella di Liliana Segre non è solo una lezione di Storia. La Senatrice possiede una grande vitalità, cattura l’attenzione, con un linguaggio genuino, semplice e intenso. Commuove, senza mai essere retorica, perché la sua è una vera lezione di vita.
In Liliana l’avvicendamento tra parole e immagini ci restituisce il ricordo di una tragedia collettiva e individuale che ha lasciato segni indelebili, come il tatuaggio con il numero identificativo, impresso sul braccio. L’annullamento del proprio essere, per ottenere annientamento fisico e morale. Liliana, però, non si è data per vita, ha lottato con ogni sua forza, per uscire viva da quell’inferno, dove donne, uomini e bambini diventano cenere.
Una sopravvivenza conquistata a caro prezzo, con tanto dolore: la separazione dal padre e la morte dei nonni, anziani e malati, fatti prigionieri. Dopo tanto orrore, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa arrivano ad Auschwitz. I tedeschi sono scappati, lasciando dietro di loro solo distruzione e morte e ai soldati russi e al mondo intero, non resta che stupirsi del mal altrui, per usare le parole di Primo Levi.
Liliana: un impegno civico
“Mi ero nutrita di odio e vendetta”
E quando i nazisti sentono che la loro fine è giunta, iniziano a indossare abiti civili, cacciano i cani e gettano le pistole. Una di queste cade ai piedi di Liliana che, per un solo attimo, pensa di raccogliere l’arma e farsi vendetta. Tutto, però, dura pochi istanti. Liliana comprende immediatamente di essere estranea a quella mostruosa follia di odio. Lei non è come i suoi aguzzini e preferisce liberarsi dal male, diventando una donna di pace.
In Liliana, poi, si passa alla dimensione privata della Senatrice a vita. La parola va ai figli e ai nipoti che hanno conosciuto l’orrore vissuto dalla mamma e dalla nonna, con il giusto tempo, rispettando un trauma di una donna che si è messa al servizio della comunità.
Ruggero Gabbai realizza un mosaico di voci, con l’obiettivo di tratteggiare un affresco del nostro Paese, tra passato, presente e futuro. La difesa della Memoria è un dovere per tutti noi, soprattutto quando non mancano i tentativi di revisionismo sulla pagina di Storia più buia dell’intera umanità.
Liliana è la conferma di un impegno civico preso dal regista, già in passato, con il suo primo lavoro, Memoria, un documentario sulla Shoah italiana, selezionato al Festival di Berlino e L’ultimo inganno, dedicato ai bambini ad Auschwitz.