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Editoriale

Venezia 81: resoconto finale sulla Mostra Internazionale del Cinema

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Si sono spenti  i riflettori sull’ultima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia; qualche considerazione “a posteriori” su un festival intenso dal punto di vista dell’entertainment, meno da quello della qualità delle opere proposte in sala.

Una Venezia 81 ricca di star e glamour ma nessun colpo di fulmine quest’anno, cinematograficamente parlando.

Ho adorato Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton, film d’apertura non in concorso, che sancisce il ritorno del regista a una piena libertà creativa. Ho visto due volte Joker Folie à Deux di Todd Phillips e, per quanto ami Lady Gaga, Joaquin Phoenix alias Joker è monumentale e il paragone con lui non regge. La cantante, nei panni di Harley Quinn, è un’ottima performer, coerentemente con il ruolo assegnatole, ma non riesce a dare le giuste sfumature a un personaggio così sfaccettato. Phoenix ci regala più di qualche scena memorabile, grazie alle sue straordinarie doti canore e interpretative.

Il cinema francese riesce a intercettare problematiche legate alla contemporaneità e a delineare il delicato passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, in due film che parlano di rapporti tra padre e figli, Leurs enfant après eux e Jouer avec le feu (The Quiet Son). Curioso il fatto che entrambi siano stati girati da una coppia di fratelli; il primo da Zoran Boukherma e Ludovic Boukherma e il secondo da Delphine et Muriel Coulin.

Vincent Lindon, protagonista di Jouer avec le feu, si conferma uno dei migliori attori in circolazione e conquista la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. Spiace per Nicole Kidman che non ha potuto ritirare il medesimo premio come protagonista femminile in Babygirl (a causa dell’improvvisa morte della madre), thriller erotico inutile e a tratti ridicolo, dove l’attrice australiana si mette in gioco con coraggio, vestendo i panni di un personaggio controverso.

The Brutalist, Leone d’Argento per la miglior regia a Brady Corbet, rigoroso dal punto di vista formale, pantagruelico nella durata (ben 215 minuti!), delinea il percorso di Tóth (Adrien Brody) fuggito da un’Europa post-bellica per approdare nella “terra promessa”, gli Stati Uniti d’America. Forse un film che si perde nella sua ambizione (non a caso ha richiesto ben dieci anni di lavorazione) e nello sviluppo di una serie di sottotrame.

Gran Premio della Giuria all’italiana Maura Delpero (alla sua opera seconda) per Vermiglio, film che racconta un microcosmo di un piccolo paesino tra le montagne del Trentino, conquista per la sua naturale autenticità.

Tra i film “collaterali”, assolutamente da vedere il documentario 2073 di Asif Kapadia, una visione distopica che ci offre interessanti punti di riflessioni sul futuro dell’umanità e del mondo.

Che dire, infine, di Pedro Almodovar, vincitore del Leone d’Oro? Il regista spagnolo con The Room Next Door, ha realizzato un film profondo e poetico che mostra tutta la sua sensibilità, creando visivamente dei veri e propri quadri, come un nostalgico Magritte, sebbene l’opera si discosti molto dall’Almodovar che conosciamo con i suoi intrecci narrativi e i suoi “colori”.

Un film statico e contemplativo, basato sulla parola e sulle interpretazioni di Julianne Moore e Tilda Swinton. La prima è la parte emotiva della storia mentre la seconda recita “in sottrazione”, nascondendo il tumulto interiore dietro un muro di glaciale imperturbabilità. Siamo lontani da Dolor y Gloria, capolavoro del cineasta, o da Volver con la musa del cineasta, Penelope Cruz, in stato di grazia.

In definitiva, in una mostra che ha riportato Hollywood sul red carpet veneziano, mandando in visibilio il Lido come non mai con l’affiatatissima coppia Brad Pitt e George Clooney (fuori concorso conWolfs), è mancata l’emozione in sala.

Da rivedere la lunghezza dei molti film in concorso, anche se la noia, spesso, non è scaturita solo dalla durata; quando un’opera non ti fa dimenticare del tempo e cominci a guardare l’orologio in sala, qualcosa non va.

Una considerazione che mi è saltata in mente durante la conferenza finale: strano che questa mostra si sia aperta con un film, non in concorso, Beetlejuice Beetlejuice che parla di morte, con irriverenza e giocosità, e si sia concluso con la vittoria di un altro film, The Room Next Door, che parla di morte nel modo più tragico possibile, quasi a chiudere un cerchio.

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