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Interviews

Susanne Bier, il cinema dell’intimità

Alla 22a edizione dell’Ischia Film Festival abbiamo intervistato la regista premio Oscar Susanne Bier

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Susanne Bier

Susanne Bier, l’intensa regista danese di Non desiderare la donna d’altri (2004), Dopo il matrimonio (2006), In un mondo migliore (2010), Bird Box (2018) e la serie televisiva The Undoing – Le verità non dette (2020) ci racconta il suo mondo, il suo cinema e il nuovo progetto The Perfect Couple, che ritrova come protagonista Nicole Kidman.

C’è una meravigliosa generazione di registi danesi: lei, Nicolas Winding Refn, Lars Von Trier, Thomas Vintenberg. Ci sono scambi tra voi, idee, connessioni?

Molti di noi sono andati a scuola di cinema. Alcuni anche frequentando la stessa scuola. La Danimarca è un posto piuttosto piccolo, quindi ci conosciamo tutti. Penso che quello che sia successo è che, a un certo punto della storia del cinema danese, è diventato chiaro che non potevamo competere con il cinema americano in termini di budget e “grandezza” di film. C’è stato un passaggio generazionale, con l’idea di concentrarsi sui personaggi e sulla narrazione. E penso che questo sia diventato in qualche modo contagioso. Credo anche che ci siamo sfidati un po’ a vicenda, abbiamo visto cosa facevano gli altri e ne siamo stati ispirati. Non penso neanche sia insolito. Se guardi alla storia del cinema, scopri che questa coincidenza generazionale avviene in molte nazioni diverse. Potrebbero capitare dieci anni, anche più, in cui un cinema nazionale è meno significativo e poi arriva un’ondata di registi. Un po’ come è successo in Italia. Aggiungo anche che sarebbe auspicabile un nuovo Dogma 95, aggiornato ai nostri tempi, che rinnovi, con originalità, il cinema, per provocare e innovare ancora.

Da un punto di vista stilistico, al cinema, si associa l’idea di intimità al primo piano.

Sono sempre stata stilisticamente molto interessata al primo piano, dove puoi esprimere l’intimità, i sentimenti. I film che parlano di persone e sentimenti sono i più facili da fare, per me. Mi sento a mio agio in quelle storie. Per questo, il film più difficile che sento di aver realizzato è stato Bird Box. Il senso è trovare la verità del momento della scena, quando giri. Il primo piano è come se rimuovesse gli strati inutili che ci sono intorno all’inquadratura. È come concentrarsi intimamente su qualcosa. Il primo piano elimina il rumore di contorno. Poi, certo, lo stile di regia dipende dalle situazioni che vai a raccontare. Se tu fai un primo piano, gli attori, come le persone, si comportano diversamente.

Bird Box

Bird Box

Se dovesse scegliere una caratteristica dell’attività registica, quale sarebbe?

Credo che i registi debbano essere straordinariamente curiosi del mondo, altrimenti meglio cambiare mestiere. Curiosi anche dei luoghi, oltre che delle persone e dei sentimenti.

Come dirige gli attori sul set?

Non sono una regista che dà molte indicazioni. Secondo me è inutile riempire gli attori di consigli. Sono, invece, molto attenta a come si vestono, per esempio, a dare un contesto preciso al loro ruolo. Se posso usare una metafora, preferisco accompagnarli per mano che spingerli. E poi mi piace che ci si diverta sul set, che ci sia una bella atmosfera. Anche nelle scene di sesso li lascio fare. In ogni momento voglio creare un clima di fiducia, così si dà il meglio sul set.

A proposito di attori, dopo l’esperienza insieme per The Undoing, Nicole Kidman sarà di nuovo protagonista nel suo prossimo progetto, la serie Netflix The Perfect Couple.

Nicole Kidman è un’attrice magnifica. È un po’ come se venisse da un altro pianeta o qualcosa del genere. Si avventura totalmente in ogni personaggio che fa. E non ha paura, fa qualsiasi cosa, tutto con uno straordinario controllo. È eccezionale, perché ha ogni strumento per elaborare i ruoli che le si affidano. Ha il coraggio di spingersi in luoghi estremi. Per me è semplicemente straordinaria.

The Undoing

The Undoing

Anche The Perfect Couple gira intorno a un matrimonio. Cosa la attira di un evento così? Ne parla anche in altri suoi film.

The Perfect Couple si muove intorno a una cena di prova, la notte prima del matrimonio. Non ho una particolare attrazione nei confronti del matrimonio, ma penso che sia un evento perfetto per riunire persone che normalmente non si troverebbero insieme. Se organizzi una festa di compleanno, è probabile che il gruppo sia in qualche modo abbastanza omogeneo. A un matrimonio no. Quindi è un momento delizioso in termini di tensioni e confronto. Visivamente, poi, tende a essere qualcosa di sontuoso. I matrimoni sono belli, le persone sono ben vestite. C’è un’atmosfera elegante e penso che a tutti piaccia guardare una situazione del genere. L’abito della sposa e quello degli altri invitati. Si crea un bel colpo d’occhio. A me piacciono gli eventi familiari, tutti i miei film ne hanno uno all’interno.

Ci racconta qualche altra cosa della regia di The Perfect Couple? L’ha girato seguendo l’ordine cronologico della storia?

È un dramma in sei parti, anzi una commedia gialla con omicidio, che ho girato a Cape Cod lo scorso anno. Non ho girato prima un episodio, poi l’altro, ma tutto insieme e successivamente montato. È un enorme puzzle da avere in mente. Sei ore di film, con tanti personaggi e molte scene. È come avere tante scacchiere che su cui devi giocare contemporaneamente. In realtà, mi sto divertendo molto a farlo, ma è impegnativo, un lavoro enorme. Girarlo è stato veramente lungo, abbiamo dovuto interrompere le riprese a causa dello sciopero degli attori. Comunque, uscirà su Netflix il 5 settembre. Quando avrò finito, mi prenderò una lunga vacanza. E poi non so cosa farò dopo.

Negli ultimi anni sta lavorando più a serie televisive che a film per il cinema. È una dimensione che le piace particolarmente?

Con la serie televisiva puoi avere più tempo e andare più in profondità. Però mi piacciono  entrambi i formati. Certo è molto impegnativo lavorare a un film di sei ore. Voglio anche tornare a fare qualcosa di più conciso, una storia di un’ora e mezza, due. Non preferisco una cosa rispetto all’altra. Mi sembra un po’ la differenza tra romanzo e racconto. È divertente il romanzo, con la ricchezza delle sue trame, ma potrei presto voler tornare a un più breve racconto.

Dopo il matrimonio Susanne Bier

Quale elemento le fa decidere che una storia diventerà un film?

Ci sono dei momenti, quando leggo una sceneggiatura, che mi fanno entrare nell’idea di farne un film. Mi creano un’immagine che già mi porta dentro il film. È come un senso di profondità, visiva ed emotiva, che si apre. Penso che tutti i miei film si siano concentrati sugli spazi fra gli esseri umani. È la curiosità verso le persone, i loro comportamenti e sentimenti, che mi spingono a fare cinema.

Quali registi del passato considera suoi maestri e fonte di ispirazione?

Non credo di avere un solo maestro. E, ogni volta che mi viene chiesto quali siano i miei film preferiti, anche questi cambiano continuamente. Di solito, però, Il cacciatore rimane sempre in questa lista, così come Il padrino o qualunque film di Billy Wilder. Ho una predilezione particolare per le commedie americane, A qualcuno piace caldo su tutte. Probabilmente ho visto Il padrino cinquanta volte e mi piace ancora tanto. E poi Mean Streets e Quel pomeriggio di un giorno da cani.

Quali sono le maggiori differenze tra lavorare in Europa e negli Stati Uniti?

In un certo senso, non c’è nessuna differenza, stai sempre facendo il tuo lavoro di regista. Negli Stati Uniti, però, tutto è più grande, in termini di budget, logistica, attori. C’è una maggiore pressione. Lavori con star che, anche se sono impegnate con te, magari non si presentano sul set perché hanno pure altre cose da fare e tu devi far fronte a tutte queste situazioni, rispettando con precisione, però, il piano di lavoro.

Oggi lavora in grandi produzioni, ma è stato difficile all’inizio in quanto donna?

Oggi non mi capita più, ma per molti anni ho avuto uomini che mi parlavano in un modo che non avrebbero mai usato con un altro uomo. Penso che ci sia una misoginia intrinseca in questo settore, ma probabilmente è ovunque. In Europa come a Hollywood. Invecchiando, diventi più forte. Ho fatto molto ed è facile per me, adesso, fronteggiare e sconfiggere questo atteggiamento. A volte penso che devi essere molto mascolina nel tuo approccio e credo capiti che giovani registe vengano ignorate perché non hanno la naturale sicurezza che io, oggi, magari ho. Quando ero alla scuola di cinema, ricordo che ero seduta in un panel ed ero l’unica donna. C’erano molti uomini a parlare dei loro film. Usavano tante parole davvero sofisticate e tutto il resto. Poi siamo andati a vedere i loro film ed erano una merda. Penso anche che, in generale, le donne non siano educate a essere pretenziose come è molto più frequente tra gli uomini…

NON DESIDERARE LA DONNA D'ALTRI

Le sarà capitato di ricevere recensioni negative…

Ho fatto il mio primo film che è stato un successo. Poi il secondo un fallimento pazzesco. È stato massacrato dalla critica danese e nessuno è andato a vederlo. Un disastro completo. Non lo hanno capito? No, era semplicemente un brutto film. Avevo fatto una cazzata. Poi l’ho compreso. Tutti commettiamo errori e dobbiamo superarli, imparando a perdonare noi stessi e quelli che non la pensano come te. Bisogna andare avanti senza soffermarsi troppo, senza pensare che la colpa sia del resto del mondo. Perché, una volta che lo fai, una volta che diventi una vittima, ti perdi. All’opposto, quando il mondo ti dice che sei un genio, non crederci nemmeno, così come quando ti dice che sei uno stupido totale. Devi trovare un equilibrio per accettare quello che ti manifesta la gente, così come quello che scrive la critica.

Quanto è importante per un regista controllare ogni aspetto del suo film?

Molte decisioni avvengono direttamente sul set e sono del tutto arbitrarie. Devi scegliere velocemente e il caso ha sempre una sua parte. Non sono una fan del controllo di ogni dettaglio. Alla fine, è un processo organico. Devi conoscere il tronco dell’albero del tuo film, ma non puoi controllare in anticipo tutti i rami che crescono. Sul set non puoi affrontare solo ciò che hai pianificato, altrimenti sei nei guai, perché non va mai come previsto. Un po’ come nella vita.

The Undoing

The Undoing

Qual è il suo rapporto con l’Italia, Paese in cui pure ha girato?

La grande storia del cinema, della letteratura, dell’arte, sono di casa qui, è qualcosa che non scopro io. Quello che mi piace dell’Italia è l’amore per la vita, anche nelle sue oscurità, la luce anche nel buio. C’è come una gioia di vivere che ha a che fare con il paesaggio, il cibo, la bellezza.

C’è un film italiano che preferisce in particolare?

Stiamo facendo questa intervista in quella che fu la villa di Luchino Visconti, un regista che ho sempre amato… Morte a Venezia in particolare. Non saprei spiegare precisamente il perché, mi prende e basta. E poi mi piacciono i film che non sono fatti da italiani, ma che abbiano al loro interno un elemento italiano, non importa quale sia. Per esempio, adoro A Venezia… un dicembre rosso shocking. Mi intriga particolarmente il mix di varie culture.

Che futuro vede per il cinema, invasi come siamo da internet e intelligenza artificiale?

Raccontare storie è qualcosa che non andrà mai via, perché queste ci dicono chi siamo, da dove veniamo e persino perché le cose non vanno come vorremmo. Certo la tecnologia ha cambiato e cambierà ancora il cinema. Forse non capiremo più cosa sarà fatto dagli uomini e cosa dall’intelligenza artificiale. Questo può farci paura, ma è qualcosa che dovremo affrontare e governare.

Il film per cui, nel 2011, ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero, in danese si intitolava Vendetta, ma in italiano In un mondo migliore. È un mondo migliore quello che stiamo costruendo?

Mi sembra che, oggi, nel mondo, ci sia una sorta di brutale polarizzazione che trovo spaventosa. Non solo nel campo politico, ma anche umanamente, è come se avessimo perso la capacità di perdono e gentilezza. Virtù che non coltiviamo e apprezziamo più. Tutti vorremmo insegnare ai bambini, il nostro futuro, le cose che contano e hanno valore, ma queste non sembrano più così di moda in questo periodo. Mi sembra preoccupante l’aggressività dilagante. Non è il mondo di cui voglio far parte.

In un mondo migliore

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