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‘Il picco della Ventura’: il cortometraggio animato di Mattia Tafel

'Il picco della Ventura’, il cortometraggio diretto da Mattia Tafel, classe 1999, che utilizza la Pixel Art, è in anteprima a Trento. Il regista racconta il suo progetto.

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Il Picco Della Ventura

‘Il picco della Ventura’, il cortometraggio animato diretto da Mattia Tafel, classe 1999, che utilizza la Pixel Art, è in anteprima a Trento.

La trama

‘Il picco della Ventura’ racconta la storia di Milo e Juno, due amici che vivono ai piedi di una montagna, e che intraprendono un avventuroso viaggio per raggiungere il “Picco della Ventura” nella speranza di vedere il futuro. Tuttavia attraverso sfide e pericoli, scopriranno che ciò che conta davvero non è ciò che vedono sulla cima, ma il legame che condividono e l’importanza del presente.

Raccontando de ‘Il picco della Ventura’ Mattia Tafel ha scelto Milo e Juno, due protagonisti animati dal corpo asessuato che sono differenziati solamente da colori differenti.

Nella creazione del personaggi il regista dice:

Questa connotazione è voluta perché la storia che volevo raccontare è una storia di affetto, un’avventura vissuta insieme, che crea una crescita per entrambi; non voleva essere una storia d’amore di coppia, però può anche essere letta così, se si volesse. L’accettazione va oltre l’identità del singolo, perché l’importanza non è concentrarsi su se stessi: voler conoscere il futuro è quasi un egoismo, dettato dall’insicurezza, soprattutto nel personaggio di Juno, invece la cosa che ha maggior valore è il rapporto con l’altro, chi sta vicino, e non la propria persona con le proprie paure che, se condivise, si possono superare, per aumentare addirittura il legame.

Il Picco della Ventura

La montagna per Mattia Tafel

Parlado delle vette e del paesaggio alpino che domina il corto racconta il desiderio per il suo soggetto:

La montagna è per eccellenza il luogo in cui si va a camminare, da solo con te stesso, o comunque con poche altre persone: con il fiatone che ti accompagna, è un momento per pensare alle proprie cose, anche ai propri problemi, è una possibilità di riflessione; per me, come credo per molti, la montagna è un luogo in cui si rallenta, si riflette, con la proiezione verso la vetta, che è una progressione lenta del percorso di vita.

All’interdo di ‘Il picco della Ventura’ vi è l’elemento naturale della stella alpina, parlando del simbolo di questo fiore, Mattia Tafel racconta:

Da piccolino, di stelle alpine, ne riuscivo a vedere qualcuna in montagna, adesso sono tantissimi anni che non riesco più: è la bellezza della Natura che patisce, più che altro per nostre cattive abitudini, a inquinare, a raccogliere i fiori. Rispetto al segreto, è una di quelle cose che ho lasciato apposta un po’ ambigue, così che chi guarda possa esplorare di più se stesso; per me significava la perdita di qualcosa di importante, era riconducibile anche alla mia infanzia, alle passeggiate con i miei genitori; quindi, è simbolo della bellezza e della fragilità.

L’amicizia e l’avventura de ‘Il Picco della Ventura’

Tafel racconta nel suo film di un’amicizia in cui nel momento della chiamata all’avventura Milo vuole che l’amico gli stia affianco. Ciò si affianca al sentore generazionale sull’accudimento. Ecco cosa ha risposto il regista a CinecittàNews.

Sia nella mia cerchia, ma anche guardando oltre, c’è questo sentimento di investire energie verso persone che non si conoscono per niente, che magari percorre migliaia di chilometri cercando ospitalità, o che arrivano da guerre lontane: mi sembra ci sia questa voglia che viene da dentro, senza interessi personali, dettata da convincimenti personali; la fragilità dell’altro permette di far percepire anche la propria, quindi la cura dell’altro è un atto altruistico che però un po’ riflette la propria condizione, l’incertezza, quindi mi piace questa solidarietà che si crea, spesso forse più nel mondo digitale che in azioni concrete, ma anche ‘solo’ questo può significare qualcosa, e sì, è qualcosa che rintraccio molto nella mia generazione.

Il look visivo del cortometraggio utilizza la Pixel Art, tecnica che richiama un po’ i videogiochi “vintage”. Tafel racconta del perchè di questa scelta.

C’è stata nella mia infanzia la presenza dei videogiochi, che mi ha sicuramente lasciato qualcosa di nostalgico, ma anche un’estetica particolare; nella Pixel Art ho trovato una possibilità di sottrazione che lasciasse più spazio all’immaginazione, così che nella semplicità generale potessi dare una direzione estetica più precisa al minimalismo delle immagini; è un linguaggio quasi infantile, come il tratto dei personaggi, e lì si racchiude il senso della visione.

Il Picco della Ventura Poster

Il futuro di Mattia Tafel

Juno a un certo punto chiede a Milo: ‘Non hai mai desiderato scoprire cosa ci riserva il domani?’. Per lei quanto è essenziale questa domanda a titolo personale, tanto da aver creato un film che ruotasse intorno a questo tema?

Ho 24 anni e questa cosa me la chiedo da quando ho finito il liceo, e si rinnova adesso, che ho terminato l’università (Laurea Specialistica in Design della Comunicazione, Politecnico di Milano): avere la possibilità di guardare il futuro e sapere cosa mi aspetti mi tranquillizzerebbe tantissimo, soprattutto il queste fasi in cui c’è la potenzialità di mille strade da percorrere; è una cosa ricorrente, che per me ritorna; soprattutto adesso, che mi aspetta il mondo del lavoro, sento questa tensione. Sono abbastanza riservato come persona e questa storia è stata anche un modo per esplorare e comunicare questa cosa. Da grande, più in generale vorrei fare il regista: pensare una storia e produrre un cortometraggio sono capace, ma per avere una squadra avrei bisogno di mezzi maggiori, e l’animazione è stato il primo linguaggio che ho incontrato, efficace per quello che posso realizzare adesso, ma comunque mi piace molto, seppur non escluda anche il live action, ma sicuramente l’animazione permette di raccontare cose assurde creando empatia e suscitando emozioni e sentimenti anche con pochi elementi.

Fonte: CinecittàNews

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