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Asian Film Festival

‘Sana’, una nuova regina del J-Horror creata da Takashi Shimizu

Sana viene proiettato come film di chiusura del Japan Day all'Asian Film Festival 2024. Forse assistiamo alla nascita di una nuova protagonista del J-Horror

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Per il Japan Day, la giornata dedicata alla nuova cinematografia giapponese dell’Asian Film Festival 2024, ha chiuso la serata il J-Horror Sana del maestro Takashi Shimizu.

Shimizu è ormai un autore affermato e film come The Grudge sono entrati nell’olimpo del cinema horror mondiale, diffondendo nuove modalità di descrivere il terrore. Insieme a capolavori come Ringu di Hideo Nakata e Cure di Kurosawa Kiyoshi, i lavori di Shimizu hanno contribuito a far conoscere al mondo il J-Horror e le sue caratteristiche come genere che è ormai apprezzato in tutto il mondo.

J-Horror: caratteristiche generali

L’ondata del J-Horror contemporaneo inizia negli anni Novanta, un periodo molto difficile per la società giapponese. Nel 1991 scoppia la cosiddetta bolla speculativa, causando una devastante crisi economica i cui effetti arrivano quasi fino ai giorni nostri. Inoltre, nel 1995 avvengono due tra gli eventi più traumatici della storia del Giappone del dopoguerra: uno dei più violenti terremoti della storia devasta la città di Kobe e pochi mesi dopo avviene l’attentato alla metro di Tōkyō ad opera della setta millenarista Aum Shinrikyō.In questo contesto fanno da padroni sentimenti di ansia e di timore: la società non è più stabile e il male sembra venire dall’interno.

Per questo motivo i primi lavori di J-Horror spostano la scena del terrore. Basta con le ambientazioni classiche di cimiteri e case vittoriane. Largo a luoghi spaventosamente familiari e a fantasmi che agiscono nella nostra realtà. Non siamo più al sicuro da nessuna parte.

Anche i personaggi rappresentati sono persone comuni e gli spiriti violenti sono animati da motivazioni legate al proprio vissuto nella società contemporanea. Spesso sono proprio gli spiriti malvagi a rappresentare un espediente per denunciare problemi interni alla società giapponese come il bullismo, l’enorme pressione esterna a scuola e al lavoro e la solitudine estrema.

Sana – Trama e commento

Una boydand di idol è tormentata da un motivetto che proviene da una cassetta registrata trent’anni prima. Un detective indaga sulla sparizione di uno dei membri della band e scopre che dietro c’è Sana. Si tratta dello spirito di una ragazza crudele, intenzionata a rubare la canzone dell’anima di chiunque la ascolti cantare.

Il film potrebbe essere preso come il perfetto manuale per chi si approccia al J-Horror per la prima volta. Rispetta (quasi) perfettamente tutte le caratteristiche del genere. C’è uno spirito femminile vendicativo, c’è una casa infestata in un quartiere normalissimo. Compare persino un bambino non nato, maledetto. La ragazza ha un passato con una storia dolorosa, che in qualche modo dovrebbe, se non giustificare, quantomeno spiegare la sua sete di vendetta. Sana ci viene presentata come una ragazza timida e dolce. È vittima di bullismo e di una madre che per qualche ragione la odia, mentre lei vorrebbe solo portare gli altri nel suo mondo fatto di musica.

Il montaggio sonoro è uno degli aspetti più validi del film. Riesce a trasmettere il senso di inquietudine della voce di Sana, contrapposta a quella degli altri personaggi che hanno sempre una voce più bassa e dimessa rispetto a lei.

Il film porta anche una critica all’ambiente degli idol, cantanti pop che costruiscono un vero e proprio brand solidissimo incentrato sull’immagine del gruppo a cui appartengono. Purtroppo però non si può dire che la critica sia pienamente riuscita. Il film manca del sarcasmo sottile che dovrebbe invitare lo spettatore a una riflessione sull’industria degli idol, e risulta a tratti quasi mera promozione della band protagonista, i Generation, una vera band di idol.

Il film è infarcito di scene che richiamano altre opere del genere, come Shining, e altre scene emblematiche prese direttamente da altri film di Shimizu, come The Grudge. Tuttavia, Sana manca della profondità delle opere precedenti: una premessa interessante si perde in una narrazione a tratti quasi didascalica, che porta lo spettatore per mano e cerca di connettere tra loro tutti i dettagli senza lasciare il gusto di poterli comprendere da soli.

Sana – Una costruzione che lascia a desiderare

Sana è un personaggio poco costruito che non ha la profondità di altre grandi protagoniste del J-Horror. Il film spiega le sue motivazioni, ma esse mancano comunque di una certa forza che ci permetta di empatizzare con lei. Ciò non è un dettaglio scontato, poiché siamo abituati a vederlo con altre famose creature dei J-Horror dallo spirito dannato e vendicativo. Per fare un esempio che vale su tutte, citiamo Tomie, protagonista del manga di Junji Itō. Sana non ha nemmeno la grandezza di un villain che fa del male per il puro gusto di farlo, spinto solo da odio e crudeltà sinceri. Si percepisce che c’è del dolore e della solitudine più profonda nella sua anima che la spingono a compiere il male. Tuttavia, nulla di tutto questo viene mai elaborato fino in fondo.

La salvezza che porta alla risoluzione viene dal coraggio della manager del gruppo, che ha compassione per lo spirito dannato di Sana. In un gesto di estremo altruismo, decide di rischiare tutto entrando nel mondo di Sana nel disperato tentativo di salvare la sua anima. Tuttavia anche questo espediente, per quanto nobile e significativo, non è pienamente giustificato da una solida costruzione del personaggio della manager. Assistiamo a una quasi totale assenza di una riflessione concreta e profonda che porti alla decisione radicale di avere compassione per Sana. Ciò minimizza in un certo senso la portata del gesto che appare quasi come un modo per trovare una conclusione a tutti i costi.

La tensione finalmente si scioglie, ma nella scena appena prima dei titoli di coda vediamo di nuovo qualcuno (forse Sana?) con un registratore per cassette al collo. La storia non è ancora finita.