Per chiudere la prima giornata della 53° edizione del Festival dei Popoli di Firenze, la più importante rassegna italiana sul documentario, è stato scelto Room 237 del regista statunitense Rodney Ascher.
Il documentario, già passato quest’anno al Sundance Film Festival e alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, è incentrato sulle varie teorie che circolano da diversi anni su Shining, il capolavoro realizzato nel 1980 da Stanley Kubrick. L’opera di Ascher prende il titolo dalla stanza proibita dell’Overlook Hotel da cui è bene tenersi alla larga e che costituisce una delle chiavi di lettura più suggestive e affascinanti del film di Kubrick. Nel documentario, che mostra, smonta, rallenta e analizza molte sequenze del film, sono infatti presenti diverse interpretazioni di alcuni giornalisti e studiosi che hanno interpretato nei modi più diversi l’opera kubrickiana. Secondo il reporter Bill Blakemore si tratterebbe di una pellicola che parla del genocidio degli indiani d’America, tesi meno nascosta e più “scontata” rispetto alle altre di cui parleremo a breve visto che viene detto esplicitamente in un dialogo all’inizio del film che l’albergo è stato edificato nei primi anni del ‘900 su un antico cimitero indiano subendo anche degli attacchi da parte dei Pellerossa nei due anni che servirono per la sua costruzione. Un’altra teoria vuole invece che il film sia incentrato sull’Olocausto, tema su cui il cineasta avrebbe voluto realizzarci un’opera ma che non trovò mai la forza necessaria e il giusto spirito per affrontarlo direttamente. Ecco allora i numerosi indizi nascosti e seminati lungo tutta la pellicola basata sul romanzo dell’orrore di Stephen King. Dalla macchina da scrivere, una Adler che in tedesco significa aquila – uno dei simboli del nazismo – usata dal Jack Torrance interpretato da Nicholson, al numero 42, anno in cui Hitler cominciò a pianificare lo sterminio degli ebrei, che ricorre più volte nel film, prima su un maglione del bambino e poi proprio all’interno del numero della stanza proibita: 237 = 2x3x7 = 42. A proposito di questo numero bisogna sottolineare che nel romanzo è diverso, si tratta del 217, e che sarebbe stato modificato in sede di sceneggiatura perché nell’hotel preso a modello per il film esisterebbe una camera che riporta questa numerazione. La teoria più interessante espressa nel documentario afferma che ciò non sarebbe vero e che questa modifica si spiegherebbe solo col bisogno di Stanley Kubrick di confessare tra le righe di essere stato l’artefice nel 1969 delle riprese in studio, nel teatro di posa numero 237, del falso allunaggio dell’Apollo 11. Infatti quando Danny, il bambino dei Torrance, entra nella stanza la trova aperta e con la chiave inserita che riporta sulla targhetta la scritta “Room No 237”, parola che al suo interno ne conterrebbe due, room moon, ovvero la stanza della luna, alias teatro di posa numero 237.
Chiave di lettura decisamente suggestiva e che ricorre come una sorta di leggenda metropolitana da diversi decenni, sostenuta anche dal fatto che poco prima d’entrare al suo interno Danny indossa un maglione dov’è disegnato proprio l’Apollo 11 con tanto di scritta in bella mostra! Va detto che a differenza di chi sostiene che la missione fosse un falso qui non si afferma certo che l’uomo non sia sbarcato sulla Luna ma semplicemente che il Governo Americano abbia commissionato un video falso dell’evento all’uomo che nel 1968 aveva stupito il mondo con 2001: Odissea nello spazio, convinto che sarebbe stato difficile riuscire a mostrarlo dal vero.
Oltre a queste tesi insolite e curiose nel documentario sono presenti altri elementi inediti come ad esempio la sottolineatura del colore dell’auto dei Torrance che vediamo nella celebre ripresa aerea nell’ overture di Shining, un maggiolino giallo a differenza del romanzo dove viene descritto di colore rosso. Più avanti nel film ritroviamo il capo cuoco Dick Hallorann, dotato anch’egli della luccicanza e “chiamato” in soccorso da Danny, che nel suo viaggio verso l’Overlook Hotel s’imbatte in un incidente dove s’intravede un maggiolino rosso travolto da un camion. Come a dire che Kubrick avrebbe mandato un messaggio in codice a Stephen King per fargli comprendere che si era appropriato del romanzo e lo aveva completamente trasformato in una sua creatura, diversa e lontana dalla base di partenza. Sono tantissime infatti le differenze e le modifiche apportate dal grande cineasta rispetto al libro che fecero contrariare tantissimo lo scrittore del Maine fino a spingerlo anni dopo alla decisione di realizzarne una miniserie tv sceneggiata da lui stesso e di cui francamente non si sentiva il bisogno visto l’esito finale.
Un’ultima annotazione: nel documentario sono presenti alcune sequenze di Shining inedite in Europa presenti nella versione del film disponibile in Nord America e nel resto del mondo, più lunga di oltre venti minuti rispetto a quella che conosciamo noi.
Room 237 è una visione piacevole ed interessante, specie per i numerosissimi fan ed estimatori di Kubrick (di cui tra l’altro vengono mostrate diverse immagini tratte da alcuni suoi capolavori), che ha il merito di non prendersi mai troppo sul serio e di lasciare ad ogni spettatore la chiave di lettura che più lo convince o di rifiutarle in toto e continuare ad apprezzare questo capolavoro unicamente nella sua veste squisitamente horror.
Boris Schumacher